Quella di Matteo Zurlo è una stagione a due facce: la prima metà quasi nell’anonimato, senza squilli e anche con poche manifestazioni al suo attivo. La seconda più brillante, con anche qualche spunto degno di nota come al Giro del Friuli dove ha potuto anche “assaggiare” la leadership di classifica. Chi non conosce la storia del 24enne di Bassano del Grappa potrebbe rimanere interdetto da questo cambio di prospettiva, ma ci sono ragioni precise, drammatiche.
«A inizio gennaio sono stato investito da un’auto mentre mi allenavo – racconta il veneto – sono stato uno dei tanti vittime della disattenzione di chi guida. Mi sono fratturato due vertebre, neanche il tempo di rimettermi ed ecco che a marzo un altro automobilista mi viene addosso… Questa volta me la sono cavata “solo” con la rottura dello scafoide. Nelle prime gare non potevo non risentire di quanto avvenuto, per fortuna la ripresa fisica è stata completa e senza strascichi».
Nelle ultime settimane le cose sono andate in crescendo…
Sì, anche perché ho trovato percorsi più adatti a me. Mi reputo un passista-scalatore, sulle salite non troppo lunghe riesco a dare il meglio di me procedendo sul passo.
C’è stato un momento nel quale hai percepito il cambio di tendenza?
Al Giro delle Due Province di Marciana di Cascina a inizio luglio. Avevo vinto tanto nel 2021 ma quest’anno, per quello che è successo, il rendimento era inferiore. In Toscana sono tornato me stesso, andando via con altri 22 uomini dopo 30 chilometri e tentando l’azione di forza a 20 chilometri dal traguardo. Lì ho capito che tutto quel che avevo passato era definitivamente alle spalle.
La vittoria del Gran Premio di Conegliano ha fatto scalpore per com’è arrivata…
E’ stata una gara più combattuta di quanto si pensi. Sono partito a 85 chilometri dal traguardo pensando che qualcuno mi sarebbe venuto dietro, invece mi sono ritrovato solo e ho deciso di proseguire. Ho guadagnato rapidamente una quarantina di secondi e da lì ho continuato a spingere, a un certo punto avevo anche più di 3 minuti. Poi il gruppo si è riavvicinato, ma devo dire grazie ai compagni di squadra della Zalf che hanno fatto un grande gioco di squadra stoppando ogni attacco.
I tuoi risultati, considerando anche quanto fatto al Giro del Friuli (due volte terzo e alla fine ai piedi del podio nella classifica generale) sono anche un messaggio ai responsabili del team: Matteo Zurlo c’è ancora…
Non so che cosa succederà alla fine della stagione, io non ho un procuratore che curi i miei interessi, preferisco affidarmi a quello che so fare perché resto convinto che alla fine siano i risultati a smuovere gli interessi, sia quello che uno fa ad attirare le squadre e far capire che potresti essere utile.
Tu hai 24 anni, non hai paura che in questo ciclismo che consuma tutto così in fretta sia sempre più difficile trovare spazi?
Sicuramente lo è, ma se un corridore è sempre lì che lotta, che si fa vedere, che garantisce un impegno al 100 per cento io credo che sia giusto dargli una possibilità. Il ciclismo non è fatto solo degli Evenepoel o Pogacar, servono anche coloro che le corse le costruiscono. Per un giovane sicuramente farsi vedere è più facile al giorno d’oggi, ma io non smetto di lottare.
Che cosa ti aspetta ora?
Dopo le ultime gare di categoria punto alle prove venete allestite da Pozzato, vorrei far bene lì e mettermi in luce, far vedere che a quei livelli ci posso essere tranquillamente, poi vedremo il da farsi. Io comunque resto ottimista, in fin dei conti a 24 anni ho davanti a me ancora un bel po’ di stagioni.