Il team Biesse-Carrera vede arrivare una nuova figura che prenderà il ruolo di presidente: si tratta di Simone Boifava. Figlio di Davide Boifava, ex ciclista professionista che ha corso dal 1969 al 1978 e che ha scritto pagine indimenticabili di storia del ciclismo italiano. Una volta terminata la carriera sui pedali, Boifava è passato infatti in ammiraglia. Sotto i suoi occhi sono passati alcuni fra i più grandi nomi del ciclismo, da Visentini a Roche, poi Chiappucci e Pantani, Bartoli e Bettini. Il fatto che suo figlio Simone abbia deciso di entrare nel mondo del ciclismo ha aperto una serie di curiosità e domande a riguardo (a destra nella foto di apertura).
Di padre in figlio
Innanzitutto che cosa si ricorda del ciclismo vissuto in prima persona da papà Davide. Per poi capire quali sono le sue ambizioni e i suoi obiettivi come presidente di una delle società italiane maggiormente strutturate.
«Ho avuto la fortuna – dice Simone Boifava – di aver vissuto quell’epoca dal vivo. Mio padre ci ha sempre portati con sé nelle varie gare, quando la scuola ce lo permetteva. In quegli anni io ero tra il bambino e l’adolescente, un periodo della vita nel quale si costruiscono gran parte dei ricordi. Il primo che mi viene in mente legato al ciclismo sono le vittorie di Pantani e Chiappucci in maglia Carrera. Se penso a quel periodo mi pervade una grande gioia e altrettanta emozione. Ho avuto la fortuna di toccare con mano cosa vuol dire vivere una squadra di ciclismo, ma non mi era mai passato per la mente di poter diventare un giorno presidente di un team».
Delle gare vissute accanto a tuo padre cosa ti ha colpito maggiormente?
L’atmosfera all’interno della squadra: meccanici, massaggiatori, diesse, tutti erano amici e si viveva un clima sereno. E’ un ambiente che mi è sempre piaciuto frequentare e vivere in prima persona. Sicuramente il ruolo svolto da mio padre in un certo senso mi ha stregato e contagiato. Ero in una posizione privilegiata, anche se lui non era uno che amava raccontarsi. Tuttavia assaporare quei momenti mi ha sicuramente aiutato a raccogliere emozioni e conservarle nel cassetto della memoria.
Per quanti riguarda i successi sportivi hai qualche ricordo?
Quelle che mi sono rimaste più impresse sono le imprese di Chiappucci: la sua vittoria alla Sanremo nel 1991 e le sue galoppate al Giro e al Tour de France. Poi non posso non citare Marco Pantani, di lui ricordo i successi al Giro nel 1994 a Merano e nella tappa del Mortirolo. Anche la Liegi di Bartoli del 1998 è un qualcosa che mi è rimasto dentro.
Eppure mai avresti pensato di far parte di questo mondo, cosa ti ha convinto a cambiare idea?
Bella domanda! (ride, ndr). Negli ultimi anni ho sempre lavorato a stretto contatto con il ciclismo essendo parte dell’azienda Carrera, che fornisce le bici al team continental. Tuttavia sono mondi tanto diversi. Poi qualche mese fa la Biesse-Carrera ha cambiato un po’ a livello societario e Bruno Bindoni, presidente della Biesse il principale sponsor del team, mi ha proposto di entrare alla guida della squadra.
Perché hai accettato?
Le condizioni della sfida sono interessanti e affascinanti. Quello che mi ha spinto è stato il piacere di provare a cimentarmi in una nuova avventura, ma anche la consapevolezza di avere uno staff solido e valido. I diesse del team continental, Milesi e Nicoletti, ma anche Renato Galli, amministratore della società e diesse degli juniores. Un’altra figura di riferimento per me è Gabriele Scalmana, del G.S. Gavardo, squadra storica che nella quale ho corso e che continua a supportarci. Molti degli sponsor di quel team ci hanno poi seguito alla Biesse Carrera.
La vostra è una squadra grande, che prende tutte le categorie giovanili.
In maglia Biesse-Carrera un ragazzo può partire dai giovanissimi e arrivare nella continental. Anche a livello femminile abbiamo una struttura solida e che dona continuità. Il nostro obiettivo è di prendere i ragazzi, fin dai piccoli, e farli crescere. Creare un filo conduttore che li porti a restare da noi. Nel 2025 tre ragazzi del team juniores passeranno nella formazione continental e per noi è un bel traguardo.
Come si colloca una formazione come la vostra in questo ciclismo giovanile?
Questo sport ha attraversato una fase di grosso cambiamento. I team WorldTour negli anni, con l’avvento dei devo team, hanno svuotato i vivai delle formazioni nazionali. In una rincorsa perversa alla ricerca di giovani fenomeni.
Anche voi state cercando un approccio legato ai giovani?
A livello del team continental siamo concentrati maggiormente sui ragazzi under 23. Anche se nel 2025 ci saranno due eccezioni: rimarrà con noi Tommaso Dati e dalla Zalf arriva Federico Iacomoni. Loro due saranno gli unici atleti elite. Siamo una squadra che ha un vivaio forte e strutturato, quindi ci puntiamo molto.
Che obiettivi vi date per il 2025?
Dividerei questa domanda in due. Il primo è crescere dei ragazzi e dare loro una scuola di vita. Lo sport, dopo la scuola, è il secondo luogo dove si forma la personalità di un giovane. Ci si allena insieme, si passa tanto tempo a stretto contatto, tutto questo sviluppa la personalità di ognuno di loro. Sta a noi dare gli insegnamenti giusti. L’altro obiettivo è quello agonistico, siamo un team continental e gli sponsor ci chiedono anche questo. Vorremo riuscire a raccogliere qualche vittoria in più, alla fine lo sport vive anche di competizione.