«Se il prossimo anno Van der Poel vorrà avvicinarsi al livello della scorsa primavera – ha detto Philip Roodhooft, team manager della Alpecin-Deceuninck – dovremo pensare molto attentamente a come trascorrere l’inverno. Il cross non dovrebbe incidere negativamente sulla stagione delle classiche. Anche se vorrei sicuramente aggiungere questa sfumatura: a Mathieu piace ancora correre nel ciclocross».
In Belgio è di nuovo tempo di far festa. Con il Lombardia e le corse in Veneto che mandano in vacanza gli stradisti, da sabato a Beringen inizierà infatti la stagione del grande cross. I regolamenti dell’UCI, secondo cui la Coppa del mondo ha la precedenza su ogni altra challenge, hanno fatto riscrivere i calendari e portato spostamenti e cancellazioni. Nel Superprestige ad esempio è saltata la classica di Boom, che si arrende davanti alla data protetta della Coppa a Dublino.
La challenge UCI si svolgerà da fine novembre a fine gennaio con 12 gare: due in meno rispetto allo scorso anno. Debutterà ad Anversa il 24 novembre e proseguirà con appuntamenti internazionali come Dublino, Oristano e Benidorm. Non ci saranno invece Waterloo, Val di Sole (spostamento appunto in Sardegna) e Flamanville. Una delle novità di questa stagione saranno le doppiette, con gare il sabato e la domenica. Il 21-22 dicembre con Hulst e Zonhoven. Il 25-26 gennaio a Maasmechelen e Hoogerheide.
Uno sport delle Fiandre
Il calendario belga è ricchissimo: con le date del Trofeo X2O e con l’Exact Cross, non c’è fine settimana senza gare, senza tifosi e senza fiumi di birra. Eppure il manager di Van der Poel ha approfittato della presentazione della sua Crelan-Corendon per smarcare il cross dalla presenza dei grandi campioni e, al contempo, difenderlo da una pericolosa deriva internazionale.
«Non credo che il gravel sia una minaccia seria – ha detto a Het Nieuwsblad – perché il gravel è uno sport da fare, il ciclocross è uno sport per spettatori. Il gravel è interessante solo quando, come domenica scorsa ai mondiali di Leuven, ci sono le stelle alla partenza. Non è certamente una minaccia per il cross, non avrà mai la stessa visibilità. Però mi rendo conto che il nuovo calendario internazionale si preoccupi troppo di come possiamo migliorare il cross in altri Paesi. Io dico che innanzitutto dobbiamo assicurarci che continui a vivere nelle Fiandre, dove ha grande successo. Facciamo in modo di avere qui le date che servono. Il numero di gare trasmesse in diretta televisiva è la forza trainante dell’esistenza delle squadre professionistiche. In altri Paesi invece il cross ha vita dura a causa della mancanza di una diretta televisiva. Non ho alcun problema che la Coppa del mondo sia la classifica più importante, ma ci deve essere spazio per garantire che il ritorno per gli sponsor rimanga alto».
Fra cross e strada
Si fa fatica a capirlo se almeno una volta non si è stati lassù, anche solo per un weekend, immergendosi nell’atmosfera dei campi di gara. E’ un altro mondo. E’ un pubblico da stadio capace di stare per tutto il giorno lungo un anello di pochi chilometri per vederli passare, incitandoli a ogni passaggio. Pagando il biglietto. Pagando le consumazioni. Infiammandosi davanti a corridori che magari su strada non corrono e, quando lo fanno, vedono a stento l’arrivo. Non conta niente.
«Ci sono ancora molti corridori – dice ancora Roodhooft – che vincono gare o ottengono podi nel cross senza sudare sulla strada. E’ per loro che dobbiamo cercare di mantenere questo sport interessante. Meglio essere un atleta di successo nel cross, che un corridore qualsiasi su strada. Questo è più interessante dal punto di vista sportivo ed economico. E’ chiaro che per i produttori di biciclette il gravel sia più importante, perché ha molti più potenziali clienti: gli amatori che pedalano nel tempo libero. Ma il cross ha un modello economico diverso, basato sulla televisione e sugli spettatori paganti. Il fatto che possa essere incluso nel programma olimpico gli darebbe un’immagine diversa a livello internazionale. Ci sarebbe più interesse da parte dei corridori e più budget da parte delle federazioni e dei comitati olimpici. Ma non voglio nemmeno sopravvalutarne l’importanza. La mountain bike è diventata uno sport mondiale solo perché è nel calendario olimpico?».
Non di sole stelle
Richiesto infine ancora sul calendario di Van der Poel, Roodhooft ha aggiunto il suo punto di vista che, immancabilmente, dovrà fare i conti con l’estro e la voglia di vincere dell’olandese.
«Se domenica Mathieu ha detto che non lo sapeva ancora – dice – non ha mentito perché non ne abbiamo ancora discusso. La mia sensazione personale è che lo vedremo all’opera nel cross anche il prossimo inverno, ma sicuramente non gli imporremo nulla. Ci rendiamo anche conto che Mathieu è il simbolo di questo sport, ma ovunque inizi, ci si aspetta sempre qualcosa da lui. Penso anche che dovremmo avere il coraggio di guardare a questo sport in modo diverso. I cross con Mathieu e Van Aert sono uno spettacolo stellare. Ma se al via c’è solo uno dei due, spesso si ha la sensazione di guardare un criterium. Dobbiamo essere contenti dei corridori che sono presenti ogni settimana e non possiamo certo minimizzare la loro prestazione».