I graffi di Gatto, capitano e gregario

24.10.2020
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Qualche giorno fa Oscar Gatto ha chiuso la sua carriera. Il corridore veneto ha disputato le ultime gare in Belgio. E proprio lassù ha preso la decisione: basta con il ciclismo.

Oscar appende la bici al chiodo dopo 14 anni di professionismo. Corridore molto veloce e uomo squadra, capitano e gregario. Ma quando ha avuto le sue possibilità se le è giocate alla grande.

Il feeling perduto

«Ad un tratto – racconta Gatto – ho sentito dentro di me che mancava qualcosa per correre in bici. Ho capito che era il momento di dire basta. Io non faccio mai le cose a caso. Ci pensavo già da un po’, ma alla fine la decisione l’ho presa la settimana scorsa. Un altro anno lo avrei potuto fare di sicuro. Ma il feeling con la bici, con gli allenamenti, con la corsa non c’era più».

Oscar Gatto (35 anni) sui muri del Fiandre
Gatto (35 anni) sui muri del Fiandre

Tra i primissimi a chiamare Oscar sono stati Luca Scinto e Angelo Citracca, coloro che hanno vissuto forse il miglior Gatto della carriera. Un rapporto verace, spontaneo il loro. Anche noi assistemmo a quelle trasferte in Belgio. E la battuta nel clan di Citracca era sempre pronta. 

«Devo dire che loro due mi hanno chiamato subito, ma lo hanno fatto in tanti. Anche il mio massaggiatore da dilettante, Raniero Gradi».

Un ragazzino grintoso

Primi passi nel professionismo sul finire del 2006, quando esordì nel Gp Beghelli. Oscar arrivò nel drappello di testa. L’anno dopo passò alla Gerolsteiner, prima di approdare alla corte di Scinto, all’epoca Isd Cycling Team. WolrdTour, Professional, ancora WorldTour. Il ragazzo diventa uomo. Si sposa, diventa papà…

«In tanti anni il ciclismo mi ha insegnato molto. Sono pronto a pedalare anche nella vita. Si dice sempre che se hai fatto il ciclista non sai fare nulla. Penso che la bici t’insegni a stringere i denti. E questa cosa te la ritrovi anche dopo. La fatica non si fa solo in sella.

«Ho girato il mondo. Ho imparato a vedere le cose sotto più punti di vista e non solo dal nostro mondo. Viaggiare ti dà prospettive più ampie. E ho imparato anche a conoscere le persone più a fondo, di alcuni ti puoi fidare e di altri no».

Il ragazzo di Montebelluna era senza dubbio un uomo veloce, però se la cavava quando le strade erano ondulate o c’erano momenti difficili. Strappi, vento e pavé. Se la cavava per lui e per i suoi capitani. Non è un caso che i suoi ricordi più belli siano legati a queste situazioni.

Giro 2011, Oscar alza le braccia davanti a Contador
Giro 2011, Oscar alza le braccia davanti a Contador

La perla di Tropea

Il clou è certamente quella mitica tappa del Giro d’Italia 2011. Si andava da Sapri a Tropea, 217 chilometri sotto il sole e i colori del Sud. Mare ed entroterra si alternavano senza sosta. La star del Giro era un certo Alberto Contador e in rosa c’era Peter Weening.

«E’ ancora è un’emozione quella tappa per me. Ricordo la scarica di adrenalina mentre taglio la linea d’arrivo. A metà corsa vado in ammiraglia e sparo anche due cavolate con Scinto. Gli dico: “Pitone (il soprannome del ds toscano, ndr), sull’ultima salita stacco tutti e arrivo solo”. Mi guarda ridendo e io stesso me ne vado sorridendo. Fatto sta che prendo lo strappo finale davanti. E non fu neanche così difficile quella “limata”. Sapete, la giornata perfetta. Mi alzo, scatto forte e vado. Solo ad un certo punto ho avuto paura. Fu l’unico momento duro della giornata. Vedo la sagoma di uno che mi insegue. Solo dopo ho saputo che era Contador».

Vincere davanti al Pistolero esaltò quella vittoria, che fu un vero capolavoro tecnico, tattico e atletico. La presa della salita, i tempi e la forza dello scatto furono perfetti.

Con Luca Scinto un rapporto di amicizia…
Con Scinto un rapporto di amicizia…

Quella volta da capitano

Il Nord è la seconda casa di Oscar. Con il Belgio ha sempre avuto un grande feeling. Tante volte è stato respinto, ma tante altre gli è andata bene, come alla Dwars door Vlaanderen 2013, importante classica.

«Era un giorno freddissimo – ricorda il corridore della Bora Hansgrohe – a tratti nevicava. Più andavamo avanti e più la gente si staccava. Io ero lì e stavo bene. Ai meno tre, parte Thomas Voekler e tra me e me dico: è andata. Poi Ian Stannard inizia a tirare sempre di più. Voekler sta quasi per arrivare e così penso: parto lungo, perso per perso… E invece la gamba rispondeva bene, spingevo forte e vinsi.

«Alla fine di quella stagione litigai anche con Scinto, perché avrei cambiato squadra. Poi le cose negli anni le abbiamo sistemate benone».

Sagan lo ha voluto con sé anche alla Bora-Hansgrohe
Sagan lo ha voluto con sé anche alla Bora-Hansgrohe

Quella volta da gregario

«Un altro ricordo a cui sono legatissimo – racconta Oscar – è la vittoria di Peter Sagan al Giro delle Fiandre. Correvo con lui alla Tinkoff. Quel giorno avevamo anticipato. Ad una trentina di chilometri ci riprendono. Peter si avvicina a me e mi fa: come stai? Io: bene. E lui: okay, proviamo una volta per uno. Allora io gli feci: Peter aspetta, il mio bene è diverso dal tuo! Così mi disse di tirare. Poco dopo partì come un fulmine. Lo seguì Kwiatkowsy, che lo aveva battuto pochi giorni prima ad Harelbeke. Però Sagan lo staccò. Per radio sentivo il vantaggio che aumentava e fu bellissimo. Io ero pronto a chiudere, ma mi godevo lo spettacolo di Peter. All’arrivo lui mi ringraziò subito e il suo abbraccio fu sincero. La sera dovevo rientrare, ma non presi quell’aereo. Restammo tutti insieme a fare festa nel mitico Park Hotel di Kortrijk».

E adesso? Adesso Oscar si godrà la famiglia. Ha in serbo diversi progetti, tutti fuori dal mondo del ciclismo. Prima però vuole fermarsi un po’, rilassarsi e schiarirsi le idee. In fin dei conti la sua volata l’ha appena finita.