Il Val d’Aosta ci riprova, 3-4 tappe e la questione alberghi

09.02.2021
4 min
Salva

Il Giro di Val d’Aosta, corsa a tappe per U23 organizzata per la prima volta nel 1962 e vinta nel 2019 da Mauri Van Sevenant (foto di apertura), ci prova ed è una splendida notizia. Dopo la cancellazione dell’edizione 2020 e qualche comprensibile sconforto, il comitato organizzatore sta valutando tutte le opzioni con l’obiettivo ben preciso di far svolgere la corsa. Restano sul tappeto tre punti di domanda, che analizziamo con Marzio Fachin, avvocato che fa la spola tra la Valle e Milano, che negli anni ha ricoperto tutti i ruoli e ora è il responsabile dei rapporti con le squadre.

Fabio Aru coglie la seconda vittoria al Giro della Val d’Aosta, poi passa tra i pro’: è il 2012
Luglio 2012: Fabio Aru coglie la seconda vittoria
Quali sono questi problemi?

Andiamo in ordine crescente di importanza, tenendo il più grande alla fine. Il primo è legato alla disponibilità economica della Regione. Qui si vive di neve e quest’anno i fondi destinati alla montagna non sono stati spesi per ovvi motivi, ma bisogna vedere se decideranno di darne a noi una parte. Abbiamo chiesto di più, il 30%, perché organizzare in epoca Covid è più costoso.

Pensi che questi fondi arriveranno?

Bisogna capire, perché nel frattempo è cambiato l’assetto politico e chi c’è adesso vorrebbe promuovere eventi collegati che, sempre a causa della pandemia, probabilmente non si potranno organizzare. Ma diciamo che al 90 per cento ce la facciamo.

Secondo problema.

I Comuni: abbiamo l’okay di massima, ma con un dubbio. Da noi il ciclismo è vissuto come una festa. Se questo non è possibile, rischiamo che scemi l’interesse. Di sicuro andremo nei paesi più grandi, ma resta comunque abbastanza triste proporre una manifestazione blindata. Per questo e per altri motivi faremo 3 tappe anziché 6, al massimo 4 e senza sconfinare in Piemonte e Francia.

Nel 2013, un giovanissimo Ciccone, in maglia Palazzago, al Val d’Aosta
Nel 2013, Ciccone in maglia Palazzago al Val d’Aosta
Bene, terzo problema?

Il più difficile, il protocollo Uci: ci preoccupa la ricettività alberghiera. La vera forza di questa corsa sono sempre stati gli alberghi a conduzione familiare, in cui si mangia bene e si viene coccolati dai titolari. Abbiamo sempre messo 5-6 squadre insieme, ma se devono dormire in due per hotel, non ci bastano le strutture. Diciamo che abbiamo 10 hotel convenzionati. Se dovessimo andare a cercarne altri in località turistiche come Cervinia o Courmayeur, i costi raddoppierebbero. Allora cosa facciamo, riduciamo il numero delle squadre?

Potreste trovare una maxi struttura che ospiti tanti corridori…

Come al Giro Bio? Ci abbiamo pensato, stanno finendo gli alloggi per gli universitari, ma per luglio non saranno mai pronti. Il bello della nostra accoglienza ci si rivolge contro. E se poi l’estate va come nel 2020, con il boom della montagna, non ci sarà proprio posto. La mia speranza è che il protocollo per luglio sarà un po’ addolcito o che vengano vaccinati gli atleti. E poi c’è un altro problema, che però magari è solo nella mia testa.

Davide Villella ha vinto il Val d’Aosta nel 2013, prima dei mondiali di Firenze
Davide Villella ha vinto il Val d’Aosta nel 2013
Sarebbe il quarto, avvocato: di cosa si tratta?

Dell’entusiasmo delle persone che lavorano con noi. Non abbiamo la struttura di Selleri e del Giro d’Italia U23, loro sono delle macchine da guerra. La lunga sosta ha spinto qualche volontario a crearsi delle attività alternative, vedo meno partecipazione. Siamo una decina a lavorarci per tutto l’anno e sono proprio alcuni di questi ad avere altre idee e altre cose da fare.

Questo potrebbe essere un bel guaio. Il percorso c’è già?

L’anno scorso avremmo avuto 4 tappe in Valle. Aspettiamo l’okay della Regione e poi riprendiamo proprio quelle. Sembra tutto ben avviato, restiamo connessi…