Tudor lancia il suo scouting program. Vediamo come funziona

11.12.2024
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Ci sono novità importanti in casa Tudor. La squadra elvetica che punta senza mezzi termini all’ingresso nel WorldTour ha completato il roster della formazione development e, al di là della conferma dei due italiani Samuele Alari e Juan David Sierra, inserisce nel team anche tre ciclisti scaturiti da una lunga selezione online. Anche la Tudor infatti ha la sua academy online, un po’ come accade per la Fenix Deceuninck consociata a Zwift, che ogni anno promuove un uomo e una donna nei suoi devo team.

La Tudor ha però deciso di procedere in autonomia, affidando la gestione del programma di sviluppo al francese Boris Zimine, uno dei direttori sportivi della squadra svizzera, particolarmente concentrato sulla cura del devo team come vero e proprio vivaio di talenti per la formazione maggiore.

Boris Zimine, in precedenza alla Intermarché, ha sviluppato il programma e cura il devo team elvetico (foto DirectVelo)
Boris Zimine, in precedenza alla Intermarché, ha sviluppato il programma e cura il devo team elvetico (foto DirectVelo)
Quando avete pensato di utilizzare il sistema dello scouting database program?

E’ un’idea che ho già da 3 anni. Da quando abbiamo avviato il devo team, non eravamo però ancora pronti per lanciarlo perché ciò richiede molto tempo di analisi. Quest’anno abbiamo completato tutto il lavoro e lanciato il programma.

Qual è il suo funzionamento e come siete arrivati alla scelta dei 3 ragazzi promossi in squadra?

Noi abbiamo lanciato l’idea a dicembre 2023 e oltre 800 giovani ciclisti hanno risposto. Abbiamo fatto una prima selezione, basandoci sui dati inviati, sui loro valori espressi in quanto a potenza. L’allenatore fa una prima scrematura, poi a maggio abbiamo quindi invitato i 10 selezionati a una settimana di lavoro con il nostro staff e sono intervenuto io facendo interviste individuali ai corridori per conoscere un po’ il loro carattere e vedere se hanno la mentalità, le caratteristiche ideali per i nostri scopi. Non guardiamo solo ai risultati, gli stessi numeri non dicono tutto. Poi bisogna fare una scelta, non sempre è facile ma fa parte del gioco.

Stiansen in maglia nazionale norvegese. Vanta due vittorie in patria
Stiansen in maglia nazionale norvegese. Vanta due vittorie in patria
Alla fine sono stati ingaggiati il norvegese Jesper Stiansen, l’estone Oliver Matik e lo svizzero Diego Casagrande. Che impressione ne avete tratto?

Sono tutti diversi, ma allo stesso tempo abbastanza simili perché mi hanno mostrato quella predisposizione, fisica ma soprattutto mentale e caratteriale, per essere costruiti come corridori di livello. Abbiamo trovato in Stiansen un corridore molto serio, diligente e coinvolto in tutto ciò che fa. Matik mi dà l’impressione di essere una persona più matura mentalmente per la sua età, mentre fisicamente mostra ampi margini di miglioramento. Casagrande invece lo considero davvero un pezzo forte, un corridore che ha iniziato appena 3 anni fa ma che mostra già valori fisiologici piuttosto interessanti. E poi ha un carattere super simpatico e molto concentrato sul collettivo.

Rispetto ai ciclisti che hanno seguito una normale carriera, pagano un prezzo d’inesperienza?

È un po’ complicato rispondere perché li avremo con noi dal prossimo anno. Dovremo verificare sul campo. Tutti comunque hanno avuto esperienze già nel 2024, anche in gare internazionali, Matik e Stiansen addirittura nelle prove titolate. Crediamo che sia nostro compito costruirli come corridori. Come deve essere per un team di sviluppo. L’obiettivo per noi non è essere i migliori, puntare sempre alla vittoria, si tratta di cercare talenti che non abbiano avuto necessariamente l’opportunità di mettersi in mostra e di farli esplodere in casa nostra. Sono scommesse, non possiamo sapere se saranno vincenti.

Matik, a destra, è stato 19° agli europei e 27° ai mondiali. Va bene anche a cronometro
Matik, a destra, è stato 19° agli europei e 27° ai mondiali. Va bene anche a cronometro
Che tipo di attività faranno?

Quella dei compagni, né più né meno. A fine novembre al primo ritiro abbiamo favorito la coesione del gruppo facendo anche altro oltre che andare in bici: sci, mountain bike, camminate. Poi starà a noi preparare per loro come per gli altri programmi adatti alle loro caratteristiche.

Molti criticano programmi come il vostro e quello Zwift paragonandoli a talent show: che cosa rispondete?

Non è così, il nostro è un processo molto attento. Non abbiamo selezionato coloro che avevano i maggiori watt, c’è stato un ragionamento complesso alla base della scelta. Abbiamo puntato su corridori che hanno un margine di miglioramento molto ampio. Guardiamo sicuramente i watt, ma guardiamo soprattutto quante ore di allenamento hanno fatto in passato. Tra un ragazzo che ha lo stesso numero di watt di un altro che ha fatto metà dell’allenamento, noi non prenderemo necessariamente quest’ultimo: contano anche la dedizione, l’impegno, i margini di miglioramento fisici ma anche mentali. E’ già successo che facciamo colloqui individuali con corridori che avevano valori fisiologici forti, ma che psicologicamente non si mostravano pronti, adatti a questo mondo.

Diego Casagrande, svizzero di 20 anni sul quale Zimine è pronto a scommettere (foto DirectVelo)
Diego Casagrande, svizzero di 20 anni sul quale Zimine è pronto a scommettere (foto DirectVelo)
Che cosa serve?

Spirito di adattamento e passione, grande passione e voglia di migliorarsi a 360°. Ci sono tanti che hanno vinto tanto a livello giovanile ma poi tra i professionisti svaniscono perché ovviamente sanno andare in bici ma non hanno il motore adatto. Un corridore è un qualcosa di estremamente complesso, che vive di equilibri delicati. Non è certo solo questione di watt…

Il Tudor Development Team ha corridori di 9 nazioni ma una maggioranza svizzera. Il vostro team sta diventando un riferimento per il ciclismo elvetico?

Sicuramente per noi è importante cercare di aiutare il ciclismo in Svizzera perché non è una nazione in cui ci sono molte strutture, quindi per noi è importante avere anche una base svizzera. Siamo davvero qui anche per dare a questi giovani l’opportunità di progredire bene. In Svizzera ad esempio vanno a scuola fino a più tardi che negli altri Paesi europei e questo è un fattore da considerare. In generale noi comunque cerchiamo di reclutare molti corridori da Paesi dove non ci sono molte strutture. Le uniche 2 eccezioni sono il corridore francese e i due italiani.

Samuele Alari, con Sierra è uno dei due italiani nel team, pronto a spiccare il volo (foto DirectVelo)
Samuele Alari, con Sierra è uno dei due italiani nel team, pronto a spiccare il volo (foto DirectVelo)
Che cosa vi aspettate dalla prossima stagione?

Parto con un gruppo molto nuovo, con 8 nuovi corridori quindi l’importante è che stia già andando bene dal punto di vista dell’amalgama. I primi due anni sono andati bene, in crescendo sia per i ragazzi ma anche per la nostra esperienza, ora però cambia tutto. Fondamentalmente si tratterà di insegnare loro a correre in squadra e poi a far crescere ciascuno al proprio ritmo. Perché oggi spesso si tende a lasciar passare i corridori molto professionisti troppo presto. Il fatto che stiano in squadre 3-4 anni non è negativo. Dobbiamo essere sicuri che quando arrivano ai professionisti, siano pronti. Davvero.