Miguel Angel Lopez, un sassolino tira l’altro

21.10.2021
6 min
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Lopez ha tante cose da dire. E anche se parrebbe aver firmato un accordo con la Movistar per non parlare più di alcune, sulle altre vuole fare le sue precisazioni. Il contratto con l’Astana ha il sapore del ritorno a casa, ma sul passato con la Movistar restano domande, dubbi e ombre. Il ritiro dal Tour e quello ancor più eclatante dalla Vuelta, seguiti dalla rottura del contratto, restano punti dolenti. Il collegamento video con la Colombia è una delle poche eredità utili del Covid e il discorso entra subito nel vivo.

Il suo arrivo alla Movistar era stato salutato come se si fosse trovato l’erede di Quintana, ma non ha funzionato
Il suo arrivo alla Movistar era stato salutato come se si fosse trovato l’erede di Quintana
Che stagione è stata?

Sono arrivato al Tour non troppo bene. Il 2021 è cominciato tardi per il Covid e a maggio praticamente ho corso tutti i giorni per recuperare il terreno perso. Sono arrivato in Francia stanco. Nella prima settimana sono rimasto in mezzo a qualche caduta e sentivo di non brillare, così mi sono messo a disposizione di Mas. Ero stanco, non recuperavo. Nella terza settimana ho cominciato a stare meglio, ma a quel punto mi è stato detto di ritirarmi.

Perché?

Ha stupito anche me. Mi sono chiesto perché Eusebio (Unzue, team manager della Movistar, ndr) e i direttori mi abbiano spinto a lasciare. Io volevo arrivare a Parigi a testa alta e lo stavo facendo con la passione che mi caratterizza. Così il giorno dopo la vittoria di Pogacar al Col du Portet, sono andato a casa (Lopez in realtà aveva chiuso quella tappa a quasi 12′ di distacco, ndr).

Quali motivazioni ti sono state date?

Che dovevo prepararmi bene per la Vuelta.

A giugno 2021, preparando il Tour, Lopez ha vinto la Mont Ventoux Denivele Challenge
A giugno 2021, preparando il Tour, Lopezha vinto la Mont Ventoux Denivele Challenge
Per questo stesso motivo non sei andato alle Olimpiadi?

Tutti gli sportivi sognano di parteciparvi, soprattutto per noi scalatori Tokyo era una grande occasione e io sapevo di essere nei programmi del selezionatore colombiano, perché alcuni erano infortunati e altri messi male. Io stavo bene, in crescita. Ma ancora Unzue ha detto che sarebbe stato uno sbattimento eccessivo e non mi ha permesso di andare. Avrei dovuto lottare per vincere la Vuelta o stare con i migliori.

Invece ti sei ritirato…

La riflessione che mi viene da fare è che nella vita bisognerebbe scegliere di stare in un ambiente in cui ti trovi bene e ti senti rispettato. E’ difficile ricordare nel dettaglio cosa è successo nella tappa in cui mi sono ritirato. La gente l’ha letto come una mancanza di rispetto, è facile parlare. Io so come stavo e quanto avevo lavorato. Nessuno mi ha mai regalato niente, ho voltato pagina e mi sto impegnando per tornare al livello dei migliori.

E’ vero che hai firmato una clausola per non parlare più di queste vicende?

Al momento di rompere il contratto che mi legava a Movistar per i prossimi due anni, ne ho firmato uno che includeva delle clausole. E’ meglio non parlare più del passato e guardare avanti.

Come procede la preparazione?

Ho fatto lo stop più lungo da quando corro, recuperando energie e traendone di veramente super stando a casa con la famiglia. Ho morale. So che alla Vuelta di quest’anno, almeno in salita sono stato vicino a Roglic più che mai in precedenza. Dovrò certo lavorare meglio per la crono, ma sto seguendo la giusta tabella.

Come mai l’Astana?

Non ho avuto alcuna difficoltà a trovare la squadra. Ma a questo punto è meglio sapere dove vai e come funziona il nuovo ambiente. Il giorno dopo il ritiro dalla Vuelta ero già in trattativa con loro. Mi conoscono da quando ero un neopro’, ho lasciato casa per correre con loro. Credono in me. In questi due anni con la Movistar, non mancavo mai di passare vicino al pullman dell’Astana per salutare direttori e meccanici. Il rapporto è sempre rimasto buono.

E allora perché cambiare?

Nella vita si fanno delle scelte, senza sapere se andranno bene o male. Esperienze che ti insegnano come stare al mondo. Con Movistar ho avuto una buona stagione, con 4 vittorie. Ho rinnovato il contratto per due anni prima del Tour, prima di sapere che mi avrebbero spinto a ritirarmi, che non mi avrebbero mandato a Tokyo e prima della Vuelta. Da un giorno all’altro nel ciclismo le cose possono cambiare. Per cui ringrazio Unzue per avermi fatto entrare per due anni nella loro famiglia. Ringrazio i gregari per il lavoro straordinario che hanno fatto e che non viene mai ripagato abbastanza. Ma andare via di lì è stato la cosa migliore che potesse capitarmi. Non mi ritirerei di nuovo, questo no. Ma è successo e si deve accettare. Potevo salire sul podio della Vuelta, avevo il motore e la qualità per lottare sino alla fine.

Pensi che nel prossimo reality di Netflix sulla Movistar si racconterà la tua storia?

Non so se stiano lavorando alla terza serie, sono fuori da più di un mese. Ma non mi riguarda.

All’Astana troverai Nibali…

Ho corso con lui nei primi due anni da professionista, è un grande corridore e un grande atleta. E’ molto esperto, non avrò problemi di convivenza. Come molto esperto è anche Henao e Moscon è fortissimo. Tanti corridori sono usciti, tanti cambi hanno rinforzato la squadra. Ci saranno gli uomini che servono per i grandi Giri.

Il Giro o il Tour?

Il Giro bisognerà vederlo, il Tour ha belle montagne, ma anche tappe a rischio ventagli, il pavé e 60 chilometri a cronometro. Mi piacerebbe, ma ci sarà da parlare con i direttori. Quello che conta è ritrovare le gambe e l’amore di sempre, degli obiettivi si parlerà poi.