E’ notizia di pochi giorni fa che l’Associazione Internazionale Gruppi Ciclisti Professionisti ha cambiato completamente i suoi vertici. Dopo tre anni di guida, il team manager della Visma-Lease a Bike Richard Plugge non si è ricandidato per la presidenza e questa è passata per un nuovo triennio (forse, e vedremo perché) a Brent Copeland, titolare del Team Jayco AlUla. Con lui è cambiato tutto il comitato direttivo, ora composto da esponenti di Team Dsm-Firmenich, Arkea-B&B Hotels, Cofidis, Movistar, Uae Team Emirates e Israel Premier Tech.
Al di là dei nomi, è chiaro come un direttivo simile sia “figlio” delle forti polemiche legate al progetto One Cycling, la superlega ciclistica che lo stesso Plugge insieme ad altri team di primo piano del mondo WorldTour vorrebbe fortemente realizzare. Ora l’Associazione ha ai vertici team che non vogliono far parte di quel progetto, che non condividono i principi alla sua base.
«Abbiamo tanti punti da affrontare in questo triennio – spiega il manager sudafricano – per noi l’obiettivo primario è creare un clima di unità nel mondo dei team professionistici. Oggi non c’è solo una divisione fra le varie classi, ma anche allo stesso interno del WorldTour, noi dobbiamo trovare dei punti d’incontro. Un’associazione unita negli intenti è l’unica che possa presentarsi al tavolo con gli enti che si riferiscono a noi, ossia l’Uci in primo luogo ma anche l’Aso o la Rcs, organizzatori delle grandi corse. Il progetto One Cycling non ha aiutato in tal senso, creando spaccature che non fanno bene al nostro movimento».
Che cosa del progetto One Cycling salveresti e che cosa invece non ti piace?
E’ una domanda alla quale non posso dare una risposta esauriente per la semplice ragione che io come molti altri ho partecipato solo alla prima riunione. Ho visto subito che le idee alla base non erano chiare e che i presupposti erano sbagliati, quindi mi sono tirato fuori e altri hanno fatto lo stesso. Dietro l’idea della Superlega ci sono 5-6 team che, per quanto grandi, non sono rappresentativi del movimento.
Non è un caso però se prima nel comitato direttivo c’erano proprio rappresentanti di alcuni di quei team, ora è tutto cambiato…
E’ vero, ma questo non è successo per fattori strettamente legati a One Cycling. Noi abbiamo un programma che non parte dal contrastare la Superlega, bensì dal riunire le varie forze ciclistiche sulla base di un progetto. Senza di esso è inutile sedersi a un tavolo per parlare con i nostri referenti di regole, di calendari, di diritti televisivi. Noi poi dobbiamo avere ben chiaro un punto: l’AIGCP non deve entrare nella parte commerciale del ciclismo, non è un tema che ci compete.
E’ pur vero che se vi presentate al tavolo per parlare di calendario, ciò ha un influsso economico. La Superlega calcistica voleva sostituirsi alle federazioni per gestire l’attività, voi invece siete sempre dell’opinione che sia l’Uci a dover curare il calendario?
Sì, ma con il nostro contributo. Noi dobbiamo farlo avendo chiara l’idea che dobbiamo procedere insieme al massimo organo per progettare il ciclismo del futuro. Il calendario va rivisto, questo è certo, ma dev’essere un processo condiviso perché non è assolutamente facile cambiare.
Da più parti si levano voci per trovare eventi che “impongano” la presenza di tutti i più forti, un po’ come avviene nei tornei del Grande Slam di tennis. Sei d’accordo?
Noi gli eventi simili li abbiamo già, sono le Classiche Monumento e i grandi Giri, ma bisogna tener conto che le gare sono molto diverse fra loro ed è difficile che uno abbia caratteristiche che si adattino a ogni prova. Il paragone con il tennis però ha ragion d’essere: anche lì vediamo i grandi nei tornei principali e poi tantissimi altri tornei dove i big si sparpagliano e che sono seguiti molto meno dallo spettatore medio, non specializzato. Da noi è lo stesso: tantissime corse, che confondono le idee. Dobbiamo dare una nuova importanza alle corse del WorldTour: sono troppe, inflazionate, in contemporanea. Ogni Paese vuole avere la sua prova e questo penalizza il mercato.
Ricordi com’era la Coppa del mondo, con una maglia specifica?
Certamente, ricordo le vittorie di Fondriest e Bettini. Quella potrebbe essere una soluzione, ma di idee sul tavolo ne abbiamo molte. Consideriamo anche che il ciclismo si basa molto sulla tradizione, i cambiamenti vanno ponderati con attenzione. Il calendario in questo momento è un problema primario: noi come Jayco-AlUla in certi momenti abbiamo in attività tre squadre maschili e due femminili in contemporanea, questo dice che c’è qualcosa che non va perché il pubblico non riesce a seguire tutto.
Come fai a seguire l’Associazione con tutti gli impegni che hai nel team?
Questo è un altro aspetto fondamentale. Nelle riunioni prima delle elezioni io ho spesso detto, anche in maniera veemente che l’associazione doveva cambiare, che non ha senso che un team manager la presieda perché è evidente il conflitto d’interessi. Ma non c’era tempo per trovare un esterno. Noi però dobbiamo farlo, trovare un CEO o amministratore delegato fuori da ogni legame con qualsiasi team. Intanto dobbiamo trovare un consulente esterno per rivedere tutta la nostra attività, anche lo statuto stesso dell’associazione, porre nuove regole. Qualcuno che ci segua almeno per 3 mesi nella nostra gestione per capire, con occhi esterni, che cosa funziona e che cosa va cambiato. Io ho intenzione di ridisegnare questo strumento per renderlo al passo con i tempi che ci attendono e sono molto delicati.