«Quale bilancio? Direi formidabile. Avevamo tre tappe per velocisti, una crono, tre di montagna e non è mai successo che arrivassero alla vigilia dell’ultima tappa con due corridori staccati tra loro da meno di un secondo!». Czeslaw Lang è euforico della “sua creatura”, il Tour de Pologne. E ne ha ben ragione. In effetti è stato uno spettacolo assistere a questa corsa e lo è stato per più motivi, primo dei quali quello tecnico.
Con Lang
Con appunto il patron Lang e il suo braccio destro, nonché direttore di corsa John Lelangue, che quest’anno si è unito al gruppo del grande ex pro’ polacco, ripercorriamo i punti salienti di una corsa che cresce sempre più e che ormai è un caposaldo del WorldTour nonostante venga immediatamente dopo il Tour e quest’anno, immediatamente prima dei mondiali.
Signor Lang, si cresce…
Guardando al totale dico che è una bellissima gara, con grandi corridori e tantissima gente lungo le strade.
E questo è un elemento che abbiamo notato e che le avremmo chiesto: la gente.
In Polonia amano il ciclismo. Due anni fa su sette tappe abbiamo contato 4,5 milioni di spettatori e credo che quest’anno siamo stati su quei livelli (nonostante si siano riaperte le frontiere e la gente vada in vacanza dopo il Covid e la vicina guerra ucraina, ndr). E poi tanti fanno il tifo, partecipano, tutte quelle bandiere polacche… c’era felicità. Portiamo energia positiva.
La Polonia è molto grande, ma le tappe sono solo sette. Avete delle richieste dalle vostre città?
Ogni anno cambiamo zona e diamo un po’ la possibilità a tutti, perché una gara ciclistica non è solo sport, ma è anche promozione del territorio. E in questo abbiamo ripreso molto dagli italiani, dai francesi. Dalle località c’è richiesta. Anche perché abbiamo cambiato modo di fare vedere la gara, nelle immagini, nelle ore di diretta televisiva… e ora tutti si vogliono far vedere.
Avete investito molto sulla sicurezza. Abbiamo visto le transenne Boplan nei 500 metri prima dell’arrivo e i 50 metri successivi.
Questo aspetto lo abbiamo sempre curato. Sempre. Ma siamo anche stati sfortunati. Abbiamo Boplan, abbiamo tanto personale. Lungo la crono, per esempio, su 16,6 chilometri c’erano dislocate oltre 400 persone.
Ultima domanda Signor Lang, una domanda di colore: Kwiato ha vinto il mondiale, recentemente anche la tappa al Tour, eppure quando arriva Majka il tifo aumenta. Come mai?
Eh – ride Lang – perché Rafal è più aperto. Lui ride, scherza, si concede di più alla gente. Michal invece è più concentrato sulla gara, ma posso garantirvi che anche a lui vogliono tanto bene.
Con Lelangue
Da Lang a Lelangue… e non è uno scioglilingua. John è stato team manager della Lotto fino allo scorso anno. Poi ha ripreso il suo ruolo di organizzatore. Agisce con passione e sembra far parte del Tour de Pologne da anni.
John sei stato un team manager e ora fai parte della macchina organizzativa: cosa significa “incastrare” questa gara tra due eventi così importanti?
Penso che il calendario è complicato. Ma meglio così, che anticipare al lunedì dopo il Tour. Io credo siano delle buone date. E’ di certo un anno particolare, tanto più con il mondiale multidisciplinare. E’ complicato per l’UCI e anche per i team WorldTour. Ma nonostante tutto abbiamo avuto un ottimo livello e un’ottima starting list.
La Polonia è grande e come ci ha detto anche Lang c’è tanta richiesta da parte delle città per ospitare il Tour de Pologne: si può pensare di aumentare il numero delle tappe in futuro?
No, o comunque è molto, molto difficile. Con il calendario del WorldTour una settimana per una corsa a tappe, grandi Giro esclusi, va bene. Altrimenti tutto si comprimerebbe troppo. Sarebbe troppo complesso. Un giro di 10-12 giorni non avrebbe senso nel calendario attuale. Credo che mantenere questo numero di frazioni sia giusto. In questo modo hai una bella lista di partenti, i corridori possono preparare bene i loro impegni successivi e anche gli staff non sono enormi. In questo modo qualcuno può sfruttare l’onda lunga del Tour. Con più tappe non sarebbe possibile. Idem guardando alla Vuelta. Vero, la Polonia è grande ma una volta andiamo più a Nord un’altra più a Sud, una volta ad Est…
Tornando all’edizione di quest’anno, forse è mancata una grande salita o una delle salite più dure più vicine all’arrivo. Cosa ne pensi?
C’era un tappone con 3.100 metri di dislivello ma se il gruppo non ha attaccato noi cosa possiamo fare? Non fa differenza. Noi facciamo il percorso. Quella tappa era pensata per far esplodere la classifica. Ci sono stati scalatori che non hanno fatto niente, se non impostare un grande ritmo. Ma alla fine sono arrivati 80-100 corridori. Oggi spesso la selezione si fa nella salita finale e alla fine in questo Tour de Pologne ha fatto più selezione l’arrivo sullo strappo dei Carpazi che non il tappone.
Bene invece i circuiti finali. Portano gente. E’ una strategia che manterrete?
Portano gente anche le location di partenza ben ponderate. Se il circuito finale si può fare, lo facciamo altrimenti no. Non deve essere pericoloso, deve essere scenico, ci deve essere una valenza tecnica e sportiva. Ad Opole per esempio non aveva senso, a Cracovia sì.