L’aereo che ha riportato Filippo Tagliani e i suoi compagni di squadra verso casa è partito ieri alle 16,30 dall’aeroporto di Casablanca. Alle spalle il corridore della Vini Monzon-Savini Due si è messo il Tour du Maroc. Una gara di categoria 2.2 che si è disputata dalle porte del deserto fino alle coste del nord del Paese magrebino. Nove tappe in totale con tante insidie e un continuo rimescolamento delle carte in tavola.
«Il tutto è andato abbastanza bene – racconta Tagliani prima di imbarcarsi sull’aereo di ritorno – peccato essere uscito di classifica nella tappa dei ventagli. Però sono riuscito a ottenere sei top 10 in tutto l’arco della corsa».
Non la prima esperienza
Nella carriera di Tagliani non è la prima volta che si legge del Tour du Maroc, che il corridore bresciano aveva già disputato anni fa.
«Era il 2017 – continua – e correvo con la Delio Gallina. Già all’epoca era organizzata bene, nel corso del tempo la cosa che è cambiata di più penso siano gli hotel. Sono diventati più belli e accoglienti, anche se con il cibo e l’acqua ci sono sempre gli stessi problemi. Oggi come allora la squadra ha portato da casa le cose da mangiare. Non abbiamo mai consumato verdure o cibi da lavare, perché non è possibile usare l’acqua corrente. Anche per lavarsi le mani e bere bisogna sempre usare l’acqua della bottiglia».
Com’è andata in quel senso?
Sono riuscito a non stare male, che era la cosa più importante. Dieci giorni sono lunghi, anzi dodici, visto che siamo partiti dall’Italia il 29 maggio. La corsa è iniziata due giorni dopo, il 31 maggio dal sud, quasi a confine con il deserto.
Le tappe come erano organizzate?
In maniera ottimale, nulla era lasciato al caso. Non esagero se dico che è una corsa molto organizzata rispetto a tante altre che ho fatto, anche in Europa. Gli orari erano super stringenti e dopo la tappa tutti venivamo trasportati in hotel comodamente.
Ecco, ammiraglie al seguito?
L’organizzazione ci ha fornito le macchine e i transfer erano organizzati con un pullman che portava noi corridori e i membri degli staff all’hotel e alla partenza. Ci siamo spostati solamente tre volte da una città ad un’altra dopo l’arrivo. Spesso partivamo dalla stessa nella quale eravamo arrivati il giorno prima.
Il livello in corsa?
C’erano squadre continental, ma si è sempre andati forte. La grande differenza in corsa l’ha fatta il vento, che rendeva il tutto più difficile. Nella tappa più dura ne avevamo tanto in faccia anche in salita, talmente forte che si faceva una gran fatica, praticamente era impossibile scattare. Le velocità medie erano basse, ma a livello di watt i numeri sono stati alti per tutti e nove i giorni di gara.
Quali squadre c’erano?
C’erano tre squadre con atleti marocchini che hanno un po’ dominato la corsa, almeno a livello numerico. Erano presenti tre nazionali africane: Burkina Faso, Marocco e Benin. Poi tante continental europee e alcune Development. Non mancavano gli atleti francesi.
In gruppo che clima si respirava?
Penso che gare del genere siano delle vere e proprie esperienze di vita. Io ho avuto modo di legare e di parlare con gli atleti francesi, visto che il podio è stato dominato da due corridori della Nice Metropole. Il grande dispiacere per me era che avevo la maglia dei GPM fino all’ultima tappa, l’ho persa proprio alla fine.
Era difficile controllare la gara?
Per noi sì, in squadra eravamo in cinque, ma alla seconda tappa uno dei due ungheresi si è dovuto ritirare perché è stato malissimo di stomaco. Anche il suo connazionale è stato male, poi però si è ripreso. I marocchini erano in superiorità numerica e nei ventagli erano avvantaggiati, tanto da occupare tutta la carreggiata. Per seguirli toccava aprire un altro ventaglio, ma non era semplice organizzarsi. Quando sono uscito di classifica è stato per questo, alla fine il gruppo si era stancato di rincorrere.
Con il cibo come vi siete organizzati?
Noi abbiamo mangiato sempre cose chiuse o che dovevamo bollire: pasta, riso, tonno in scatola e biscotti. A livello di prestazione il recupero era complicato, visto che avevamo tante limitazioni alimentari. Però è stata una bella esperienza, anche perché l’alternativa era rimanere a casa ad allenarsi. Sono dell’idea che è sempre meglio correre. Sono uscito in forma, anzi avrei continuato a correre.
Dove andrai ora?
Campionati italiani il 23 giugno e poi al Sibiu Tour, in Romania.