Anche dal Litorale adriatico, Fabio Felline riesce a intravedere Sanremo. Le sagome della Cipressa e del Poggio, ben note al trentenne torinese dell’Astana-Premier Tech assumono sembianze sempre più nitide, così come la possibilità di giocare un ruolo da protagonista nella Classicissima di questo sabato.
Fabio però non vuole però far troppi voli pindarici, nonostante domenica scorsa tutti l’abbiano visto sfrecciare fino al quarto posto nella tappa da tregenda con arrivo a Castelfidardo che ha tenuto incollati gli appassionati davanti al teleschermo: meglio non crearsi troppe aspettative. Anche perché di attese, ben più dolci, ce ne sono altre, come quella della fidanzata Nicoletta, che a giugno lo renderà papà.
Ti aspettavi di chiudere così la Tirreno-Adriatico?
Tra le tre che ho corso è stata sicuramente la migliore, soprattutto guardando la generale. Ovviamente, non ero andato lì a fare classifica, perché c’era Fuglsang, però poi una giornata come quella di domenica ha stravolto tutto.
Soddisfatto di trovarti in quattordicesima posizione?
Direi di sì perché, ad esempio, nella tappa di Prati di Tivo non mi sono impegnato a tenere duro quando mi sono staccato a 10 chilometri dall’arrivo. Poi, guardando la graduatoria finale e facendo due calcoli anche con le altre frazioni in cui ho lavorato, mi sono detto: Cavolo, potevo essere nei dieci. Non cambiava tanto, ma per un corridore come me poteva essere un gran risultato. Comunque, quello che è importante adesso è continuare quello che avevo iniziato la scorsa stagione dopo il lockdown tra il Memorial Pantani e il Giro d’Italia.
Le premesse ci sono tutte…
Da questi ultimi giorni direi di sì. Non voglio lamentarmi, ma la stagione aveva avuto un po’ di intoppi fino alla Tirreno. Sono andato a correre in Belgio e ho avuto un problema il primo giorno, poi quello successivo mi cadono davanti nell’incidente che ha coinvolto Moscon, al Laigueglia ho avuto un inconveniente meccanico, mentre alle Strade Bianche ho bucato due volte. Diciamo, che mi giravano parecchio le scatole, perché sapevo di star bene, ma per un motivo o per un altro non riuscivo a esprimermi. Per assurdo, invece, domenica è uscito fuori qualcosa di inaspettato.
Ci racconti le tue emozioni in una frazione che in tanti hanno definito epica?
Per quanto mi riguarda, ho reso al 110% di quello che potevo, per cui ero contentissimo. L’unico rammarico che ho di quel giorno è che in salita io e Van Aert andavamo uguale, ma in discesa gli ho lasciato quei 50 metri e tanti saluti: peccato, sarebbe stato bello per coronare la giornata, arrivare insieme e sprintare con lui.
Ciò su cui tutti sono stati d’accordo è l’altissimo tasso di spettacolo: qual è stata la ricetta?
La presenza di tanti campioni tutti insieme ha aiutato tantissimo. Magari da fuori si nota meno, ma quest’anno si va molto più forte rispetto al 2019, perché dopo quello che è successo nel 2020, tutti vivono un po’ con la paura che la stagione possa interrompersi o subire scossoni, per cui in qualunque corsa chiunque dà l’anima. In questa Tirreno, ho battuto dei miei record di sempre, nonostante una volta non fossi un brocco: vuol dire che il livello è altissimo. Ogni giorno siamo arrivati venti minuti o mezz’ora prima rispetto alla media oraria più alta di quello che prevedeva l’organizzazione.
A proposito di record, guardi Strava come tanti altri tuoi colleghi?
Non lo uso più perché più volte prendevo dei kom e mi dicevano che li facevo dietro moto. Negli ultimi anni mi sono un po’ chiuso all’aspetto social, perché ho visto che è sempre un’arma a doppio taglio, con pregi e difetti. Magari sono un po’ orso, ma sto meglio così.
Dopo una giornata da protagonista così, cambiano gli orizzonti in vista della Milano-Sanremo?
Sabato non c’è Jakob, per cui credo che saremo io e Aranburu le due carte dell’Astana. Siamo molto simili, anche lui ha uno spunto veloce e penso che la squadra ci lascerà abbastanza liberi di giocarci le nostre carte in corsa, anche in base a come saranno le nostre sensazioni. Ho smesso di pensar troppo, vivo alla giornata e viene quello che viene.
Anche questa volta la corsa si deciderà sul Poggio?
Secondo me sì, anche perché negli ultimi anni, i corridori più forti hanno dimostrato di poter far la differenza in quel tratto del Poggio. Faccio fatica a pensare che uno di quei “mostri” possa attaccare a prima, a parte forse Van der Poel, visto lo spirito pazzo che ha. Però bisogna fare i conti col livello altissimo di adesso: se tu attacchi sulla Cipressa, ma ci sono tre squadre a ranghi pieni, vengono a chiudere senza problemi.
E guardando più in là, oltre Sanremo, cosa vedi?
Ad oggi, ho in programma il Giro d’Italia. Ci tengo, ma vado un po’ in controtendenza: più parti vicino a casa e più ci sono pressioni o aspettative. Per assurdo, meglio essere più lontani, perché non è che le mie gambe cambino perché si comincia da Torino.
Come sei tornato là davanti?
Negli ultimi anni, ho ritrovato equilibrio a casa. Sono tornato a vivere a Torino dall’anno scorso e sto bene con la mia fidanzata e il nostro cane. Poi a giugno, cambierà ancora la vita perché diventerò papà, per cui non mi faccio mancare nulla.