Colladon approda tra i pro’, dopo un anno da zingaro

17.11.2024
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Tra gli italiani che hanno fatto il grande salto fra i professionisti c’è anche un ragazzo romano del quale si è sentito parlare molto poco. E la ragione è molto semplice: Jacopo Colladon ha svolto tutta la sua attività del 2024 all’estero, viaggiando molto, facendo capo per la prima parte di stagione in America e nella seconda nelle trasferte nell’Europa dell’Est.

Colladon è da anni uno dei componenti dell’universo della Novo Nordisk, la formazione americana che attraverso la sua attività svolge anche una vasta opera d’informazione legata alla patologia diabetica degli sportivi. Quest’anno Colladon, 21 anni, approda alla formazione professional, pronto a un nuovo salto di qualità, un traguardo che allo stesso tempo è anche un punto di partenza.

Colladon in allenamento al primo camp di gennaio. Per il romano quest’anno 36 giorni di gara
Colladon in allenamento al primo camp di gennaio. Per il romano quest’anno 36 giorni di gara

Gli inizi sul Lago di Albano

«Ho iniziato con la bici abbastanza tardi, a 10 anni – racconta con il suo tipico accento romano – all’inizio con la mountain bike perché adoravo pedalare dalle mie parti. Nella zona del Lago di Albano ci sono molti percorsi davvero divertenti e io ne approfittavo anche perché inizialmente non avevo ambizioni agonistiche, mi piaceva semplicemente divertirmi. Una volta però in una caduta mi sono rotto un polso e non potendo sopportare i sussulti della mtb, ho fatto a cambio con una bici da strada. Mi sono appassionato a tal punto da non lasciarla più…

«Ho iniziato a gareggiare da secondo anno allievo, prima con la Ss Lazio Ciclismo, poi da junior con il Team Coratti. Intanto però erano iniziate le selezioni per approdare alla Novo Nordisk e potendo ho aderito. Il processo è abbastanza complicato: c’è una prima selezione fra giugno e luglio che coinvolge ciclisti di tutto il mondo e dalla quale emergono 100 nomi. Una seconda selezione, effettuata attraverso test da fare a casa sui rulli, porta a 25 atleti, la terza e decisiva si è svolta in Normandia e ha premiato 4 atleti: io ero fra questi».

Jacopo al Tour of Rhodes. Il laziale era l’unico italiano nel devo team della Novo Nordisk (@nassostphoto)
Jacopo al Tour of Rhodes. Il laziale era l’unico italiano nel devo team della Novo Nordisk (@nassostphoto)

Sull’orlo del baratro e ritorno

Eppure l’inizio dell’avventura nel team nordamericano non è stato proprio dei migliori: «Durante la prima stagione sono caduto rovinosamente frantumandomi la clavicola. Uso questo verbo appositamente perché si era rotta in 4 punti e inizialmente si pensava che non si potesse aggiustare, che dovessero mettermi una protesi e quindi addio sogni ciclistici. Poi ho trovato un chirurgo bravissimo che invece è riuscito nel miracolo. Sono stato fermo 4 mesi, poi ho ripreso, ma nel frattempo avevo dovuto lasciare il team, correndo per la Linea Oro Bike Avezzano, una formazione più legata alla mountain bike. Alla fine dell’anno scorso però mi hanno ricontattato dalla Novo Nordisk, non mi avevano perso di vista, così sono tornato con loro».

La stagione di Colladon si è svolta tutta all’estero, dove faceva capo? «Diciamo che ho vissuto un’annata da zingaro, in totale sarò stato a casa 4 mesi, ma divisi in piccoli pezzi. Basti pensare che nella prima metà dell’anno ho fatto una trasferta in Grecia per il Tour of Rhodes, poi sono partito per gli Usa per un mese e mezzo, sono tornato a casa e dopo una settimana di nuovo sull’aereo verso l’America.

Davanti all’immensità del Grand Canyon. Il viaggio americano gli ha regalato grandi emozioni
Davanti all’immensità del Grand Canyon. Il viaggio americano gli ha regalato grandi emozioni

Gli Usa, poi il giro d’Europa

«La seconda trasferta a stelle e strisce sarebbe anche durata di più, ma ho preso una botta al ginocchio e sono tornato a casa per il periodo più lungo, nel quale sono stato anche a Livigno per riprendermi dall’infortunio e fare un periodo in altura. Nella seconda parte erano tutte gare a tappe con percorsi non adatti a me, tra Polonia, Austria, Bulgaria, ma almeno ho potuto dare una mano alla squadra».

Al di là dei risultati ottenuti, Colladon ha vissuto un’esperienza piuttosto originale gareggiando in gare americane solitamente non battute dai corridori del Vecchio Continente, guardandole con gli occhi di un ciclismo più legato a vecchi schemi: «Alcune corse cambiano abbastanza poco, ma molte sono organizzate in maniera diversa. In America prediligono i criterium, perché attirano più gente ad assistere. Sono gare su circuiti cittadini risicatissimi, basti pensare che a Washington ho gareggiato in una prova di 100 chilometri su un circuito di un chilometro con 7 curve… A me non piacciono, sembra di stare dentro a un frullatore anche perché sono giri stretti, dove si rischiano molte cadute. La particolarità è anche che hanno premi molto alti perché ci sono un sacco di sponsor».

Il laziale impegnato in un criterium americano. Una formula di gara spettacolare ma poco adatta agli europei
Il laziale impegnato in un criterium americano. Una formula di gara spettacolare ma poco adatta agli europei

Più la gara è dura, meglio è…

C’è però anche un rovescio della medaglia: «Ho avuto davvero l’opportunità di conoscere varie anime dell’America. E’ stato bellissimo gareggiare in California come in Arizona, ai 2.200 metri di Flagstaff, un posto neanche tanto grande che è completamente immerso nella natura. E’ davvero un premio per l’attività che faccio poter vedere così tanti posti».

Tornando all’aspetto tecnico, che corridore è Colladon? «Io mi definirei un passista che va anche abbastanza bene in salita, considerando che sono alto 1,84 e che ho sempre un certo peso da portare su. Non posso neanche dimagrire troppo perché ho visto che non funziona. Io mi trovo bene nelle corse dure, anche perché non sono per nulla veloce, ma più la gara è aspra, più vado bene e riesco a farmi vedere quando altri cedono alla stanchezza».

La Novo Nordisk ha fatto firmare a Colladon un biennale, puntando su di lui come uomo squadra
La Novo Nordisk ha fatto firmare a Colladon un biennale, puntando su di lui come uomo squadra

Tutto per la squadra

La promozione nella squadra principale è arrivata a sorpresa? «Mi avevano detto già a inizio stagione che sarebbe avvenuto, ma finché non ne hai la certezza, finché non metti quella benedetta firma sul contratto di sicuro non c’è nulla. Ora il mio obiettivo è poter lavorare al meglio per la squadra, ovunque mi vorranno. So che il livello si alzerà ma mi farò trovare pronto, puntando magari a emergere nelle corse a tappe con un occhio speciale alle classifiche per i più giovani».