Il metodo Perusini, tecnico azzurro della pista paralimpica

14.08.2023
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GLASGOW – Alla guida del settore pista del paraciclismo c’è Silvano Perusini, friulano, una lunga esperienza tecnica nelle categorie giovanili e ora indicato dai suoi atleti come fautore del salto di qualità. Lo abbiamo incontrato per la seconda volta nella Sir Chris Hoy Arena, dopo l’argento della velocità a squadre.

La prima volta, celebrata con un abbraccio, risale al giugno del 2021, quando assieme ad altri amici Silvano accompagnò Riccardo Piccini nel suo lungo viaggio in bicicletta dal Friuli a Roma, per portare in Vaticano la figlia Silvia, uccisa da un’automobilista. E forse anche questo apre uno spaccato sulla sua personalità e conferma in modo indiretto la disponibilità di cui parlano i suoi atleti.

Le tre medaglie di Claudia Cretti e quella del tandem compongono una bella base su cui lavorare in vista dei prossimi mondiali di Rio e le Paralimpiadi di Parigi.

Andrea Tarlao ha sfiorato il bronzo nell’omnium, preceduto dal brasiliano Lauro Chaman
Andrea Tarlao ha sfiorato il bronzo nell’omnium, preceduto dal brasiliano Lauro Chaman
Allora Silvano, sei soddisfatto di come è andata?

Non mi ero fissato dei particolari obiettivi di prestazione, per quanto riguarda l’aspetto atletico. Ma ci interessava fare esperienza, anche perché ho un gruppo prevalentemente nuovo. Su 11 atleti che partecipano al mondiale, 8 sono alla prima esperienza. Abbiamo dei ragazzini veramente giovani e dei talenti, che però non hanno mai corso. E non parlo del mondiale, ma proprio di prime gare in assoluto. Quindi siamo veramente alle prime esperienze. Per quanto riguarda le prestazioni, sono molto contento perché siamo andati al di là anche di quello che potevo preventivare. Ho visto un’altissima motivazione, nonostante ovviamente le tensioni qui siano state alte.

C’era da valutare anche l’aspetto psicologico?

L’ansia da prestazione può essere molto elevata, soprattutto in un mondiale per ragazzi abbastanza giovani. Ma io sono soddisfatto perché il gruppo si è reso protagonista in tutte le gare alle quali ha partecipato. Li ho visti veramente determinati e convinti e questo mi fa ben sperare. Il gap con le altre nazionali è ancora elevato, ma nonostante questo siamo riusciti a prendere delle medaglie e anche altri due quarti posti e altri piazzamenti nelle prime dieci posizioni.

Quindi bilancio positivo?

Sono molto soddisfatto, perché ci sono veramente delle superpotenze alle quali è difficile avvicinarsi in un periodo breve. Dobbiamo lavorare sulla programmazione, sui materiali, ma anche sulla base per la promozione di un movimento che su pista fatica a crescere. Il problema principale secondo me attualmente è proprio che in Italia non c’è attività paralimpica su pista. Abbiamo gare su strada, c’è qualche gara di bike, però niente per la pista.

Questi risultati quindi sono un piccolo miracolo?

Siamo venuti con una buona preparazione, però ci siamo arrivati senza correre, facendo solo allenamenti. Nell’affrontare determinate specialità, in cui si deve correre in gruppo affiancati agli avversari, abbiamo avuto qualche problema tecnico nell’interpretazione della gara. In termini della tattica da assumere in determinati frangenti…

Come si risolve, chiedendo a qualcuno di organizzare gare in Italia o girando l’Europa?

Abbiamo due obiettivi. Uno è curare il gruppo che ho a disposizione e farlo crescere, quindi fare esperienza a livello internazionale. L’altro è fare promozione sul territorio, responsabilizzando un po’ tutti quelli che ci circondano come nazionale, a partire dalla Commissione paralimpica nei Comitati Regionali, passando per la promozione di base fatta dal CIP. Abbiamo bisogno di un’opera collegiale, grazie alla quale come nazionale possiamo individuare anche dei talenti nuovi o comunque delle persone interessate a fare attività ad alto livello.

Come nasce il tuo coinvolgimento?

In realtà è nato parecchi anni fa. Io sono un laureato in Scienze Motorie e lavoro da diversi anni in un centro di riabilitazione per tetra e paraplegici. Faccio l’avviamento allo sport per i disabili, quindi sono quotidianamente a contatto con dei fisiatri e con medici. Avevo già iniziato a collaborare con delle società che si occupavano di paralimpico, per cui è una cosa che seguo professionalmente da anni. E poi l’anno scorso c’è stato il coinvolgimento da parte della Federazione che mi ha dato l’incarico della pista.

Ecco il doppio equilaggio dei tandem che hanno preso l’argento: Colombo-Bissolati, Meroni-Ceci
Te ne eri già occupato, giusto? Eri fra l’altro il direttore della pista di Pordenone.

Venivo dalla pista e avevo già avuto esperienze in nazionale. Parecchi anni fa ho guidato quella degli juniores, quindi per me questo incarico è veramente una soddisfazione. Riesco a lavorare a questi livelli in un ambito nel quale credo molto, perché per me la miglior cura per la disabilità è proprio l’attività motoria. Attraverso lo sport possono raggiungere l’autonomia.

I corridori con cui lavori parlano molto bene di te.

Mi fa piacere, abbiamo un buon rapporto. Gli dico sempre: «Io non pretendo che facciate le cose che non potete fare, però vi voglio sempre protagonisti, non solo durante la gara, ma anche nei momenti collegiali e nei momenti a casa». Devono veramente essere protagonisti della loro vita. E il risultato si è visto in gara, dove mi sono piaciuti tantissimo per la determinazione che hanno mostrato.