Fra Livigno (e il Veneto) con Albanese e Stefano Zanatta

30.06.2021
5 min
Salva

Albanese ha voltato pagina. Lo dice lui, lo dicono i risultati e lo dice Stefano Zanatta, il suo direttore sportivo. Sono passati sei mesi da quando sentimmo il corridore all’inizio del suo percorso con la Eolo-Kometa e dalle prime uscite a oggi il corridore ha cambiato fisionomia e modo di parlare. Il Giro d’Italia ha mostrato anche una faccia che probabilmente non sapeva di avere: quella dell’uomo squadra.

«Aiutare un altro a vincere – dice Albanese dal ritiro di Livigno – non è come farlo di persona, sarei bugiardo. Però serve anche questo. Il giorno dello Zoncolan sul pullman decisero che Fortunato doveva andare in fuga e per essere certo che la prendesse, gli dissero di mettersi a ruota mia. Lui è stato bravo, non mi ha mollato per 10 chilometri e quando ci siamo trovati in fuga, ho tirato come un matto per portarlo alla salita con il vantaggio giusto. Anche queste sono soddisfazioni».

Ivan Basso e Stefano Zanatta subito dopo la vittoria di Fortunato sullo Zoncolan
Ivan Basso e Stefano Zanatta subito dopo la vittoria di Fortunato sullo Zoncolan

Tirato come mai prima

“Vincio” è magro come non lo abbiamo mai visto. Da quando lo raccontavamo vincere fra gli under 23 è passato qualche anno, per cui anche il suo modo di parlare adesso è più posato. Sta alla larga dai sassolini nelle scarpe, preferendo toglierli quando nessuno può vederlo.

«Mi è scattata la rabbia – dice – ero arrivato a un passo dal non trovare squadra e ho voluto dimostrare qualcosa a me stesso e a chi pensava che fossi finito. Devo molto alla Eolo-Kometa. A un direttore sportivo come Zanatta, ma anche a Sean Yates che al Giro ci ha dato un grande supporto su come correre. E poi ha ragione Basso, lo staff e la struttura hanno permesso a tanti con i miei stessi problemi di rilanciarsi. E’ la squadra dei rilanci…».

Il ruolo di Zanatta

Qual è stato il ruolo di Zanatta nella sua rinascita? E che cosa ha trovato dopo averlo accolto tra i professionisti negli anni della Bardiani?

«Sicuramente – dice Stefano – ho visto un bel cambio di approccio con la professione, dovuto certo al cambio di squadra e agli anni che passano. Vincenzo è entrato subito in sintonia, ha perso quel filo di peso che lo ha sempre limitato e ha scoperto un nuovo ruolo in squadra, dopo anni in cui era abituato a pensare soprattutto per sé. Gli ho spiegato che bisogna sapersi giocare in tutti i ruoli. Ha provato fughe. Ha lottato per i Gpm… tutte cose che aiutano a crescere».

In 4 anni con la Bardiani risultati davvero opachi
In 4 anni con la Bardiani risultati davvero opachi

Il Giro al primo anno

Stefano lo ricorda al primo assaggio di professionismo, cui approdò dopo un anno fra i dilettanti in cui vinceva anche senza essere al top della forma. Dopo aver vinto addirittura il Matteotti, correndo con la maglia azzurra, davanti ai professionisti.

«Arrivò in ritiro – ricorda Stefano Zanatta – con qualche problemino al ginocchio, per il quale dovette fermarsi. Rientrò al Coppi e Bartali, pedalò benino e Reverberi decise di portarlo al Giro perché vedesse il ciclismo dei grandi. Si ritirò a metà, come stabilito. Ma se sei abituato a vincere facilmente e non porti a casa più niente, dopo un po’ la serenità va a farsi benedire e lui dava questa impressione. E di sicuro qualche strigliata da Reverberi se la prese e questo per un carattere orgoglioso come lui fu pesante».

Un nuovo altruismo

Il modo di stargli accanto Zanatta l’ha capito quasi subito: bisognava mostrargli fiducia e così ha fatto.

«L’anno scorso –  dice Stefano – qualcosa aveva fatto vedere e così gli ho parlato chiaramente, perché io sono sempre diretto con i corridori. Gli ho detto che volevo ritirare fuori il suo talento. Gli ho detto di insistere. Quando dopo il Coppi e Bartali era un po’ abbattuto, perché la Tirreno non era andata come voleva, gli ho detto di tenere duro. Ha fatto bene in Turchia e al Giro gli abbiamo dato di volta in volta dei ruoli importanti. Dalla maglia dei Gpm al fare da riferimento per Fortunato. Quel che ha fatto verso lo Zoncolan, anni fa non lo avrebbe accettato. Lo abbiamo stimolato e gli abbiamo dato fiducia e sono certo che tornerà in corsa con la rabbia giusta. Uno che al primo anno da pro’ viene all’Amstel ed è l’unico della squadra che prende la fuga, significa che i grandi obiettivi lo motivano. Perciò lo aspetto da settembre che porti a casa qualche vittoria. Lui dice la Sabatini? Ma ci sono tante corse adatte a lui. Se ci arriva col piglio giusto, qualcosa arriverà».

Anche alla Tirreno aveva lottato per la maglia dei Gpm, piazzandosi 6° nella classifica
Anche alla Tirreno aveva lottato per la maglia dei Gpm, piazzandosi 6° nella classifica

Sullo Stelvio da solo

Albanese leggerà queste parole e ne trarrà la motivazione per stringere ancora i denti. Il ragazzo che a sei anni lasciò Salerno per trasferirsi in Toscana con la famiglia dice che fra un paio di giorni lascerà Livigno e se ne andrà da solo per due settimane sullo Stelvio.

«Qui è bello – dice – e c’è anche la pianura, ma c’è troppa gente. Io non sono un gran chiacchierone, mi piace stare da solo. E lassù potrò pensare solo ad allenarmi. Ci tengo anche io a tornare quello di una volta. Non ho mai perso il gusto di fare fatica, ma la grinta m’era passata, non avendo un ruolo, correndo tutti come isolati. Voglio dimostrare cosa so fare e sono nella squadra giusta. Agli amici di bici.PRO dico di seguirci, vi faremo divertire».