E’ un’altra colonna dello staff azzurro del ciclocross. Un altro di quei personaggi che Pontoni ha scelto per fare gruppo, per creare quell’ambiente indispensabile per provare a ottenere risultati. Stiamo parlando di Luca Bortoluzzo, il meccanico del team tricolore, che ha vissuto sulla propria pelle tante avventure e soprattutto le ultime grandi soddisfazioni ottenute dal ciclocross italiano.
Come nel caso del massaggiatore Capelli, anche Bortoluzzo è un vecchio navigante del mondo del ciclismo: «Ci sono in mezzo dal secolo scorso, ho gravitato un po’ fra gli under 23 e molto fra i professionisti, quindi conosco bene l’ambiente. Quattro anni fa, quando Daniele ha preso in mano le redini del settore, mi ha chiesto di entrare nel suo gruppo e conoscendolo ho accettato anche perché ero un po’ stanco di girare il mondo come una trottola… Oltretutto anche nel ciclocross avevo esperienza, essendo stato nello staff azzurro con Scotti per tre anni».
Qual è la differenza fra le due esperienze?
Ora alla base c’è un gruppo che si fonda sull’amicizia, perché ci conosciamo tutti da tantissimi anni e Pontoni ha puntato proprio su questo. Siamo tutta gente che ha un’esperienza lunga e profonda: io, Paolo De Geronimo, Gianfranco Zanatta, Fabrizio Gherardi e gli altri. Abbiamo tutti condiviso tante avventure in giro per il mondo e sappiamo quindi come vanno queste cose, per questo siamo anche un sostegno per i ragazzi che arrivano a queste esperienze spesso un po’ spauriti. Tra l’altro lo stesso gruppo lavora sia per il ciclocross che per il gravel.
Com’è il lavoro con i ragazzi?
Per loro natura sono apprensivi, noi cerchiamo tramite la nostra esperienza d’infondere tranquillità. Io da parte mia spesso mi trovo a che fare con bici disastrate, quando i ragazzi vengono per raduni o trasferte e quindi c’è tanto lavoro da fare e in poco tempo per consentire loro di effettuare i sopralluoghi sul percorso. Ma a me interessa che siano messi nelle condizioni migliori possibili.
Con che cosa ti trovi a che fare?
Per fare un esempio, la normalità sono tubolari scollati, che certe volte mi chiedo come facciano ad andare avanti… Noi ci mettiamo del nostro, ma non nascondo che ci sono volte che in trasferta Daniele mi dice: «Prendi i pezzi che ti servono dalla mia bici» e di sera sto lì a lavorare, smontare e rimontare. Per noi quel che conta è la gara del ragazzo di turno, che sia messo nelle condizioni ideali, per questo non pesa a nessuno di noi dello staff, facciamo tutto in allegria e questo i ragazzi lo percepiscono.
Com’è il legame con il cittì?
Io ho avuto la fortuna di avere mio fratello che era il suo meccanico ai tempi dei suoi trionfi. Quindi ci conosciamo da sempre. Anch’io l’ho seguito quando correva e siamo sempre rimasti in contatto. Daniele non manca mai di farci sentire partecipi proprio perché si è formata una famiglia nella quale ognuno ci mette del suo, anche i ragazzi stessi.
Che cos’è delle nuove generazioni che arrivano in nazionale che ti colpisce?
La competenza. Rispetto ai tempi passati, al ciclismo di una volta sanno di che cosa si parla, hanno una curiosità di fondo. Non puoi certo dire loro una cosa per l’altra… Inoltre vedo anche la mano del cittì, che ha sempre detto a tutti che il requisito principe per far parte del gruppo è l’educazione, il modo di porsi in gara e fuori. Su questo è davvero intransigente. Sono spesso giovanissimi, ragazzi che devono maturare, noi li vediamo quasi come dei figli. Tanti parlano delle regole che Pontoni adotta come quella del divieto all’uso dei telefonini a tavola. Beh, vale anche per noi, perché quando si mangia è un momento di gruppo, di comunione…
Com’è il cittì con i ragazzi?
E’ sempre disponibilissimo con i ragazzi, ma non è un loro amico. E’ pronto a ridere e scherzare quando si può ma pretende il massimo della serietà quando serve. La cosa che i ragazzi apprezzano tanto però è che è uno di loro sul campo di gara: quando si fa la prova percorso Daniele non resta ai margini, ma indossa divisa e caschetto e si butta sul tracciato con loro. Si fermano nei punti salienti, li analizzano insieme. Fa anche vedere loro come affrontarli sulla base della sua enorme esperienza.
E loro come sono, la loro curiosità la estrinsecano anche con te?
Sì, spesso, sono lì ad assistere quando metto mano alle bici, hanno anche una buona competenza di base e ad esempio sono sempre molto attenti alle pressioni delle gomme, sono lì che misurano e rimisurano, fanno confronti tra marche diverse. Tra l’altro questa competenza inizio a riscontrarla anche fra le ragazze, magari non quelle giovanissime, ma noto che con il crescere acquisiscono sempre più interesse anche per il mezzo, sapendo quanto esso incide.