COL SAN MARTINO – Le aspettative con le quali il giovane Simone Zanini era passato al team Astana Qazaqstan Development erano di per sé elevate. Non è facile entrare nel ciclismo che conta con un cognome così importante. E a maggior ragione non lo è stato entrando nel team dello zio Stefano. Nulla passa inosservato all’esterno e quando sei al centro dell’attenzione tutto forse si complica.
Debutto difficile
Alle attenzioni che arrivavano dall’esterno, sulle spalle di Simone Zanini sono arrivati anche dei risultati non troppo incoraggianti. Una prima stagione difficile nel team kazako, fatta di corse, ma pochi squilli, nessuno in pratica.
«Rispetto a quanto fatto nel 2023 – racconta al via del Trofeo Piva – la squadra non dico che è rimasta soddisfatta, ma quasi. Comunque sia ero al primo anno di categoria e con la scuola non è stato per nulla facile. Ho raccolto due decimi posti in Bulgaria, per il resto è stato un anno di esperienza. Anche questa stagione non è iniziata al massimo, ma bisogna avere pazienza, perché di corse ce ne sono tante».
Qual è la cosa che ti ha messo più in difficoltà?
Il cambio di ritmo – dice subito, senza quasi farci finire la domanda – l’ho sofferto molto. Non tanto i chilometri, perché dopo un po’ ti abitui, ma il ritmo di gara. Sia in salita che in pianura diventa davvero fastidioso a lungo andare.
Nel senso di percorrenza?
Sì. Me ne sono accorto anche guardando i dati, a casa. In salita, rispetto a quando ero junior, ho dovuto imparare un nuovo modo di pedalare. Migliorare in efficienza e velocità, risparmiando energie, ma comunque provando a guadagnare quei due o tre chilometri orari. Già l’anno scorso soffrivo la grande velocità in salita, quest’anno si è alzata ancora di più.
Tu arrivavi da una squadra piccola, raccontaci la difficoltà maggiore che hai trovato nell’adattarti a un team così grande.
La lingua sicuramente, anche se piano piano ti abitui. I primi mesi da questo punto di vista sono stati i più duri, perché poi ho avuto un po’ di problemi con il reparto kazako. Hanno fatto fatica ad aprirsi con me, ora invece è quasi una seconda famiglia. Poi ci sono le aspettative.
Raccontaci…
Arrivare in un team famoso, e il cognome che mi porto dietro, non è stato facile. Erano più aspettative mie, la squadra non mi ha mai caricato di nulla. Sono stato io a darmi maggiori pressioni, sbagliando.
Com’è essere uno Zanini che corre in Astana?
Sento di essere conosciuto, e non è così facile a volte. Il 2023 mi è servito anche per imparare a fregarmene un po’ di meno rispetto a quello che arriva da fuori.
Ci avevi detto di essere uno scalatore, dopo un anno tra gli under cosa ci dici?
Che se si parla di strappi corti ed esplosivi riesci ancora ad essere lì. Quando invece si va su salite lunghe, ci sono persone più portate di me, per caratteristiche e watt/chilo, che hanno un altro passo. Potrò sempre migliorare, ma non riuscirò ad essere come i migliori scalatori al mondo.
Hai cambiato modo di allenarti?
Ho cambiato preparatore rispetto allo scorso anno e stiamo lavorando su tutti gli aspetti fuori soglia, che sono quelli che mi mancano maggiormente. Stiamo provando degli esercizi e dei lavori specifici che mi permettano di migliorare. Ad esempio ci stiamo concentrando sui cinque minuti a blocco o i 30/30.
Hai avuto modo di correre con i professionisti, lì cosa hai visto?
E’ incredibile come sia un mondo completamente differente rispetto agli under 23. La corsa parte allo stesso modo: un’ora a fuoco, poi si sgancia la fuga, ci si rilassa, e poi l’ultima ora e mezza ancora a fuoco. Correre tra i grandi aiuta a capire e prendere le misure, non è facile, ma si fa.