La squadra parallela di Pellizzari e il “libro scritto” di Gentili

01.09.2023
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«Questa è la storia di un libro già scritto. Anzi, che stiamo scrivendo», esordisce così Massimiliano Gentili, ex professionista e direttore sportivo di Giulio Pellizzari quando era uno junior all’UC Foligno. Tra i due c’è stato e c’è tuttora un legame forte.

Oggi Pellizzari è una delle speranze più concrete che abbiamo per le corse a tappe. Il secondo posto al Tour de l’Avenir è stato la conferma di un processo di crescita che era sotto gli occhi di tutti, ma che per un motivo o per un altro non riusciva a fiorire del tutto. Adesso gli scenari cambiano.

Pellizzari, junior con la maglia dell’UC Foligno
Pellizzari, junior con la maglia dell’UC Foligno

In famiglia…

«Negli ultimi quattro anni – dice Gentili, nella foto di apertura vicino a Pellizzari – in pratica ho vissuto per lui o quasi. Sono arrivato a Giulio perché prima di lui avevo in squadra suo fratello Gabriele, col quale tra l’altro ci sentiamo ancora. L’altro giorno l’ho preso in giro perché era in Francia a tifare Giulio ed è rientrato a casa dopo il via della tappa che ha vinto. Che poi è la stessa cosa che fece il papà Achille al Tour of the Alps. Lui andò via e il giorno dopo Giulio fece quel tappone!».

La prima volta che Gentili incontrò Pellizzari, Giulio era un esordiente. Racconta di un ragazzino piccolo, anzi piccolissimo… magro che forse non non arrivava a 40 chili.

«Quel giorno andammo in bici insieme e su un circuitino dalle nostre parti, appena arrivò una salita, partì come un sassata… Gli dissi di stare calmo. Però mostrò subito un certo carattere».

Giulio Pellizzari (classe 2003) è cresciuto moltissimo in questa stagione
Giulio Pellizzari (classe 2003) è cresciuto moltissimo in questa stagione

Niente under 23

Gentili lo vede crescere. Capisce che può esserci parecchio di buono in quel ragazzo che oltre ad essere un buon atleta è una persona educata ed umile.

«Da allievo – racconta Gentili – Giulio vinse una sola corsa. Ma più che altro in quel periodo, capendo che poteva essere bravo veramente, iniziai a fargli dei test. Ma questi erano mirati non a spingerlo verso i suoi limiti, ma a tutelarlo. 

«Io ho la fortuna di essermi sempre tenuto in buona forma, anche dopo aver concluso la mia carriera. In bici ci vado e qualche ora a buon livello la faccio ancora. So capire, so valutare e il mal di gambe me lo ricordo ancora. Uscivo con i ragazzi e vedevo che c’era qualcosa di buono per davvero».

Giulio va sempre meglio. Quando passa junior però ecco il Covid. Come i suoi coetanei perde una stagione o quasi. Però andava forte. Gentili gli ripeteva che poteva anche perdere, che poteva anche trovare uno più forte di lui, ma con quelle gambe non poteva scendere al di sotto del terzo posto.

E così dopo quell’annata cambiarono registro. Pellizzari fece un bell’inverno, ma sempre considerando che di mezzo c’era la scuola, e migliorò ancora. Diciamo che smise di “giocare” in bici come aveva fatto fino a quel momento.

«Per lui – prosegue Gentili – ho fatto una cosa che mai avevo fatto prima: ho iniziato ad alzare il telefono e a farmi sentire, anche dai tecnici in nazionale…

«E a Giulio dicevo: “Se va come dico io, tu salti i dilettanti e diventi professionista”. Avevo questa idea sia perché iniziavo a vedere di questi progetti giovani che nascevano nei team dei pro’, sia perché la vera tutela per lui era quella». 

Max infatti fa un discorso tecnico sul non aver mandato Pellizzari fra gli under 23. Giulio infatti non è veloce e neanche è un drago in bici… anche se sta migliorando.

«Buttarlo tra i classici under 23 – spiega – significava bruciarlo, o quanto meno non valorizzarlo. Magari lo avremmo anche perso. Per lui doveva esserci un periodo di crescita. “Tu sei da corse a tappe e io devo traghettarti”, gli ripetevo. Ancora oggi, nonostante l’Avenir e tutto il resto, se lo portassi a correre alla gara di Castiglion Fibocchi di turno, Giulio avrebbe le sue difficoltà».

Al prologo del Giro, poco prima di doversi ritirare: la crono è un terreno da esplorare bene (foto Green Project-Bardiani)
Al prologo del Giro, poco prima di doversi ritirare: la crono è un terreno da esplorare bene (foto Green Project-Bardiani)

La squadra

Le cose vanno avanti, anche oltre il ciclismo degli allenamenti ed è così che di fatto nasce una squadra: Gentili, Giulio e il papà Achille. E poi anche il coach, Leonardo Piepoli.

Gentili sa che a certi livelli, vanno bene la squadra e il personale, ma serve soprattutto qualche punto fisso,:qualcuno che ti stia vicino anche e soprattutto nei momenti più difficili. Un po’ come fece Nibali nel tempo: con Pallini, Magni, Agnoli, Vanotti… Un piccolo team, all’interno del team. Pellizzari non è ancora arrivato a tanto, ma il concetto è quello.

«Tutelarlo è la mia parola d’ordine – spiega Gentili – non voglio che commetta gli errori che ho fatto io e che si ritrovi da solo di fronte alle difficoltà che verranno. Ricordo per esempio la storia del ritiro dal Giro Next Gen.

«Lo aveva preparato con meticolosità: si puntava forte sullo Stelvio e anche di più. A pochi giorni dal via gli viene la febbre. Tutti insieme (anche con la Green Project, ndr) decidiamo di non fargli fare nulla. Il giovedì una sgambata. Sembra che le cose vadano meglio fino alla presentazione delle squadre. Quella sera sto per chiamarlo. Il Giro iniziava con una crono e volevo sapere quando partiva. Prendo il telefono in mano e mi chiama lui in lacrime: “Mi è tornata la febbre e ho anche problemi intestinali”. Si prova a partire, ma ormai la frittata era fatta. Lo consolai un quarto d’ora al telefono. Ecco a cosa serve la squadra che dico io.

«Perché da quel supporto poi piano piano ci si rialza più forti. Oggi la testa, che prima era un suo punto debole, è diventata un punto di forza».

La vittoria al Medio Brenta, Pellizzari l’ha ottenuta di rabbia e non di gambe. E lo stesso le critiche dopo Capodarco, che per Giulio è quasi la corsa di casa, andavano vagliate. In tanti si aspettavano qualcosa da lui.

«Siamo a Capodarco – racconta Gentili – se mi giro c’è il mare e queste sulla collinetta sono olive. Ecco, Giulio non è tipo da mare né da ulivi, ma da vette e abeti. E forse neanche quelli per le quote dove va forte lui».

Giulio in fuga alle alte quote di cui parla Gentili con il re dell’Avenir: Del Toro (foto Tour Avenir)
Giulio in fuga alle alte quote di cui parla Gentili con il re dell’Avenir: Del Toro (foto Tour Avenir)

Come Kuss

Piepoli lo ha chiamato in causa Gentili. Non che Max non sapesse il fatto suo, ma per certi livelli serve una figura professionale e che stia nel mondo dei pro’. I due si conoscevano da anni. C’era fiducia. Il confronto tra papà, Max e Leonardo è costante.

Il passaggio alla Green Project-Bardiani in parte dell’entourage del ragazzo fece storcere il naso a più di qualcuno. Non per la squadra di destinazione, sia chiaro, ma perché specie nel Centro Italia si era usciti dagli schemi: juniores, under 23, pro’.

«Giulio ha dei valori fisiologici eccezionali – conferma – eppure da junior ha vinto solo tre gare. Ma non era quello l’importante. Gli dicevo che passando pro’ e lavorando in un certo modo, già al secondo anno sarebbe andato più forte… e così è stato. Che si sarebbe ritrovato dapprima fianco a fianco con i colleghi più forti in squadra negli allenamenti e poi avrebbe messo il naso davanti nelle corse. Una pagina già scritta del nostro libro. Lo dico sempre ad Achille, Giulio è il figlio maschio che non ho avuto!

«Gli è stato chiesto quale fosse il suo sogno e lui ha risposto vincere il Tour de France. Io non so se ci riuscirà, non si conoscono ancora i suoi limiti, ma se con i valori che ha, con il suo recupero, già diventasse un Sepp Kuss non sarebbe male. Ma questi poi sono sogni e per i sogni c’è un altro libro».