Bagioli stavolta ci ha provato. Mancavano poche centinaia di metri al traguardo di Suances, quando il valtellinese della Deceuninck-Quick Step ha visto partire Guillaume Martin e si è fiondato nella sua scia. La tappa poteva concludersi con una volata, per questo la squadra belga si era messa in testa a tirare per riprendere la fuga, con il tacito accordo che se Bennett non se la fosse sentita di fare la volata in salita, il peso della corsa sarebbe passato sulle spalle di Bagioli.
Due capitani
«La tappa – racconta Andrea – era più dura di quanto si vedesse su carta. Siamo partiti per fare la volata con Sam, che voleva riscattarsi dopo la squalifica di ieri, ma se si fosse staccato sarebbe toccata a me. E lui ha detto che non si sentiva tanto bene già a 120 chilometri dall’arrivo…».
Dov’è Valverde?
Sarebbe l’arrivo di Valverde, ma se quest’anno senza i soliti schemi tanto è pesato a Nibali, immaginate voi che cosa può essere stato per il murciano che ad aprile ha compiuto 40 anni. Alejandro è lì davanti, ma quando Guillaume Martin allunga e dietro di lui esplode la tappa, ha già la riserva accesa e deve sedersi sotto il peso degli anni che si traducono in tre miseri secondi, ben più pesanti per il suo orgoglio. Nei commenti però Alejandro guarda avanti.
«Affrontiamo i prossimi due giorni nelle Asturie – dichiara – con entusiasmo e curiosità. Saranno due tappe molto dure, in cui il fattore strategico può essere importante. Attaccheremo, comunque vada ci avremo provato. Le due giornate, sia la Farrapona sia l’Angliru, possono essere decisive. La vittoria di Roglic? Per me sta dimostrando di essere il più forte della Vuelta».
Bagioli attacca
Ci vuole un po’ per raggiungerlo, il dopo corsa ha rituali e trasferimenti, ma alla fine Bagioli è dei nostri e il suo racconto riprende, mentre pensiamo che l’Italia forse ha trovato un altro nome da mandare a memoria.
Andrea parte e si accorge subito che sulla sua destra una freccia verde accelera brutalmente. Roglic ha letto lo stesso movimento di Martin e ha capito che quello è il punto. Il cambio di ritmo non è contrastabile, ma Bagioli non molla. Si siede e dà veramente tutto fino al traguardo, anche se Grosschartner lo affianca e lo passa di un soffio.
«E’ stato un onore avere compagni come Morkov e Stybar che lavoravano per me – racconta Andrea – quindi ho provato a dare un senso alla giornata. Roglic in questo momento è il più forte al mondo. Ho rivisto il video e guardandolo in faccia sembra che non abbia fatto fatica. Ma io sono soddisfatto delle mie sensazioni, meglio che nei giorni scorsi quando ho fatto gruppetto nella tappa di montagna».
«Anche io proverò ad andare in fuga nei prossimi giorni – prosegue il valtellinese – non terrò duro sulle prossime salite, perché non ha senso sfinirsi per portare a casa un ventesimo posto in classifica. Credo che la tappa di domani sia la più dura ma domenica c’è l’Angliru, che ho sempre visto solo in tivù. Ricordo l’ultima volta di Contador. E’ come il Mortirolo? Non lo faccio spesso quando sono a casa e quasi sempre dal versante di Monno che è meno duro. Non so cosa aspettarmi».
Roglic va dritto
Chi sa cosa vuole e cosa aspettarsi è il vincitore di tappa, che corre con il numero uno perché la Vuelta l’ha vinta l’anno scorso dopo la beffa del Giro. Quest’anno forse vorrà lavare labeffa ben peggiore del Tour?
«Vincere è sempre bello – dice Primoz, di nuovo in maglia rossa – ed è bello riprendere il primato. Ma cambia poco nell’approccio dei prossimi due giorni. So di avere una squadra forte in montagna, altro non posso prevedere. Se siete curiosi, basterà aspettare domani sera…».