Anche se la sua lunga storia è agli sgoccioli, il team Fratelli Giorgi continua a sfornare talenti e a contraddistinguersi nel panorama juniores. Non è un caso se nell’ultimo weekend sono arrivate vittorie a pioggia e fra i protagonisti c’è stato anche Giacomo Rosato. Che, a dir la verità, è in evidenza sin dall’inizio della stagione, considerando che aveva esordito con un successo a inizio marzo al Giro delle Conche.
Il veneto si candida quindi a essere uno dei tanti che dal team Giorgi ha schiuso le ali per volare verso il ciclismo che conta, anche perché al di là della sua normale timidezza, le ambizioni sono ben alte, sin dall’anno in corso.


«Sono nato a Montebelluna ma vivo ad Asolo, sono insomma un trevigiano doc. Sono alto più di 170 centimetri per un peso forma di 55 chili e ho incamerato questa passione da mio padre che ha corso fino alla categoria junior. Anche mio fratello Giulio ha corso, ma si è fermato fra gli esordienti. Ho iniziato da G1 senza più smettere, mettendo subito in mostra caratteristiche da scalatore, infatti sono proprio le salite il mio terreno principale, ma credo che la mia forza principale stia nel fatto che ho tanta voglia di migliorarmi e per questo mi dedico all’allenamento con grande ardore perché so che la strada per la gloria passa da lì».
Sei arrivato alla tua quarta vittoria ma qual è stata quella che pensi abbia sbloccato il tutto, ti abbia fatto fare il salto di qualità?
Sicuramente la prima. alle Conche perché era la prima gara della stagione. Arrivavo da un inverno molto intenso, ma quando pensi solo ad allenarti non sai realmente a che punto sei e aver iniziato subito con un successo è stato un segnale molto positivo. Ero arrivato alla corsa con molte incognite, con molte domande e i fatti hanno risposto.


E domenica?
Gara di quelle che piacciono a me, la Sandrigo-Monte Corno nel finale proponeva infatti un circuito breve di quasi 3 chilometri, da ripetere per ben 14 volte, con un’ascesa finale di ben 15 chilometri ma con pendenze sempre dolci. Con la squadra abbiamo sempre tenuto la corsa sotto controllo. Il team mi ha portato nelle prime posizioni e quando ho tentato la fuga il solo Cobalchini ha tenuto il mio ritmo. Avrei anche potuto staccarlo, ma la salita non era troppo dura e ho preferito aspettarlo per giocarmi la vittoria nel finale. Non ho aspettato lo sprint secco, ho lanciato la volata ai -500, sapevo di avere un buono spunto per quell’arrivo.
Ti ritieni più un corridore da gare di un giorno o da corse a tappe?
Sicuramente meglio in queste ultime, ma attualmente non posso ancora dire di poter puntare alle classifiche, devo progredire ancora tanto soprattutto nelle prove a cronometro che per le corse a tappe sono essenziali.


Quest’anno però sei entrato nella top 10 alla Corsa della Pace, che nella tua categoria è un riferimento molto importante a livello internazionale…
Avevo partecipato anche l’anno prima, solo che mi sono infortunato a un ginocchio e non ho potuto giocarmela. Quest’anno sono arrivato lì bello pronto, ho atteso perché le prime due tappe erano per gli sprinter e ho lavorato per i compagni aiutando Magagnotti nella sua vittoria. Poi c’è stata la cronometro dove ho preso 30 secondi e per questo dico che devo migliorare. Dopo, comunque sono rimasto sempre lì in classifica e nel tappone ho anche fatto una bella azione in salita, sono riuscito a andar via da solo, ma sono stato raggiunto da un gruppetto e ho chiuso 7°. Anche perché è stata una volata strana, alcuni sono caduti.
Visto che ormai è ufficiale che il vostro team chiude, qual è l’atmosfera che c’è adesso in squadra?
Sicuramente dispiace un po’ a tutti. Io sono al secondo anno qui e ho trovato in Carlo Giorgi una grandissima persona. Anche dopo l’annuncio ci coccola ancora, ci tiene, non ci manca fa mancare niente. In quest’ultimo fine settimana ci tenevamo particolarmente tutti a emergere, a vincere anche per onorare la memoria di Privitera che correva con noi. Non sono stati giorni facili, abbiamo voluto rispondere con le azioni più che con le parole.


Com’è stata assorbita la notizia della scorsa settimana tra voi ragazzi?
E’ stato un colpo al cuore, diciamo, perché sappiamo che può accadere a chiunque. E quando accadono certe tragedie non sai cosa dire. Secondo me il silenzio è la miglior cosa. Abbiamo visto il diesse particolarmente provato, ha avuto modo di allenarlo due anni di fila e gli era rimasto molto legato. Io sono arrivato quando lui aveva lasciato il team, il primo inverno è però venuto ad allenarsi con noi, era sempre disponibile. Abbiamo parlato qualche volta, era un bravissimo ragazzo.
A fine stagione cambi categoria, che prospettive hai?
Ho firmato già l’anno scorso con il devo team della Bahrain. Quest’anno correrò una gara a tappe in Belgio con la loro squadra juniores. Devo dire che avere già la sicurezza il primo anno del mio futuro è stato un grande aiuto, anche se devo dire che rispetto ad allora credo di essere cambiato tanto, migliorato. Pianifico un po’ di più le gare e scelgo con attenzione quali fare, infatti prima dei tricolori – che poi non ho corso perché non stavo bene – ho fatto un mese di stop e i vantaggi si sono visti.


Da qui alla fine dell’anno quali obiettivi ti poni? Magari una maglia azzurra per le gare europee e mondiali, visto che sono percorsi piuttosto duri e per scalatori…
Diciamo che da qui in poi tutte le gare sono importanti, direi decisive per guadagnarsi una chance azzurra. Io non mi pongo particolari aspettative, se poi riuscirò a farmi vedere bene. Io credo comunque che il vero esame sarà il Lunigiana, lì non si può fallire…