RIOLO TERME – Due giorni di pioggia hanno cambiato un intero territorio. Due notti di angoscia e paura hanno lacerato l’Emilia Romagna con un alluvione senza precedenti che ha deviato la vita di molte persone. Tra queste c’è Flavio Zappi e il suo omonimo Racing Team situato sulle colline romagnole, precisamente a Riolo Terme a pochi passi dall’iconica Gallisterna dei mondiali 2020. Nove mesi fa vi avevamo raccontato della sua accademia che aveva appena messo le radici nell’hotel che di lì a poco sarebbe diventata la casa dei ciclisti U23 provenienti da tutto il mondo.
A maggio la struttura è stata sommersa da acqua e fango come la maggior parte delle case della Romagna. Siamo andati sul posto a quattro mesi di distanza dal disastro e, in punta di piedi, ci siamo fatti raccontare cosa è successo e come Flavio e i suoi ragazzi hanno saputo rimboccarsi le maniche per ripartire.
L’alluvione
Siamo stati ospiti di Flavio Zappi a gennaio quando attraverso il racconto del suo sogno ci aiutava a riempire le stanze vuote del suo hotel con progetti e un’idea che va oltre ciò che si conosce già. Quando questo sembrava prendere forma ecco che l’alluvione ha fermato tutto in due assordanti giorni di pioggia torrenziale.
«Ci sono voluti sei giorni – racconta Zappi – per cavare tutto il fango dall’hotel. Eravamo quasi pronti per partire con il nostro progetto del caffè dei ciclisti e avevamo appena aperto la struttura per i primi ospiti. In poche ore tutto si è azzerato. L’acqua ha iniziato a circondarci e dopo poco ci siamo ritrovati con tutte le stanze del piano terra allagate e piene di fango. Io e la mia compagna Maria Arroyo, insieme ai ragazzi non abbiamo perso tempo e abbiamo salvato tutto quello che si poteva portandolo ai piani alti. Eravamo talmente stremati che ci siamo addormentati in ufficio.
«Ci siamo mossi – prosegue Flavio – come una vera e propria squadra, i ragazzi erano spaventati ma allo stesso tempo non si sono persi d’animo e si sono rimboccati le maniche. Io non volevo che questo li traumatizzasse e interferisse con il loro obiettivo. Così dopo due giorni siamo andati a correre dimenticando di quanto era successo. Allo stesso modo volevo che si allenassero per far proseguire il loro percorso qui all’Accademy».
La ripartenza
Nelle parole di Flavio però si percepisce che nel suo carattere non ci sia la propensione a piangersi addosso. C’è chi giustamente dopo un evento così tragico avrebbe detto basta, ma per lui quella fase non è mai stata presa in considerazione.
«Il mio cuore è romagnolo – dice Zappi – credo nel progetto che abbiamo iniziato e non ho mai pensato di mollare nemmeno per un secondo. Siamo ripartiti da squadra, ci siamo aiutati l’uno con l’altro e oggi eccoci di nuovo pronti». Proprio così quale stanze vuote che abbiamo visto a gennaio, poi riempitesi di fango, oggi raccontano ciclismo in ogni centimetro quadrato. Merito anche di Maria Arroyo, colombiana Doc che vive il ciclismo con passione e si occupa per l’accademia di tutto quello che Flavio non fa.
I colori del ciclismo sono su ogni parete. «Siamo come una famiglia – spiega Maria Arroyo – i ragazzi vengono qua per un sogno e scoprono che c’è tanto altro. Noi gli facciamo conoscere la cultura italiana e di questo sport, e gli insegniamo a prendersi cura anche di questa struttura dando il loro contributo come possono».
Ci sono le maglie appese sui muri con la scritta Zappi, dipinta con le tonalità delle nazioni di ogni atleta. Una libreria con libri di ciclismo e poi una parete con le foto che ripercorrono tutta la storia del team Zappi, da Ben Healy, James Knox, Marc Donovan, Charlie Quarterman e tanti altri.
Maglia bianca
Insieme a Zappi c’è un signore che ci accoglie. «Lui è Marco Groppo – dice sorridendo Zappi – vincitore della maglia bianca del Giro d’Italia 1982 davanti ad un certo Laurent Fignon. Suo figlio Riccardo ha corso con noi quest’anno e adesso ha scelto di proseguire con gli studi universitari. Io e Marco abbiamo corso insieme fin da giovani e ora fa parte di questo progetto mettendo al servizio la sua esperienza».
«Non ho mai visto – dice Groppo – lavorare così tanto una persona come Flavio. Non si ferma mai. Mi ha chiesto di aiutarlo in questo suo progetto e dopo l’esperienza di mio figlio ho risposto presente. Avere ragazzi da tutto il mondo è qualcosa di speciale. Insegnare il ciclismo e conoscere tutte le culture è una fortuna. Qui a Riolo Terme, c’è il contesto ideale per loro, si può fare gravel, MTB, strada su percorsi allenanti e tranquilli».
Ci colpisce una foto, anzi la foto. Ogni appassionato, ma non solo, l’ha vista almeno una volta nella vita. Il passaggio di borraccia tra Coppi e Bartali.
«Questa me la regalò Gino in persona – racconta emozionato Groppo – durante la festa a casa mia per la maglia bianca dell’82. E’ autografata e voglio che sia d’ispirazione per i ragazzi. Una sera siamo stati qui seduti ad ammirarla con loro cercando di risolvere l’arcano mistero di quel passaggio di borraccia.
«I ragazzi di oggi conoscono poco la storia di questo sport. Sono troppo tempestati dai social e da questo mondo delle due ruote che va i tremila sotto un continuo stress. Quello che mi piace del progetto di Flavio è anche questo. Questa è una scuola di vita oltre che di ciclismo».
Il team e i giovani
I minuti scorrono e tra un discorso e l’altro Marco e Flavio si beccano come da ragazzi, forse il segreto della loro passione deriva anche da qui. Per il 2024 c’è il progetto del team juniores che si affiancherà a quello U23. Lo scopo sarà quello di dare più continuità all’accademia, insegnando il ciclismo qui in Italia. Il Racing team di Zappi è l’unione di ragazzi provenienti da ogni angolo del pianeta.
«A livello di nazionalità – spiega Zappi – quest’anno abbiamo due americani, un messicano, un colombiano forte, un irlandese, due neozelandesi, un australiano e infine gli inglese. Anche se con la Brexit quest’ultimi sono meno tutelati degli stranieri che godono di visti sportivi migliori. Per l’anno prossimo avremo anche il team juniores che ci permetterà di crescere i ragazzi e dargli una qualche garanzia in più su una crescita costante.
«Una cosa che ci sta a cuore – conclude Flavio – è cercare di insegnare i valori di questi sport senza che l’ambizione li corroda dentro. Non tutti passano professionisti e chi non ce la fa non deve viverlo come una sconfitta. Il nostro scopo è quello di dare tutti gli strumenti per farlo nel modo più sano possibile».
E’ arrivato il momento di salutare Flavio e gli lanciamo una provocazione: «Forse l’unico modo per comunicare quanto di bello state facendo sarebbe proprio vincere…».
La risposta di Flavio non si fa attendere: «Certo, ma a chi mi dice così chiedo sempre quanti corridori può dire di avere fatto passare in World Tour (alludendo a Ben Healy, James Knox, Marc Donovan, Charlie Quarterman, ndr)».