Se il ciclismo è il suo mondo, la pista e la Seigiorni delle Rose di Fiorenzuola sono la sua comfort zone. Claudio Santi è il deus ex machina della manifestazione, giunta quest’anno alla 24ª edizione e che a fine luglio 2020 fu la prima gara internazionale ciclistica a disputarsi dopo il lockdown.
Quest’ultimo dato è un motivo di orgoglio per il dirigente piacentino (in apertura, nella foto Cantalupi) che ogni anno riesce a trovarne uno nuovo per la sua creatura e per la squadra di collaboratori.
Quest’anno sul podio della Seigiorni sono saliti in ordine il campione del mondo (il francese Benjamin Thomas) e olimpico in carica (Elia Viviani) dell’ominum. Mica male per un organizzatore che fra pochi giorni rivedrà in tv all’Olimpiade di Tokyo questi ed altri atleti che hanno preparato l’evento sull’anello fiorenzuolano.
La pista sarà protagonista al velodromo di Izu nell’ultima settimana olimpica (dal 2 all’8 agosto), la nazionale italiana ha diverse possibilità di raccogliere medaglie sia tra le donne che tra gli uomini e con Santi proviamo a sentire le sue impressioni in merito.
Claudio iniziamo dalla “tua” Seigiorni: quanto è cambiata in tutti questi anni?
E’ cambiata tanto perché è cambiato il mondo civile e quindi anche quello sportivo. Noi nel 2012 siamo stati i primi a modificare il format per non rischiare di vedere morire l’evento. Prima le seigiorni erano kermesse, talvolta capitava fossero un po’ concordate quasi a tavolino, ora invece sono delle vere e proprie gare. Abbiamo una gara paritaria, unica al mondo perché i premi sono uguali sia per donne che uomini. E vorrei aggiungere un aspetto sulla nostra manifestazione.
Cosa?
Dalla nostra Seigiorni sono usciti tanti corridori, negli ultimi 8 anni sono andati alle Olimpiadi circa 90 atleti sui 200 che sono passati da noi. Ma anche tanti dirigenti come ad esempio Enrico Della Casa, fresco presidente della UEC (Unione Ciclistica Europea, ndr) che da noi anni fa era segretario. O Stefano Bertolotti, speaker ufficiale del Giro d’Italia e addetto stampa della UEC, al quale avevo affidato il compito di commentare, con non poche critiche, la prima edizione. E da allora non ne ha saltata una. E potrei fare tanti altri nomi. Abbiamo sempre fatto squadra per aiutarci a migliorare inserendo tante figure giovani, che non ho mai avuto paura di inserire. Ed oggi mi godo da dietro le quinte il bel lavoro che fanno i miei collaboratori.
Tornando all’aspetto agonistico, meglio la Seigiorni di adesso?
Assolutamente. Oggi la Seigiorni è una serie di discipline che danno punti per il ranking UCI. Oggi si corre in 200 corridori, equamente divisi tra donne e uomini, mentre una volta erano una sessantina in tutto. A Fiorenzuola negli ultimi anni abbiamo sempre avuto un grande spettacolo di ciclismo e chi ha partecipato ha dovuto sudare tanto per vincere o fare risultato.
Per quanto riguarda lo stato della pista italiana come lo valuti?
Mai come oggi è fantastico a mio modo di vedere. Abbiamo due treni eccezionali tra uomini e donne, con alcune individualità di alto livello. Lo staff azzurro ha fatto un gran lavoro sulle discipline di endurance come madison, omnium e inseguimento a squadre. Poi, senza dimenticare nessuno, c’è Marco Villa, grande cittì ed anche lui passato da Fiorenzuola come atleta e poi come direttore della Seigiorni per qualche edizione.
Sulla velocità invece manca qualcosa?
Non voglio esprimermi perché credo che dovrebbe esserci un progetto della federazione. Spettano a loro oneri ed onori per rilanciare la specialità.
A Tokyo quante medaglie si possono conquistare?
Non mi piace fare pronostici, ma posso dire con certezza che gli azzurri saranno protagonisti. Poi le gare si vincono e si perdono però ci metteranno il massimo impegno e lotteranno ovunque.
E invece Claudio Santi, a parte essere l’anima della Seigiorni delle Rose, ha definitivamente chiuso col resto del ciclismo o potrebbe esserci un ripensamento?
No, non cambierò idea. Non ricoprirò più alcun incarico da nessuna parte. Si dice che con l’entusiasmo si spostano le montagne e io quell’entusiasmo per quei ruoli non ce l’ho più. Ho fatto le mie esperienze in federazione come Capo Delegazione e Direttore Generale della Nazionale in quattro mondiali ed una’Olimpiade, vinta con Bettini, però fanno parte del passato e non voglio pensarci più. Ora mi divido tra Castell’Arquato e la Repubblica Ceca, vivo a Praga dove ho più di duecento clienti che prendono il caffè che produce la ditta per la quale lavoro che è anche un marchio della Seigiorni (Caffè Ramenzoni, compare sulla maglia dei due polacchi nella foto in alto, ndr). E quando torno per organizzare la gara per me è una rimpatriata in mezzo a tanti amici, che vivo come un momento di serenità e divertimento.