Con l’attività provvisoriamente ferma, affrontiamo con Michael Morkov un argomento scottante. Sono giorni di grandi sommovimenti nel ciclismo danese, scosso dalla chiusura della nazionale di Mtb: stop ai fondi federali e soprattutto il licenziamento in tronco del cittì Mads Boedker. Era stata la stessa federazione danese a comunicarlo avvertendo tutti i nazionali (nomi di un certo peso del panorama offroad, tra cui anche gente a mezzo servizio con la strada come il pluricampione del mondo Albert Withen Philipsen) che avrebbero dovuto pagarsi di tasca propria (o meglio, con il sostegno dei club) attività e trasferte internazionali, anche per le prove titolate.
La notizia aveva scosso l’ambiente, tante le proteste non solo dal mondo delle ruote grasse e non solo da quello ciclistico. La Federazione poi è tornata sui suoi passi, trovando un accordo con l’azienda CeramicSpeed per nuovi fondi potendo così riassumere Boedker e garantire l’attività di base. Ma chiaramente il rumore è stato tanto, come anche le implicazioni su tutto il ciclismo danese, anche quello su strada. In fin dei conti parliamo di uno dei movimenti di punta dell’attuale momento, quello che con Vingegaard e Pedersen è praticamente una delle poche vere alternative al dominio di Pogacar.


Michael Morkov ha assunto quest’anno il ruolo di cittì della strada e non si tira indietro nell’affrontare un argomento certamente spinoso, partendo da un’analisi della stagione che aveva portato più di qualche sorriso: «Penso che sia stata fantastica. Probabilmente una delle migliori stagioni che abbiamo mai avuto tra i professionisti, con tante vittorie. Avere Jonas Vingegaard e Mads Pedersen al secondo e terzo posto nella classifica mondiale è davvero impressionante».
L’attività danese si basa quasi interamente sul Programma Elite: come funziona?
Noi tecnici siamo chiamati a gestire l’attività puntando quasi tutto sulle prove titolate. Questo perché abbiamo un calendario ridotto e un budget limitato, non abbiamo molte attività. Siamo quindi chiamati a farcelo bastare, ma va anche detto che il calendario generale non lascia molti spazi, i corridori sono sempre impegnati con i loro team.


Nelle settimane scorse si era parlato di problemi economici per la nazionale danese di mountain bike. I problemi coinvolgevano anche quella su strada?
Certo, è tutto nella stessa federazione. Ho seguito con molta apprensione tutta la vicenda, conoscendo personalmente anche i protagonisti. Il problema è molto più grande, non riguarda solo la mountain bike. Già da anni i fondi sono stati tagliati per la pista, per la strada e per il bmx e sono davvero straordinari i risultati che riusciamo a conseguire, ad esempio con il quartetto dell’inseguimento. Quindi, ovviamente, tutto è molto limitato e non abbiamo molte risorse.
Come è strutturato il tuo lavoro durante la stagione? Ci sono ritiri di allenamento e la nazionale partecipa alle gare indossando la divisa della nazionale?
Io sono tecnico sia per gli elite che per gli under 23 – risponde Morkov – quindi concentriamo su questa categoria gli sforzi, anche economici. Questa stagione abbiamo fatto tre prove di Nations Cup con la nazionale e poi abbiamo partecipato a gare UCI danesi come il GP di Herning. Siamo stati presenti alla prima edizione della Copenhagen Sprint, che era una gara del WorldTour e poi al Giro di Danimarca. Il tutto oltre naturalmente alle prove titolate per entrambe le categorie. Uno sforzo di non poco conto, ma era fondamentale esserci, non possiamo limitarci a europei e mondiali


La Federazione Danese, come altre federazioni sportive, riceve sostegno statale come nel caso dell’Italia attraverso il Comitato Olimpico Nazionale?
Certo che sì e questa è in realtà la nostra principale fonte di sostentamento – spiega Morkov – che proviene dalla federazione e in prima istanza dal governo. Ma purtroppo, a differenza di altri Paesi, la Danimarca non sta supportando il mondo dello sport con grandi risorse. Non so come funzioni da voi, ma i fondi messi a disposizione sono praticamente gli stessi dagli ultimi 10 o 15 anni. Non c’è una compensazione direttamente proporzionale in base ai risultati conseguiti, nel ciclismo come in qualsiasi altro sport e questo pesa. Rispetto ai nostri avversari, penso che siamo molto indietro in termini di risorse.
Proviamo a chiudere con qualche nota di ottimismo: quest’anno Vingegaard ha corso gli europei, speri di averlo al mondiale il prossimo anno?
Assolutamente sì. Spero di riuscirci perché come cittì ho ovviamente un grande interesse nel far partecipare tutti i talenti ai mondiali, dove i più giovani possono accumulare esperienza importante e mettersi in mostra per il resto del ciclismo mondiale, ma dove anche i grandi campioni possono dare lustro alla maglia e lottare per le medaglie. E ancora più importante, ovviamente, è che i campionati siano sempre una forte motivazione per tutta la stagione. Quindi la priorità è avere tutti i migliori. E’ un peccato che quest’anno non abbiamo potuto partecipare con il nostro miglior team, cercherò di fare del mio meglio per rientrare nel budget così da poter portare anche qualche corridore di talento per i campionati del mondo.


Quali sono le tue speranze per il movimento ciclistico danese nel 2026?
Innanzitutto di continuare a sviluppare i giovani corridori. Abbiamo molti elementi interessanti tra gli under 23 e gli under 19. E penso che uno dei miei doveri più importanti per il mio ruolo sia quello di aiutare questi giovani corridori nei primi passi prima di diventare professionisti. E poi, naturalmente, spero sinceramente che Mads e Jonas possano mantenere, come anche Skjelmose, il loro altissimo livello internazionale e continuare a ottenere grandi vittorie con questi tre corridori.
Morkov, il tuo amico e rivale, Elia Viviani, è alla fine della sua carriera. Alla Sei Giorni di Gand sta salutando l’attività agonistica. Che cosa ne pensi?
In realtà è un po’ triste che finisca la sua carriera perché mi piace sempre seguire Elia. Ho parlato con lui l’altro giorno e gli ho detto che alcuni dei miei migliori anni da ciclista sono stati quelli trascorsi in squadra con lui, dove abbiamo lavorato molto bene insieme alla Quick Step. E’ un mio caro amico e mi mancherà vederlo correre, soprattutto mi mancherà vederlo correre in pista. Anche se credo che ci incontreremo spesso, per i nostri rispettivi ruoli se entrerà a far parte della federazione italiana.