Dalla neve di Livigno dello scorso maggio durante il Giro d’Italia, all’alluvione di Valencia. Dall’ondata di calore d’inizio Vuelta, che ha portato al ritiro di Antonio Tiberi, allo stop della Tre Valli Varesine. E tutto questo solo negli ultimi cinque mesi, anzi, persino meno, a essere precisi. Cosa sta succedendo al clima? Perché si verificano eventi meteo così violenti?
Siamo nel pieno dibattito sulle possibili cause di un cambiamento così netto e rapido, ma è un dato di fatto che il clima stia mutando e che gli eventi meteo estremi siano sempre più frequenti. Un clima che cambia ha ripercussioni anche sul nostro settore, il ciclismo.
Ne abbiamo parlato con il dottor Enrico Fagnani, per tutti l’esperto meteo del Giro d’Italia. In realtà, il dottor Fagnani è un otorinolaringoiatra specializzato in audiologia, quindi un esperto di onde radio e, di conseguenza, di comunicazione: quella tipica del ciclismo, che coinvolge sempre di più radiocorsa, le comunicazioni della Polizia, gli interventi in tv e tutta una serie di informazioni legate alla gara, tra cui appunto il meteo.
«La meteorologia – spiega Fagnani – è una passione che ben si legava all’altra mia passione di radioamatore. Ho una stazione meteo a casa e ad altre mi collego da remoto.»
Dottor Fagnani, cosa sta succedendo al clima?
È indubbio che sia cambiato. Non so dire se per eventi naturali o per colpa dell’uomo. Ciò che lega il meteo e il ciclismo, in particolare per gli eventi in Italia, è che abbiamo ottimi mezzi per comunicare in tempi brevi e decidere cosa fare. Abbiamo sistemi LTE e ridondanza, quindi, se un’informazione non arriva da un canale, giunge da un altro. E c’è anche un ottimo spirito di squadra e una rete radar molto valida.
Lei ha una grande esperienza, con oltre 50 Giri d’Italia…
Abbiamo sempre avuto un’ottima tradizione. Una decina di anni fa, al Giro, era presente una troupe dell’Aeronautica Militare con la quale ero in contatto tutto il giorno. Avevano un loro mezzo parcheggiato nel compound della Rai e degli altri mezzi al seguito del Giro, un loro radar e persino un pallone sonda che lanciavano al mattino per avere previsioni ancora più specifiche. Negli ultimi anni ci siamo appoggiati sempre più a società private, anch’esse molto valide, come 3B Meteo, l’App ufficiale del Giro fino alla scorsa edizione.
Clima e ciclismo: come si legano le due cose?
La prima cosa è che il ciclismo coinvolge un gran numero di persone: circa 200 ciclisti e tutta la carovana al seguito, sia prima sia dopo la corsa. Ogni tappa copre un’area di 150-200 chilometri, attraversando territori molto diversi: pianure, colline, arco alpino… ognuno con le sue caratteristiche. Un aspetto spesso sottovalutato è che, quando la corsa è allungata o c’è una fuga, si possono verificare differenze meteo notevoli. Può capitare di sfiorare un nubifragio o che piova solo su una parte del percorso, il che crea difficoltà se le intensità sono forti.
Come capite queste variazioni?
Con i radar Doppler, che ci consentono di visualizzare le celle temporalesche a colori, dal giallo al viola, identificando le intensità maggiori. Poi ci sono i satelliti, che oggi forniscono una quantità enorme di informazioni. Tuttavia, queste informazioni vanno interpretate con cautela, perché prima di fare una dichiarazione si deve essere molto prudenti. Il rischio è quello di creare allarmismi eccessivi o, al contrario, sottovalutare l’evento climatico. E qui torna in gioco la tecnologia. Oggi abbiamo strumenti straordinari come mappe meteo, dati da App o da istituti come l’Aeronautica Militare o l’Istituto Europeo di Meteorologia. Ma per la corsa, in tempi brevissimi, i radar Doppler restano i più importanti.
Perché?
Perché offrono una visione del meteo reale, delle precipitazioni in corso, della loro intensità e del movimento delle celle. A quel punto, si possono fornire informazioni preziose alla direzione di corsa. È fondamentale avere anche un buon sistema di comunicazione interno.
Cosa può fare il ciclismo di fronte a questi eventi estremi sempre più frequenti?
Conoscendo il territorio si possono proporre percorsi che riducano i rischi meteorologici.
Il classico passaggio sullo Stelvio o su altre cime alte, per intenderci?
Esatto. Oppure, per esempio, essere consapevoli che nelle zone pedemontane del Nord-Est sono frequenti temporali violenti in pianura. Un po’ la stagione delle precipitazioni si è spostata avanti e un po’ il Giro inizia prima. Una volta, lo Stelvio e le cime alte erano meno a rischio perché vi si arrivava a giugno inoltrato; ora si transita a maggio. La sicurezza degli atleti deve essere sempre al centro: è irrinunciabile.
Quindi, per evitare situazioni come quella di Livigno, serve sempre un “piano B”?
Non sempre. Questa situazione riguarda soprattutto le tappe a rischio, come quelle di alta montagna. In pianura, se succede qualcosa di particolare, lo sai subito. Per neutralizzare, deviare o interrompere, serve una figura preposta che prenda la decisione. Ricordo Morbegno, per esempio, in cui Virgilio Rossi radiocorsa gestì brillantemente le comunicazioni tra le varie componenti: team, polizia, direzione corsa, motociclisti al seguito…
Insomma, convivere con questo clima non è semplice…
Non è facile, ma avere buone informazioni e una comunicazione efficiente è determinante per prendere le decisioni giuste. Abbiamo un ottimo spirito di squadra: dai radar alla comunicazione interna al Giro. Questo è un aspetto fondamentale per affrontare situazioni potenzialmente rischiose.
Come evolve il vostro lavoro?
Molto interessante è lo studio del vento, specie nelle tappe in linea e a cronometro. Valutiamo le variazioni delle condizioni meteo nelle prove a cronometro. Oggi, disporre di una stazione meteorologica presso il traguardo non è male. Si potrebbe persino considerare un piccolo radar Doppler portatile nell’area traguardo. Negli anni, ho sempre utilizzato la nostra postazione radio su un ponte, in una posizione elevata, variabile dai 5 ai 40 chilometri dall’arrivo. Una sorta di postazione avanzata di “nowcasting” per informare i responsabili sugli sviluppi meteo. Questa postazione è gestita dall’esperto Sergio Mometti, che ha una storia particolare.
Ci racconti…
Mometti ha corso in bicicletta da giovane, è stato per molti anni motociclista di Radioinformazioni e poi si è appassionato al ruolo di “pontista”; dalla sua postazione, le cui coordinate sono frutto di attenti studi, ascolta tutte le frequenze radio della corsa e le ritrasmette al traguardo. Inoltre, assiste i mezzi in corsa quando non riescono a comunicare tra loro. Ho scoperto che, essendo stato agricoltore da giovane, ha sviluppato una sensibilità particolare per le scienze naturali. Durante la giornata, gli chiedo spesso: «Sergio, come ti sembra oggi? Com’è l’aria? Ci sono fenomeni in arrivo?» Un esempio di nowcasting basato sulle risorse umane, completato e arricchito dalla tecnologia attuale.