Direttore sportivo: per Martinelli un mix fra carisma e conoscenza

03.04.2025
4 min
Salva

RICCIONE – C’era un uomo in borghese alla Coppi e Bartali che ogni giorno ha osservato quello che è stato il suo mondo da un altro punto di vista. Giuseppe Martinelli in Romagna si è ritrovato nei panni dello spettatore privilegiato in mezzo agli appassionati che, riconoscendolo, gli chiedevano foto e impressioni.

L’occhio di “Martino” è di quelli allenati, di quelli che vedono sfumature dove una persona normale vede solo tinta unita. E il ciclismo sta andando verso una direzione sempre più variopinta per la moltitudine di figure che ne fanno parte. Prima di un foglio firma, abbiamo domandato a Martinelli, ospite della MBH Bank Ballan CSB, cosa ne pensa del diesse di questa epoca.

«Mi hanno invitato Valoti e Rossella Di Leo che hanno dei progetti in evoluzione – ci racconta l’ex tecnico di Carrera, Mercatone Uno, Saeco, Lampre e Astana – sono qua a vedere come si muove il mondo dei dilettanti, che poi sono ormai semi-professionisti. La Coppi e Bartali è una gara dove ci sono formazioni WorldTour, con un livello molto alto. Mi piace vedere da esterno pur essendo dentro all’evento. L’impatto è molto bello, ma diverso dal WorldTour dove sei sempre concentrato sull’obiettivo o sul dovere di vincere. In una squadra come la Colpack si pensa a far crescere i giovani e proiettarli in categorie superiori o posizioni migliori negli anni successivi».

Non solo la tattica, ma conoscenze approfondite di altri aspetti: Davide Martinelli e Antonio Bevilacqua, due scuole a confronto (foto MBH Bank Ballan)
Non solo la tattica, ma conoscenze approfondite di altri aspetti: Davide Martinelli e Antonio Bevilacqua, due scuole a confronto (foto MBH Bank Ballan)
Prendendo spunto dal figlio Davide diesse, papà Giuseppe con la sua esperienza come vede questo ruolo in generale ora come ora?

Parlavo di questo in questi giorni con Valerio Piva della Jayco ed altri colleghi del WorldTour. Praticamente è cambiato il ruolo del direttore sportivo. Adesso ti devi confrontare con figure all’interno del team che non dico facciano il tuo lavoro, però ti obbligano ad essere concentrato. Tutti ruoli che non c’erano quando ho iniziato io. All’epoca era tutto basato sul rapporto diesse-corridore.

Come si deve comportare il diesse con queste figure?

Con loro devi mediare. Bisogna trovare un compromesso, un equilibrio. Non è sempre facile se il diesse non ha un suo “io”. Credo che il direttore sportivo debba avere ancora la capacità di gestire un team. Che poi si debba confrontare con il responsabile della performance, col procuratore del corridore, col preparatore o col nutrizionista è ormai un aspetto quasi imprescindibile.

Per Giuseppe Martinelli il ruolo del diesse deve restare centrale nella gestione della squadra, confrontandosi con altre figure
Per Giuseppe Martinelli il ruolo del diesse deve restare centrale nella gestione della squadra, confrontandosi con altre figure
Nel mondo delle continental o dei cosiddetti “dilettanti” invece c’è ancora un rapporto più diretto.

Certamente. Ovvio che però se vuoi crescere o se vuoi fare veramente qualcosa di buono nel futuro, secondo me devi già avere una tua identità da portare avanti. Quello che ad esempio vorrei trasmettere a Davide o altri che me lo dovessero chiedere è proprio questo aspetto. Quella del diesse deve essere la figura centrale, soprattutto per convincere il corridore a fare una cosa anziché un’altra.

Facendo una provocazione, c’è il rischio che un diesse venga messo da parte e si ritrovi solo a guidare l’ammiraglia?

Sarebbe un punto di non ritorno. Secondo me dipende molto dal soggetto in questione e da cosa tu vuoi fare della tua carriera. Se vuoi fare veramente il direttore sportivo in prima persona e pensi che sia davvero il tuo ruolo, allora devi avere il carisma o maturarlo. Quello che decide non solo la strategia in corsa, ma anche le dinamiche in seno alla squadra. Se invece vuoi essere la persona che si fa le cento o duecento giornate di corse senza avere responsabilità, è un altro discorso, però cambia la prospettiva.

Chiaro…

Il diesse deve saper prendersi le sue responsabilità e mi è sempre piaciuto fare quello. Non dico che mi piacesse fare il leader, però alla fine visto che mi hanno sempre insegnato e dato quel ruolo, io lo mettevo in pratica nel miglior modo possibile.

Davide Martinelli ha ottimi insegnanti per il ruolo di diesse. Non solo papà Giuseppe, ma anche Gianluca Valoti (foto MBH Bank Ballan)
Davide Martinelli ha ottimi insegnanti per il ruolo di diesse. Non solo papà Giuseppe, ma anche Gianluca Valoti (foto MBH Bank Ballan)
Il diesse attuale deve comunque saperne di tutti questi aspetti. Per Giuseppe Martinelli è facile o meno?

Vent’anni fa o prima, per dire, ne sapevamo anche noi perché ognuno di noi aveva la propria idea di allenamento o di nutrizione che era data essenzialmente dall’esperienza fatta sul campo. Adesso invece il diesse si basa su dati molto più “scientifici” se mi passate il termine e deve trovare la quadra. E di conseguenza deve essere molto più preparato, lo vedo in Davide. Prima il corridore arrivava ad un appuntamento importante attraverso le prime gare in preparazione. Ora deve essere competitivo dal momento in cui si mette il numero sulla schiena, non esistono più le corse per entrare in forma. Per questo ci deve essere dietro un grande lavoro di equipe tra diesse sempre sul pezzo, corridore e le altre figure.