Facendo un po’ di pronostici alla vigilia del Giro Next Gen, era spuntato fuori il nome di Hannes Wilksch. Ventunenne della Germania, di quella parte che, quando ancora c’era il Muro, faceva faville a livello dilettantistico. Se lo cercate tra i plurivincitori il suo nome non c’è, eppure guardando le classifiche delle principali corse a tappe under 23 non fallisce un colpo e intanto cresce.
Alla Tudor avevano visto giusto a fine 2022, individuando in Wilksch un talento da far crescere con calma, prelevandolo dal Team DSM dove era già da tre anni per dargli più responsabilità. Il tedesco ha risposto da par suo, finendo sul podio sia all’Orlen Nations Cup che nella corsa italiana, affrontando tutti i migliori della categoria. E non è finita qui…
Per questo abbiamo voluto conoscerlo più da vicino, come uno dei migliori prospetti della categoria, soprattutto per le gare di più giorni, partendo proprio dal chiedere dove nasce questa sua particolare propensione.
«Non lo so. È una domanda difficile. E’ un po’ anche la mia natura, il fatto che in salita riesco a emergere, che la fatica non mi fa paura. Perché il nostro è un mestiere duro, che richiede grandi sacrifici sperando che il fisico risponda come ci si attende».
Quali pensi siano le doti principali per emergere nelle corse a tappe e pensi di averle tutte?
Innanzitutto penso che prima di tutto si tratti di avere doti di recupero. Per essere in buona forma ogni giorno e riuscire a evitare di avere una brutta giornata, che è poi quella che spesso decide tutto. Devi essere concentrato ogni giorno. Non importa se è il giorno dello sprint, della scalata, del cronometro, devi essere davvero concentrato ogni giorno perché altrimenti hai un incidente ed è tutto finito. E’ davvero una questione di testa, quanto e forse più del fisico. Io penso di avere queste doti, ma devo migliorare ancora.
Hai colto il 3° posto a Orlen e al Giro Next Gen: qual è stata la corsa più difficile da gestire?
Ogni gara è difficile a modo suo. In Polonia, per esempio, non c’erano salite così lunghe, solo un po’ più secche e gli strappi secchi mi mettono in difficoltà. Preferisco le lunghe salite. E’ difficile dire quale gara sia più difficile, sono solo diverse. Ma il livello in entrambe le gare è stato davvero alto. In Polonia c’erano anche professionisti come Piganzoli e si vede che hanno un’altra gamba…
Tu praticavi calcio e mtb, poi nelle scuole sportive di Francoforte e Cottbus ti sei appassionato al ciclismo su strada…
Ho iniziato con il calcio da bambino, a 6-7 anni. Ma l’ho fatto solo sei mesi, poi non mi divertivo più. Già da bambino andavo molto in mountain bike e con i miei genitori, con mio padre soprattutto solo nel fine settimana. Quello mi piaceva, così siamo andati in un piccolo club vicino a casa mia a Straussberg e lì sì che mi divertivo… Molto presto ho iniziato anche con le corse e me ne sono innamorato. Dicono che è meglio iscriversi a una scuola sportiva come quelle di Francoforte o Cottbus solo perché hai più supporto, hai un allenatore, puoi viaggiare per le gare, hai più tempo per la formazione accanto alla scuola. Quindi prima sono andato a Francoforte per tre anni, ho fatto la mia attività lì nella mia scuola, poi sono andato a Cottbus per altri quattro anni, ma è stata dura.
Perché?
Non vivevo più a casa. Dovevo stare lì in appartamento o come si dice “a pensione”: la mattina a scuola, pomeriggio ad allenarsi, nel fine settimana alle gare. Farlo a 10-11 anni, lontano dai genitori è davvero difficile. Pensandoci ora, credo che comunque sia stata una buona decisione da prendere, perché impari molto per la tua vita. Impari a lavarti i vestiti a dieci anni, non è poco…
Come mai non fai più attività su pista, dopo essere stato campione del mondo (nell’inseguimento a squadre da junior)?
A Cottbus e Francoforte c’è grande attenzione per la pista. Il ciclismo in realtà in tutta la Germania si concentra maggiormente sulla pista e devo dire che ero davvero bravo. Siamo stati campioni del mondo, abbiamo anche stabilito il record mondiale e anche nella madison ero giunto secondo, mi stavo divertendo ma non sono mai stato il migliore in pista. Ero campione del mondo ma non ero al massimo livello. Potevo farcela con molto duro lavoro, molto allenamento della forza in palestra accrescendo la massa muscolare, ma poi è arrivato il covid che ha fermato tutto. Mi sono allenato da solo e all’improvviso ho capito che dovevo investire sul ciclismo su strada.
Negli ultimi anni la Germania sta presentando molti corridori di valore, da Kamna a te ed Herzog. Secondo te da che cosa dipende, c’è più seguito per il ciclismo rispetto a 10 anni fa?
Questa è una bella domanda. E’ solo che forse in alcuni anni hai atleti più talentuosi, in altri anni un po’ meno. Tra l’altro non è neanche una questione geografica, perché io vengo dalla Germania Est ma Herzog dalla zona a ridosso dell’Austria. Ci alleniamo in maniera diversa, davvero non so perché questo periodo sia così prolifico. E’ il bello dello sport.
Chi è il tuo corridore preferito?
Quando ero piccolo ammiravo Fabian Cancellara e ora me lo ritrovo come capo della squadra e questo è davvero bellissimo. Ma anche corridori come Froome o Thomas. Mi piace molto guardarli e vederli correre.
Tu hai già corso il Tour de l’Avenir. Rispetto al Giro Next Gen pensi sia più adatto a te?
Come detto prima, ogni gara è diversa. L’anno scorso li ho fatto entrambi finendo sempre settimo. Al Giro secondo me i primi giorni sono più frenetici, più nervosi perché è un modo diverso di correre. In Francia, influiscono altri fattori come il vento, i ventagli, c’è sempre molto nervosismo anche in pianura e devi essere attento a non essere schiacciato dalla pressione. Ci sono poi giorni con due tappe, una cronoscalata al mattino e una tappa di montagna di pomeriggio, penso che molto si deciderà lì. Ma anche il Giro è durissimo: io ho attaccato nella settima tappa, ma non credevo fosse così dura. Correvano tutti come se fosse una classica belga. Senza giorno di riposo. Quindi questo lo rende davvero difficile. E’ anche per questo che entrambe sono le gare più importanti tra gli under 23, credo.