Il fascino della maglia a pois. Ciccone sulle orme del Diablo

26.07.2023
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Ha ragione Giulio Ciccone a dire che la conquista della maglia a pois al Tour appena concluso è stato finora il momento più alto della sua carriera. Spesso nel ciclismo si è abituati a vedere solo chi vince, non si va a cercare fra le pieghe della corsa se non si è davvero appassionati, ma in questo caso è un po’ diverso perché quella maglia è un simbolo, profondamente amato dal pubblico francese. Tanto è vero che la dizione “maglia a pois” è ormai entrata nel gergo comune, a prescindere dalla lingua.

Il podio dei vincitori agli Champs Elysees, per Ciccone una enorme soddisfazione
Il podio dei vincitori agli Champs Elysees, per Ciccone una enorme soddisfazione

L’abruzzese, encomiabile nella sua caccia durata tutte e tre le settimane e maturata quasi in extremis, ha colto la vittoria numero 13 per un ciclista italiano in questa speciale classifica, entrando in un club esclusivo che contiene campionissimi come Bartali, Coppi, Nencini e Claudio Chiappucci, l’ultimo vincitore prima di lui. Il lombardo era riuscito nell’impresa due volte consecutive, nel 1991 e 1992, anno nel quale fece l’accoppiata con la classifica degli scalatori anche al Giro d’Italia. E il popolare Diablo ha potuto verificare sulla sua pelle come sia ben diversa la portata emozionale che quella maglia a palle rosse comporti rispetto al simbolo corrispettivo del Giro.

«In Francia vanno pazzi per questa maglia – ricorda Chiappucci – ma non è che la vedi solamente ai bordi delle strade del Tour, con tanti tifosi che la indossano per l’occasione. E’ qualcosa che poi noti tutto l’anno, nelle randonnée, nelle Granfondo, anche semplicemente in giro. Si vede che c’è una passione, un attaccamento particolare a questo che giustamente è considerato un simbolo».

Per Chiappucci due vittorie, nel 1991 e ’92 quando fu il miglior scalatore anche al Giro (foto Gazzetta)
Per Chiappucci due vittorie, nel 1991 e ’92 quando fu il miglior scalatore anche al Giro (foto Gazzetta)
Che valore ha in concreto?

Dipende sempre da chi la vince, ma basta andare a guardare l’albo d’oro per accorgersi che ci sono tutti grandi nomi, chi la conquista non lo fa mai per caso. Spesso la ottiene chi lotta per la classifica generale, anche se non è stato il caso di quest’anno, almeno nell’esito finale.

Perché c’è questa grande passione, quest’attenzione così particolare?

Perché i francesi amano l’attacco, amano il coraggio e per emergere in salita devi averne in gran quantità. Non è un caso se in entrambe le occasioni in cui ho conquistato la maglia ho vinto anche il premio della combattività. La gente si entusiasma, ricordo che quando passavo c’era un tifo indiavolato per me anche se non ero francese, proprio perché quella maglia significa qualcosa.

Passa l’abruzzese in maglia a pois: guardate quanti tifosi sono vestiti come lui…
Passa l’abruzzese in maglia a pois: guardate quanti tifosi sono vestiti come lui…
Spesso come sottolineavi la maglia va a chi è in lotta per la generale, non è un caso se prima di Ciccone nei tre anni precedenti ha premiato il vincitore del Tour. Ciccone però era fuori dalla lotta per la classifica, era favorito?

Non in assoluto, è vero però che se non sei in classifica hai più libertà, altrimenti in fuga non ti ci fanno andare e non conquisti punti. Quest’anno Vingegaard e Pogacar si sono disinteressati della classifica perché la corsa si era messa in un certo modo, ma non è diverso dal solito, nelle grandi corse a tappe c’è chi corre per la classifica, chi punta alle tappe e chi corre per altri traguardi, come ha fatto Giulio.

Che cosa serve per conquistare la maglia?

Parlo per esperienza personale, ricordo che dovevi essere sempre concentrato, ogni tappa di montagna dovevi esserci con la testa prima ancora che con le gambe. Serve una grande motivazione personale e la spinta della gente è molto importante per sostenerti. Io lottavo sempre per stare davanti, allora le tappe erano un po’ diverse da quelle di oggi perché la prima parte era abbastanza tranquilla, ora ti mettono le salite appena parti… Devi essere sempre sul pezzo, Ciccone è stato molto bravo in questo. Poi c’è un altro fattore che finora non abbiamo considerato…

Richard Virenque è il primatista di successi: 7 maglie a pois, tra il 1994 e il 2004 (foto Flickr)
Richard Virenque è il primatista di successi: 7 maglie a pois, tra il 1994 e il 2004 (foto Flickr)
Quale?

La maglia è una motivazione per salire sul podio. Essere lì, agli Champs Elysées, essere chiamato è una grande soddisfazione. E’ un palcoscenico mondiale eccezionale, unico nel mondo ciclistico e salirci per vestire quel simbolo ha un grande significato.

Molti hanno sottolineato come la vittoria di Ciccone abbia ridato un senso alla risicata spedizione italiana al Tour…

Sicuramente il successo dell’abruzzese ha permesso di lasciare un segno, ma certamente non è che possa cancellare dati estremamente negativi, come la mancanza di successi di tappa che si protrae negli anni o il primato stabilito in fatto di numeri di partecipazione, con soli 7 corridori. Senza dimenticare che non abbiamo un uomo per le corse a tappe. E’ un bel rebus, non facile da risolvere. Servono tempo, possibilità e un po’ di fortuna. I giovani ci sono ma molti li perdiamo per strada. Non è che si può cambiare tutto il sistema, ma bisogna ragionarci sopra.