ROMA – Roberto Amadio, nuovo cittì della nazionale dei professionisti, vive il cambiamento con il sorriso ironico di chi non ci aveva proprio pensato. Veneziano di Portogruaro, classe 1963, è stato corridore, poi team manager di varie squadre fino all’ultima Cannondale del 2014. Poi ha fatto l’organizzatore di corse in Argentina.
Nel 2020, quando Cordiano Dagnoni è stato eletto presidente federale, Amadio è diventato il team manager delle nazionali. Le ha strutturate come si fa in un team WorldTour e nel frattempo l’incarico di tecnico azzurro è passato dalle spalle di Cassani a quelle di Bennati e poi per un solo anno a Villa. Quando infine Viviani ha deciso di smettere e si è fatto di lui il nuovo team manager, Villa è stato tolto senza esitazione dall’ammiraglia dei pro’ e al suo posto è salito il veneziano.
«E’ un passaggio facile – ci dice Amadio in occasione del Giro d’Onore della Federazione – perché ritorno a un ruolo tecnico che ho rivestito per tanti anni. Oltretutto essere il cittì della nazionale maggiore è sicuramente un onore. Però non pensavo che sarebbe successo. Adesso che ho iniziato a sentire i ragazzi e a muovermi con le squadre, si è riaccesa la fiammella che avevo un po’ spento e mi sto divertendo. Anche perché (sorride, ndr) passo dal seguire 12 specialità a concentrarmi solo sulla strada, quindi per me è sicuramente un vantaggio».




Come è fatto secondo Amadio il cittì della nazionale?
Innanzitutto è un selezionatore, perché soprattutto adesso gli atleti sono gestiti totalmente da squadre importanti, strutturate dalla A alla Z. Il mio ruolo è quello di capire quali sono i ragazzi che possono adattarsi a un certo tipo di percorso e poi fare con loro un lavoro di avvicinamento e di scelte.
Caruso ci ha detto che lo hai chiamato: quindi sei già all’opera?
Sì, ho già iniziato. Credo che sia importante accendere quella fiammella ai corridori, come appunto a Damiano, dicendogli che potrebbero essere convocati per il mondiale o per l’europeo. E’ importante che ogni tanto ci pensino e soprattutto che siano al corrente della possibilità nel momento della stagione in cui con le squadre parlano dei programmi. Poi è chiaro che si farà la selezione fra chi va più forte, anche in base a chi sarà il leader. Ho fatto un giro di una ventina di atleti. Giovani e meno giovani, per scaldare la voce, per riabituarmi…
Da team manager azzurro hai avuto come cittì Bennati e poi Villa, che cosa hai imparato da queste esperienze?
Sto dando continuità al lavoro fatto da Daniele e da Marco. Il concetto è quello di squadra, che come Italia è sempre la nostra forza. Anche perché contro i fenomeni attuali, il testa a testa lo perdi, quindi per essere protagonista devi cercare di costruire una squadra per inventarti qualcosa. E sto dando continuità soprattutto a quello che ha fatto Marco quest’anno con i giovani. Ne ho sentiti parecchi, molto stimolati. In questo momento, far coincidere gli interessi dei ragazzi, della nazionale e delle squadre non è semplice.


In questo la tua esperienza di team manager di squadre WorldTour può aiutare?
Mi ricordo benissimo com’era. Io sono sempre stato molto disponibile, non solo con gli atleti ma anche con i mezzi: ho messo a disposizione sempre tutto quello che serviva. E’ chiaro che per ora mi risulta più facile parlare con Guercilena piuttosto che con un manager straniero, perché ci capiamo e abbiamo lo stesso modo di vedere le cose. Però ne ho sentiti tanti, ho approfittato del convegno UCI sul WorldTour per parlare anche con altri manager.
Andandoti a presentare?
Mi conoscono già, ma gli ho detto che sentirò i loro atleti e che mano a mano che ci avvicineremo all’appuntamento inizieremo a intensificare i contatti, per capire meglio il calendario. Ci sarà chi fa la Vuelta e chi corre Quebec e Montreal. Magari loro è bene che rimangano in Canada, visto che il mondiale si corre là, per risparmiarsi di fare avanti e indietro. Ci sono anche un po’ di aspetti tecnici che stiamo perfezionando e che dovremo definire entro maggio e giugno.
Che cosa sappiamo dei percorsi di mondiali ed europei?
Il percorso del mondiale si conosce, è sul circuito di Montreal. La novità è che ci sono 100 chilometri in pianura e poi 12 giri finali sul circuito della gara WorldTour. E’ un percorso impegnativo per i soliti corridori, da Pogacar a Van Der Poel per cui forse è un po’ troppo duro. Noi fra gli altri abbiamo Ciccone e Pellizzari. Vediamo come arriveranno, ma sicuramente possiamo essere protagonisti.


E gli europei?
Ho avuto delle indescrizioni e anche lì purtroppo sarà un percorso impegnativo. Saremo vicino a Lubiana, in Slovenia, e credo ci sarà un dislivello importante anche lì. Quindi più o meno si tratterà degli stessi atleti con qualche inserimento nuovo.
Il team manager che parla con Amadio sa di avere davanti un collega e quindi trova più facile parlare chiaramente?
La mia esperienza mi agevola. C’è un rapporto molto schietto, è inutile girare intorno a tanti discorsi. E’ importante avere chiarezza sia con gli atleti sia con le squadre, perché ti permette di individuare subito la strada giusta.
Dovrai stare anche vicino a Viviani in questo suo ruolo di team manager?
Elia è passato professionista con me e ci sentiamo in continuazione. Mi chiama quando ha bisogno e io sono sempre a disposizione. Giustamente però credo sia giusto che porti anche le sue idee il suo modo di lavorare. Io ho lavorato e ragionato come Roberto Amadio, Elia saprà fare la sua strada.