«Il primo giorno che mi dicono che posso riprendere la bicicletta – dice Marta Cavalli – prendo, vado e non mi fermo. Giusto per rabboccare acqua un paio di volte, tanto poi arrivo a Lourdes e posso berne tutta quella che voglio».
Una risata sommessa, quasi un ruggito. La sfortuna si è messa di mezzo ancora una volta e la campionessa di San Bassano ha dovuto fermarsi nuovamente. Una caduta di quelle che non ti aspetti, persino banale.
«Di certo non così rilevante – racconta la lombarda (in apertura immagine capucinepourre) – eravamo a fine allenamento. In una curva un po’ sporca e scivolosa, a poche centinaia di metri dall’appartamento che avevamo in affitto, sono andata giù sul fianco e ho sbattuto. Sono rimasta un po’ lì seduta, per capire veramente come stessi e valutare la situazione. Non stavo bene, avevo un po’ male, però sono risalita in bici. Ci siamo accorti che qualcosa non andava bene, perché non riuscivo a poggiare il piede a terra.
«Per il dolore, non riuscivo a rimanere col peso sulla gamba e allora mi hanno portato in ospedale. Dalle prime lastre non è apparso niente, infatti ho continuato ad andare in bici. Solo dopo cinque giorni che ancora non poggiavo il piede a terra, il dottore mi ha fermato e mi ha detto che era meglio fare degli accertamenti ulteriori. E alla fine hanno trovato questa microfrattura».
Il mondo che crolla
Non serve uno psicologo per riconoscere il rumore del mondo che ti crolla addosso. In questo giorno di ricorrenze tristissime, viene spontaneo ricordare l’incidente che poteva costare la carriera a Pantani e invece lo rilanciò più forte di prima. Ma lo ricordiamo bene il suo sconforto: passi dall’essere in tabella verso gli obiettivi che sogni da mesi a doverti fermare senza alcuna certezza. Se poi, come Marta due anni fa, su questo sentiero sei già passato, basta un cenno per riaccendere le paure mai del tutto sopite.
«Il peggior momento – ammette – è stato quando mi hanno detto che c’era una microfrattura. Lì ho iniziato veramente a pensare che tutto il lavoro fatto durante l’inverno fosse andato in fumo. Non avevo nemmeno idea delle tempistiche e quindi mi si è attaccata addosso una visione negativa. Ho cominciato a pensare che sarei dovuta rimanere lontana dalla bici per tanto tempo. Pensavo addirittura che mi avrebbero messo a letto per mesi e ho pregato tutti i dottori che non mi dessero questa notizia. E quando infatti mi hanno detto che avrei potuto camminare, mi sono tolta un macigno di dosso. Col passare delle settimane l’ho accettato e adesso sto solo ricaricando la voglia di ripartire per ricostruire, in base a quando potrò riprendere. A quel punto vedrò quanto avrò perso e valuteremo il miglior piano.
«Ho riposto tante speranze in questa stagione. Quando l’anno scorso ho chiuso con la Crono delle Nazioni – riprende Cavalli – tirando la riga, non sono stata per niente soddisfatta. Ci sono stati degli acuti, dei momenti buoni in cui ho ottenuto risultati e mi sono tolta delle soddisfazioni, ma non erano le soddisfazioni che mi ero prefissata. Ci sono stati tanti alti e bassi, forse più bassi che alti, quindi vedo il 2024 come un vero banco di prova per capire se riuscirò a tornare al livello del 2022».
Arrabbiata e sconsolata
Ancora non c’è nulla di certo. Fra una decina di giorni ci sarà un altro esame e a quel punto, se la frattura sarà saldata, si potrà ricominciare a lavorarci sopra. In realtà, spiega Marta, avrebbe potuto già fare qualcosa, ma ha preferito non rischiare.
«Finché ho avuto le stampelle – racconta – non ho voluto fare assolutamente niente, per evitare di rallentare il processo di guarigione, meglio restare a riposo. Non mi avevano imposto particolari divieti, in base al dolore avrei potuto camminare. Però ovviamente andare in giro con due stampelle era abbastanza impegnativo, quindi sono rimasta ferma. E adesso, grazie a un po’ di fisioterapia, la situazione è migliorata e il riposo ha fatto il resto. Quindi vediamo, stiamo andando giorno per giorno in base alle mie sensazioni.
«Ovviamente sarei dovuta andare a correre giovedì alla Volta Valenciana, diciamo che fino a tre settimane fa i programmi erano diversi. Invece abbiamo dovuto mettere tutto in pausa. E in quel momento il primo pensiero è stato: ecco, ci siamo di nuovo. Nei primi giorni ero veramente arrabbiata e sconsolata. Non riuscivo a capacitarmi. Avevamo appena fatto dei test ed erano abbastanza buoni, in linea col periodo e con il tempo che mancava alle prime gare importanti. E di colpo non c’era più niente».
L’esperienza del 2022
L’errore più grande in questi casi è farsi prendere dalla smania di bruciare le tappe, anche se serve un grande autocontrollo per tenere a bada l’indole del guerriero che in certi frangenti permette di vincere le corse e ora potrebbe ritorcersi contro.
«Se fosse per me – ride – io prenderei la bici e starei fuori dall’alba al tramonto, però so che non sarebbe la cosa giusta da fare. Non è rassegnazione, però prendere atto che la situazione è questa. Ed è quello che serve per tornare a pedalare al massimo tra qualche settimana. Quello che mi conforta è che se anche la primavera potrebbe essere compromessa, per obiettivi come il Giro d’Italia e il Tour de France ci sono ancora dei mesi. Perciò non resta che aspettare il momento di ripartire e farlo gradualmente. La squadra sa come vanno queste cose. Già con l’esperienza del 2022 hanno capito anche loro quanto sia importante rispettare le tempistiche e non aver fretta.
«Certo ho più fretta io di rimettermi in bici e di salvare il salvabile, loro sono assolutamente tranquilli. Diciamo ci sono grande sinergia e collaborazione tra i medici e il resto dello staff. Ormai è come una tela tessuta in modo molto fitto, quindi c’è un confronto quotidiano sulle mie sensazioni, sui consigli medici, sulle teorie migliori per riprendere l’allenamento, sulla fisioterapia. Sono in una botte di ferro e questo mi lascia tranquilla».
MasterChef Marta
E così, in attesa dell’esame che le dia il via libera, si fa fatica a vederla sul divano a giocare con un telecomando o a perdersi dietro le schermate dei social. Infatti anche Marta oppone le mani, come a tenere lontano un certo modo di passare il tempo.
«Non sto assolutamente ferma su un divano – racconta e ride – passo il mio tempo in cucina. Pur stando attenta, non mi sto privando di tante cose. Già mentalmente non è così semplice gestire questa situazione. Se poi devo anche mettermi a dieta stretta, chiusa in casa, cucinando un sacco di cose buone senza poterle mangiare, allora non ho avuto un infortunio, ma ho firmato una condanna».
La voglia di scherzarci su fa capire che in qualche modo, al netto del giramento di scatole, l’incidente è stato metabolizzato quasi del tutto. Li vediamo imbattibili, pensiamo che lo siano davvero. Ma basta una crepetta nel bacino e nella sicurezza, per farli vacillare come giunchi al vento. Fra dieci giorni ne sapremo di più, per ora ci sta un abbraccio ideale e la promessa di risentirci presto. A volte farsi sotto senza dover commentare una vittoria è il modo di far capire che ci tieni davvero.