Che la categoria allievi sia diventata la nuova Eldorado per quelle successive è ormai un dato assodato con tutti i se e i ma, i pro e i contro del caso. Si parla di ragazzini di 15/16 anni che stanno correndo per divertirsi e per inseguire un sogno, tenendo conto dell’impegno scolastico e di tutte le variabili che può avere quella fascia di età.
Tuttavia da un paio di stagioni sono nate alcune gare a tappe per far avvicinare gli allievi a ciò che potrebbero (e vorrebbero) vivere da grandi. Considerando che molti di loro nel 2026 passeranno juniores, all’uscita dei calendari agonistici di questa stagione molte società avevano controllato le date di queste corse per potersi organizzare: il Giro dei Tre Comuni in Toscana (dal 31 maggio al 2 giugno), Le Fiumane in Friuli (dal 17 al 20 luglio) ed infine il Giro delle Tre Province in Emilia (dal 21 al 24 agosto).
Proprio con quest’ultima corsa – organizzata dai comitati provinciali di Reggio Emilia, Parma e Piacenza con la supervisione di quello regionale – siamo tornati sull’argomento. Abbiamo voluto sentire il punto di vista di un diesse, cercando di capire come è stata vissuta ed interpretata dai protagonisti, e se funzionano queste corse a tappe per allievi all’interno di un ciclismo in costante cambiamento. Le parole sono quelle di Alberto Puerini, tecnico della Petrucci Zero24 Cycling Team che ha conquistato due tappe e la generale con Andrea Gabriele Alessiani e che a sua volta, da corridore, militò nella Sicc Cucine di Jesi.





Partiamo dalla pianificazione della trasferta. Come l’avete impostata?
Abbiamo preso una certa confidenza con questo tipo di corse dato che le avevamo fatte anche l’anno scorso. Per venire in Emilia abbiamo prenotato uno degli hotel segnalati dagli organizzatori. Eravamo in otto: cinque atleti, il meccanico, il massaggiatore ed io. Siamo partiti il mattino presto del giovedì sapendo che la prima tappa era un cronoprologo pomeridiano. Ci siamo poi trasferiti a Tabiano Bagni dove siamo rimasti per tre notti visto che era vicino ai paesi delle tappe successive. Alla domenica poi siamo rientrati.
Gli hotel erano a carico dell’organizzazione?
No, ce lo siamo pagati noi, ma avevano tariffe scontate apposta per la gara. Gli organizzatori ci hanno garantito invece sempre i pranzi ogni giorno per ognuno di noi all’interno delle sedi di partenza. Anche in Toscana in primavera era stato uguale.


Avevate fatto anche la gara a tappe in Friuli?
Quella l’abbiamo saltata a malincuore per una questione economica. Noi siamo una formazione marchigiana e i nostri spostamenti sono sempre mediamente lunghi. E’ vero che siamo discretamente organizzati, ma diventava una spesa eccessiva e non era giusto sostenerla. Magari cercheremo di andarci nel 2026.
In Emilia com’era la vostra giornata tipo?
In hotel avevamo il trattamento di mezza pensione, quindi colazione e cena. Nel mezzo preparavamo la gara. Al mattino abbiamo fatto le ricognizioni dei percorsi di gara con i ragazzi sul pullmino, tranne che per la crono che l’hanno fatta in bici e per l’ultima tappa della domenica mattina che l’abbiamo fatta il giorno prima. Per la verità avevamo già visto quelle strade su Google Maps grazie ad un nostro ex corridore che ci aiuta su questi aspetti. Ovvio che vederle dal vivo ti dà un’altra indicazione. Si rientrava in hotel dopo le gare per le sessioni di massaggi e per sistemare le bici.
A livello tattico cambia qualcosa rispetto al solito?
Personalmente cerco di non guardare mai alla generale, ma dico ai ragazzi di interpretare ogni tappa come se fosse una gara singola. Credo che con gli allievi non sia giusto partire con i ruoli già assegnati di capitani, vice e gregari. E’ giusto che tutti partano alla pari, tanto poi sono gli stessi ragazzi che si mettono d’accordo su chi può fare la gara. Naturalmente è ovvio che cerchiamo di tenere gli occhi aperti in corsa, ma non partiamo con i piani già fatti.








Gli allievi sono una categoria dove devono ancora imparare tanto?
Al netto di chi va forte o meno, a mio modo di vedere l’insegnamento più grosso è sempre quello dopo la fine della gara, che sia andata bene o male. In quel momento devi aprire la visione tattica e mentale dei ragazzi. Non è detto che una tappa per velocisti debba arrivare in volata o che un velocista non possa andare in fuga. Non bisogna restare legati a questi canoni. La seconda tappa infatti è finita in modo non scontato.
Cosa intende?
Sulla carta era l’unica frazione dedicata ai velocisti perché il tracciato era totalmente pianeggiante. Si correva in circuito e il finale era particolarmente tortuoso. Avevo detto ai miei ragazzi di leggere la gara e magari seguire l’istinto, la fantasia. Così dopo un traguardo volante, Alessiani ha tirato dritto assieme ad altri due ragazzi prendendo un vantaggio incolmabile per il gruppo. Lui ha vinto la tappa e in pratica ha ipotecato subito la generale. Il giorno successivo ha rivinto e nell’ultima tappa ha gestito il vantaggio e gli attacchi degli avversari.
I vostri ragazzi come hanno vissuto questa esperienza?
A loro è piaciuta molto. Per prima cosa è piaciuto il fatto che la generale fosse a tempi e non a punti come l’anno scorso. Quindi subito dopo ogni tappa, erano curiosi di vedere come erano andati e quanto avevano guadagnato o perso sui rivali. Si percepiva soddisfazione, emozione o delusione. In una gara a tempi, i ragazzi vengono messi molto più alla prova. Poi c’è l’aspetto umano o morale.




Ovvero…
La cosa più bella di queste corse a tappe è stata l’atmosfera che hanno trascorso i ragazzi fra loro. Hanno assaporato quel ciclismo che sognano di raggiungere. Hanno respirato l’aria agonistica dall’inizio alla fine assieme a noi accompagnatori, come una grande squadra. Talvolta succede che al rientro da una gara, a casa ci sia un genitore che dica una cosa di troppo che magari non viene ben compresa dal ragazzo e nascono i malumori. Invece così tra compagni puoi parlare con un altro o chiedere qualcosa in più ai dirigenti. In questo senso, queste trasferte aiutano il ragazzo a crescere come persona prima che come atleta.
Altre note positive?
Sicuramente l’organizzazione del Giro delle Tre Province è stato all’altezza in tutto. Devo fare loro i complimenti perché abbiamo corso sempre in un regime di grande sicurezza. Tutti gli allievi erano tutelati e i pericoli sempre molto ben segnalati. Devo dire che è difficile trovare un suggerimento da fare per migliorare perché abbiamo avuto un servizio incredibile.
Esistono invece dei contro a queste corse a tappe? C’è il rischio di creare troppe pressioni ad un allievo?
Sì, rischio può esserci, ma non perché va a correre per quattro giorni consecutivi. Il rischio c’è già, se non stiamo attenti, nella corsa singola perché dopo il 2020 il livello si è alzato tanto in questa categoria. Nessuno vuole restare indietro e tutti vogliono che il proprio ragazzo vada sempre forte. Personalmente sono favorevole alle gare a tappe per una questione di esperienza e purché non si vada oltre i quattro giorni, che sono già tanti. Anzi, a me piacciono anche le formule due semitappe in una giornata.


Secondo lei potrebbero nascere nuove gare a tappe in altre regioni?
Non so, ma non credo anche per una questione di regolamento. Ad oggi un allievo non può disputare più di due gare a tappe e deve esserci almeno un mese di distacco tra l’una e l’altra. Infatti se fossimo andati in Friuli avrei portato altri cinque ragazzi. Noi ce lo saremmo potuti permettere perché abbiamo 22 allievi e siamo un caso a parte se vogliamo, però alcune società non hanno certi numeri. E’ più importante che organizzino più cronometro che piacciono ai ragazzi e fanno crescere il movimento in quella specialità.
Chiudiamo su Alessiani. Che tipo di corridore è?
Andrea ha le caratteristiche del corridore completo e moderno, con un gran fisico. E’ forte a crono, va benissimo in salita ed ha uno spunto discretamente veloce nei gruppetti ristretti. Aveva già vinto la gara a tappe in Toscana e sembra portato per questo genere. L’anno prossimo passerà juniores nel GB Team Pool Cantù di Bortolami. Però Andrea prima di tutto è un ragazzo molto intelligente, con grandi voti al liceo. Quella è la cosa più importante.