NOVARA – Oropa alle spalle, la vittoria di Pogacar conferma che il Giro ha trovato il padrone che tutti ci aspettavamo e ora starà agli attaccanti e ai cronoman cercare di metterlo in difficoltà. Nell’attesa delle tappe che più si prestano allo scopo, oggi sul traguardo di Fossano andrà in scena il primo confronto/scontro tra i velocisti. E quest’anno in corsa, tolto Philipsen, ci sono proprio tutti.
Jonathan Milan e Simone Consonni sono arrivati al Santuario di Biella rispettivamente con 24’34” e 25’09” di ritardo da Pogacar, al pari di tutti gli altri velocisti. In certi casi si salva la gamba, pensando alla sfida che li attende. Il solo problema per i due della Lidl-Trek è non aver avuto tante occasioni per fare volate insieme. Per cui la prima sarà un grande test, in attese delle successive. Consonni è tranquillo, ha fatto quel che doveva e adesso non resta che scoprire le carte degli avversari. Da Novara a Fossano ci sono 166 chilometri, con un paio di strappetti e il finale che tende a salire.
Quante volte hai fatto un treno con Jonathan?
Diciamo cinque, più o meno. Però l’ho portato a ruota parecchio anche in pista. In realtà quando sei nel velodromo non puoi provare i meccanismi della volata, perché le variabili sono troppe. La strada, le rotonde, le mosse degli avversari. I meccanismi veri e propri si trovano con il feeling e col tempo. Però sicuramente il fatto che negli ultimi quartetti mi è sempre stato a ruota, può dargli una fiducia in più. Visivamente potrebbe sentire, passatemi il termine, di sentirsi a casa, in un posto più “familiare”. Se poi parliamo del livello di gestione degli arrivi, è tutto un fatto di feeling. Si fa una tattica prima di ogni sprint, però poi penso che solo il 5 per cento delle volte va come si pianifica.
Impossibile dimenticare il tuo urlo di fine Tirreno, quando Johnny stava per partire troppo presto. Si parla mai delle volate fatte?
Lo ricordo anche io. Sicuramente si guardano gli sbagli e anche le cose che si è fatto bene. E’ tanto importante la comunicazione durante la corsa, poche cose. Dirsi okay se il velocista c’è, ad esempio. Ogni treno trova il suo meccanismo, le sue parole chiave, però è molto questione di fiducia l’uno dell’altro.
Il velocista farà la volata su altri velocisti, l’ultimo uomo quali riferimenti sceglie?
Personalmente, mi fido più di me stesso senza guardare troppo gli altri. Cerco di prendere alcuni riferimenti a livello visivo, mandando a memoria la curva ai 500 metri e il rettilineo ai 3 chilometri, come sarà oggi.
Già ieri nel giorno di Oropa, sapendo di doverlo passare indenni, si pensava a Fossano?
Sì, sicuramente ci pensiamo da un po’. Siamo anche andati a fare una ricognizione. Non è semplice, perché è la prima volata di un grande Giro, perché ci sono tanti lead-out e tanti velocisti e il finale sarà impegnativo.
Quanta tensione c’è alla vigilia della prima volata?
Si cerca di vivere il Giro giorno per giorno, l’adrenalina è una cosa che verrà poi di conseguenza. Resta il fatto che il solo finale che abbiamo visto è quello di Fossano. Alla fine ormai, con tutta questa tecnologia, puoi sederti davanti a un computer e pensare di essere sul posto. Puoi farti un’idea e alla fine scopri che le cose sono andate come avevi pensato. Sul momento non mi ricordo mai nulla di quanto succede ai 3-4 chilometri dall’arrivo. Poi, rivedendo la volata, mi torna tutto in mente.
Perché lo sprint di Fossano è complicato?
Perché vincere è sempre complicato. Dai meno 4,5 ai meno 3, la strada tira. Prima c’è una discesina che sicuramente metterà il gruppo in fila. E siccome siamo al Giro, tutti vorranno stare davanti, quelli di classifica e i velocisti, per cui la discesa sarà dura come la salita.
A Oropa era indispensabile salvarsi?
Prima della salita finale, abbiamo lavorato per dare una mano a “Juanpe” Lopez, poi abbiamo cercato di limitare i danni. Basta aspettare poche ore per capire se sarà bastato.