Due settimane fa ci aveva messo una pietra sopra. Il malumore per l’esclusione dal Giro d’Italia U23 si era posato e Gianmarco Garofoli aveva cominciato a concentrarsi sulle gare in nazionale: la Orlen Nations Cup in Polonia di fine maggio e la Corsa della Pace in Repubblica Ceca. Poi, come spesso accade, un compagno (Leo Hayter, fratello di Ethan che corre nella Ineos Grenadiers) è stato poco bene e il marchigiano del Team Dsm, originariamente prima riserva, ha preparato la valigia e in tutta fretta ha preso la via di Riccione. Dove ieri, mantenendo le faticose previsioni del cittì Amadori, ha tirato per 40 chilometri, cercando di rintuzzare la fuga partita da lontano che ha reso a Cantoni la tappa e la maglia di leader.
«Abbiamo dormito un po’ tutti – dice – siamo arrivati a 40 secondi dai primi e dispiace perché non siamo riusciti a fare lo sprint. Però per la classifica non abbiamo perso tanto, visto che davanti non c’erano grossi nomi».


Lavoro duro
Il Giro d’Italia non si improvvisa, ma il cambio di programma ha raddrizzato la stagione condizionata da tante corse cancellate e da un avvio in sordina fra Le Samyn, Piva e Belvedere. Quando si è capito che la mancanza di corse rendeva necessario aumentare i carichi di lavoro, Garofoli si è rimboccato le maniche e fra Giro di Romagna e le stesse Strade Bianche ha tirato fuori prestazioni all’altezza delle sue aspettative.
«Qua ci sono arrivato bene – dice – ma non come altri che hanno lavorato in altura. La settimana passata ho corso in Belgio, alla Ronde Van Limburg dove ha vinto Merlier. Mi sono staccato negli ultimi 7 chilometri su un tratto di pavé, ma ho lavorato tutto il giorno per il nostro velocista. Al Giro siamo venuti con Henri Vandenabeele, che l’anno scorso è arrivato secondo. Voglio stargli accanto per imparare qualcosa, dato che essendo stato a lungo riserva, le aspettative sono quelle che sono».


La scuola del Giro
Il ragazzo è ambizioso e non nasconde che l’esclusione iniziale dal Giro avesse lasciato una punta di delusione, in un anno lontano da casa in cui la semplice gestione della vita quotidiana, dalla cucina all’amministrazione della casa, si sta rivelando una grande scuola di vita.
«Purtroppo in Olanda e Belgio – dice – le corse continuano a saltare. Avrei dovuto fare la Fleche Ardennaise e il Circuit de Wallonie, ma era stato previsto che ci andassero gli uomini del Giro e io non ero stato ancora ripescato. Perciò cercherò di sfruttare il Giro al meglio possibile. Mi piacerebbe fare classifica, ma a un certo punto diventerà impossibile, perché dovrò lavorare lontano dall’arrivo. Ieri l’ho fatto dai meno 60 ai meno 20 e poi sono arrivato sesto nella volata di gruppo. Il finale era veloce e rischioso e il nostro velocista non ha voluto rischiare per il settimo posto, dato che davanti erano rimasti comunque in sei. Perciò tirerò. Cercherò di aiutare il capitano e di imparare da lui. E soprattutto voglio mettermi in mostra, anche agli occhi della squadra. A prescindere dal risultato, è ora che si veda quanto valgo».