Imola è dimenticata. La Dygert sta tornando…

20.11.2022
5 min
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Una mattina di Colorado Springs. Un velodromo, una bici. E una ragazza che pedalata dopo pedalata torna alla vita. In fin dei conti sono pochi minuti, il suo tecnico Gary Sutton ha fissato limiti che non vanno oltre i 15 minuti per ogni blocco di allenamento. Ma quei blocchi sono eterni, sono come un addentrarsi nelle pieghe della sua mente. Chloe Dygert sta tornando e non è un personaggio di poco conto.

Ogni minuto di quel semplice allenamento è un viaggio dentro se stessa, anzi per meglio dire assaporare un ritorno alla normalità al quale non sperava neanche più. E non c’entra neanche tanto il ciclismo perché quel che le era successo le aveva precluso anche la vita normale.

«Cosa ne sanno gli altri di quel che ho passato? Anche salire e scendere dall’auto – dice – era portatore di un dolore indicibile, mi muovevo al rallentatore, come un’automa. Pensavo che quel dolore non mi avrebbe lasciato più, mi stavo quasi adagiando nella convinzione che sarebbe stato mio compagno per tutta la vita. Invece ecco qui: pedalo e non lo sento, non c’è. Se n’è andato e non lo rimpiango di certo…».

Il suo ritorno in bici nei test a Colorado Springs: Chloe tornerà sia su strada che su pista (foto Casey Gibson)
Il suo ritorno in bici nei test a Colorado Springs: Chloe tornerà sia su strada che su pista (foto Casey Gibson)

Inizia tutto a Imola 2020

Pedalata dopo pedalata la Dygert ripensa a quando tutto è iniziato: quel giorno, quel maledetto giorno a Imola. 2020. In palio il titolo mondiale a cronometro. L’americana è la campionessa uscente, l’anno prima nello Yorkshire ha sorpreso tutti, anche le favoritissime olandesi. La corsa contro il tempo è il suo forte, lo ha dimostrato anche in pista. Sfreccia, la Dygert e ai rilevamenti è lanciata verso il bis. Poi una curva, la bici che slitta, il guard rail vicino. Troppo vicino. Un attimo, ma è come se un ninja con la sua lama affilata la trafiggesse da parte a parte. La coscia viene tranciata, il metallo va a toccare anche l’osso. Le immagini sono agghiaccianti, le sue urla dicono tutto.

L’80 per cento del muscolo è compromesso, l’operazione e la degenza sono lunghe e dolorose. Quel che Chloe non sa è che quello è l’inizio di un calvario lungo tre anni, fatto di sofferenza, tappe, anche elementi avversi esterni come il Covid. Che poi tanto avverso, nel suo caso non è. Perché? Perché posticipa le Olimpiadi di un anno e le consente comunque di esserci anche se a mezzo servizio, anche se non è la Dygert che avrebbe voluto essere. Ma riesce comunque a esserci, qualificandosi in extremis, portando a casa un 7° posto nella crono e contribuendo al bronzo del quartetto (che senza di lei, diciamocelo, è poca cosa…).

Non bastasse l’infortunio…

Sono risultati eccezionali, se si pensa che da quel maledetto giorno imolese, la Dygert in tre anni ha potuto gareggiare appena per 5 giorni su strada.

«Appena sembrava tutto risolto, ecco che ci ricascavo – pensa mentre l’allenamento procede – in primavera mi è crollato il mondo addosso. Non bastasse il dolore, ci si è messa anche la malattia di Epstein Barr (una forma di herpesvirus che porta affaticamento estremo, mal di gola, ingrossamento dei linfonodi e altri sintomi, ndr). Avevo appena iniziato la campagna del Nord ed era già finita».

Dalla malattia, con tempo e pazienza era uscita fuori, ma quei dolori restavano. Avevano già rimesso mano alla gamba, ma l’operazione non era andata a buon fine e oltre ai dolori, anche i movimenti erano ridotti. Ma Chloe non si è arresa. Non si è rassegnata. Ha continuato a studiare sull’argomento, a informarsi, a cercare una soluzione e alla fine ha trovato chi poteva rimetterla in sesto. Una nuova operazione, complessa, fatta da mani ferme e sicure. Tanto tessuto cicatriziale rimosso dal muscolo. Una lunga convalescenza, scandita però da un fatto nuovo: quel dolore stava svanendo. La Canyon Sram, il suo team, intanto l’aspettava, con pazienza.

Chloe è pronta a riprendersi il suo posto, anche in nazionale (foto Getty Images)
Chloe è pronta a riprendersi il suo posto, anche in nazionale (foto Getty Images)

L’anno della rinascita

«Potevo sedermi, lamentarmi, piangere, ma sarebbe servito a qualcosa? Oggi metto la parola fine su due anni di black out della mia vita – dice – nei quali non potevo fare quel che mi è sempre piaciuto, quello che avrei voluto. La bici mi aveva portato a questo, la bici mi sta portando verso la luce in fondo al tunnel. E’ vero, pedalo in un velodromo vuoto, contro nessuno, non c’è un cronometro, non c’è una classifica. Ma questa è la gara più importante e difficile, questa è la vittoria più bella. Ogni giro di pedivella senza che senta dolore è un segno di speranza. Preparatevi, gente, Chloe sta tornando…».