Gli allenamenti di Samuele Alari proseguono sui rulli a causa del buio che l’inverno porta con sé. Gli facciamo compagnia per gli ultimi minuti e intanto scopriamo il secondo italiano, dopo Juan David Sierra, che andrà a correre nella Tudor Pro Cycling U23.
«Finisco scuola alle 13 – ci racconta il bergamasco, in apertura nella foto Tudor Pro Cycling U23 dal ritiro di ottobre – e quando devo fare 4 ore di allenamento le divido tra strada e rulli. Mi trovo bene a lavorare da fermo. Alcuni esercizi, come gli interval training o le ripetute, escono anche meglio visto che non c’è il traffico che condiziona».
Ti stai già allenando con i programmi della nuova squadra?
Mi seguono loro da quando ho ripreso dopo l’incidente, quindi da settembre/ottobre. Mi confronto con il mio preparatore di riferimento: Jens Voet. Lui segue una parte dei ragazzi del Devo Team, me compreso.
Che tipo di infortunio hai avuto?
Ho rotto il bacino a metà luglio, in cinque punti. Sono rimasto a letto per due mesi, è stato un periodo davvero duro, dove però ho capito tante cose. Ero fermo mentre si correvano mondiali ed europei a cronometro. Mi è dispiaciuto, perché a cronometro vado forte e mi sarebbe piaciuto testarmi su un palcoscenico del genere.
Hai terminato la stagione a luglio, quindi il contatto con la Tudor è stato precedente all’estate?
Ci siamo sentiti poco dopo il Tour de Gironde (corso con la rappresentativa della Lombardia, ndr). Sarà stato tra la fine di maggio e l’inizio di giugno. Ho parlato con Boris Zimine, che è il capo del Devo Team. Abbiamo fatto prima una chiacchierata e poi è arrivata la proposta, ho firmato nel periodo in cui ero a casa.
Hai fatto qualche test?
Nessuno. Hanno voluto visionare i dati degli allenamenti e quelli delle gare. Si sono messi ad analizzare tutti i numeri.
Come sei entrato in contatto con loro?
Grazie al mio procuratore: Massimiliano Mori e grazie al mio diesse alla S.C. Romanese: Redi Halilaj (squadra dove ha corso nei due anni da junior, ndr). Ero convinto di voler andare all’estero, ne avevo già parlato con Mori. Volevo trovare una squadra con la filosofia di crescita giusta e la Tudor è stata una scelta oculata. Ci sono stati contatti anche con altre squadre straniere e con qualche continental italiana. Ma la Tudor era quella a cui ambivo.
Sei arrivato tardi al ciclismo su strada, solo da allievo di secondo anno, come mai?
Questa è stata la mia terza stagione su strada, prima correvo in mountain bike. Ho iniziato fuoristrada perché i miei genitori avevano la passione e mi portavano a pedalare. Vicino a casa mia (Telgate, in provincia di Bergamo, ndr) c’era una squadra e ho iniziato a correre da G6. La strada è arrivata dopo, come un gioco. Mi hanno fatto provare e mi sono appassionato, per me il ciclismo è sempre stato un divertimento.
Com’è andato l’adattamento?
All’inizio ho fatto fatica, quasi non sapevo andare in bici. Poi gli allenatori della squadra mi hanno insegnato tante cose: come guidare, a sentire il mezzo… Così ho imparato. Da juniores, quindi negli ultimi due anni, ho imparato tanto con Redi Halilaj. Tra me e lui c’è sempre stato un grande rapporto, anche al di fuori della bici. Ci sentiamo spesso. E anche adesso che passo alla Tudor, continuerò a sentirlo. I suoi consigli per me sono preziosi.
I due anni da junior come sono andati?
Bene, ho imparato molto. Subito al primo anno, nel 2022, è arrivata anche una convocazione con la nazionale, a conferma del lavoro ben fatto. Nel 2023, fino all’infortunio, la crescita è proseguita sugli stessi livelli. Non ho mai avuto grandi aspettative, mi piace allenarmi e lavorare, questo sì.
La cronometro, dove vai molto forte, come è arrivata?
Mi ha sempre affascinato come disciplina. Mi piace Remco Evenepoel, e lui a crono è una freccia (nonché il campione del mondo in carica, ndr). Ho voluto “imitarlo” e provare anche io. Mi sono reso conto di andare forte, anche senza allenamenti specifici. Una volta arrivate le prima conferme ci ho lavorato tanto.
Alla Tudor c’è un ex cronoman come Cancellara, ti potrà guidare anche lui…
Fabian l’ho conosciuto al ritiro del mese scorso. Non ci ho parlato tanto, perché mi sono interfacciato con i responsabili del Devo Team. Però la mentalità che c’è alla base della squadra si intuisce. Anche come squadra hanno una filosofia di crescita continua nel tempo. Con loro ho visto il naturale proseguimento del percorso che ho intrapreso da juniores.