Renato Di Rocco, David Lappartient, Madonna di Campiglio, Giro d'Italia 2020

E Di Rocco, cosa fa: si candida oppure no?

02.11.2020
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Di Rocco è il padrone di casa e come tale parla. E’ presidente della Federazione dal 2005 e in precedenza ne era stato per 17 anni Segretario generale: nessuno meglio di lui ne conosce i meccanismi. E visto che a metà febbraio si dovranno rieleggere i vertici federali, due parole con lui serviranno a introdurre il discorso. A contendergli il primato saranno Silvio Martinello, che lo ha annunciato, mentre si muovono ancora sotto traccia le candidature di Cordiano Dagnoni, attuale presidente del Comitato lombardo, e Daniela Isetti, Vicepresidente Vicario e guida del Centro Studi. Di Rocco dovrebbe passare al primo turno con il 55 per cento dei voti, se non riesce ma supera il 50% può partecipare al secondo turno, se resta sotto al 50% invece è fuori. Bisognerà capire pertanto se la frammentazione sarà per lui un vantaggio o una condanna. Tuttavia quel che resta dopo averci parlato è la sensazione che, malgrado gli ostacoli di percorso che potrà incontrare, abbia in mano il timone più saldamente di quanto si pensi.

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Ministro contro

Renato è saggio e anche furbo. Per cui dal tema elezioni si tiene alla larga, volendo prima lasciar scoprire i suoi avversari. La prima insidia, apparentemente sventata, era la riforma con la quale il Ministro dello Sport Spadafora voleva limitare i mandati.

«Ma credo che oramai non passi più – dice Di Rocco – anche perché gli altri sono stati quasi tutti rieletti. Quello che mi preme dire adesso è che l’anno si chiude con un bilancio insperato e con riconoscimenti importanti per la Fci. A cominciare da quello di Bach, presidente del Cio, che già due volte ha indicato il modello dei mondiali di Imola 2020 come una linea da seguire. Siamo stati noi del ciclismo a ripartire dopo il lockdown, senza i tanti proclami di federazioni più ricche».

Tutti lo salutano

Tutto quello che è successo di buono nel ciclismo italiano va ascritto alla sua gestione e alle capacità di Davide Cassani. Niente da dire. Il tema delle elezioni è presente nei ragionamenti, ma viene saggiamente gestito.

«Il Coni – dice – ha stabilito pochi giorni fa che le assemblee elettive si faranno in presenza, per cui a breve si inizierà con quelle provinciali e poi a salire con le regionali. Si va alle elezioni con grande preoccupazione, perché adesso il primo obiettivo dovrebbe essere fare le gare e confermare le affiliazioni. Quanto a me, dovevo fermarmi già quattro anni fa, ma c’era del lavoro da completare che ci sta portando sul podio delle discipline olimpiche. Non sono un uomo solo al comando, nel Consiglio federale ci sono profili importanti a tutti i livelli. Chi dice il contrario non conosce bene la realtà del ciclismo. Tutti hanno avuto deleghe che hanno esplicitato con grande competenza. E poi finché vado alle corse e vengono a salutarmi, vuol dire che tanti nemici in giro non ne ho».

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Giulio Ciccone, Giro d'Italia 2020
L’assenza di Ciccone è pesata molto

Candidato o no?

Il dirigente e il suo spessore non si discutono, così come non si può nascondere il fatto che davanti a un governo così forte il salutare dipenda dall’educazione, ma anche dall’opportunità di mantenere buoni rapporti.

«Può darsi – sorride – ma proseguendo… devo ancora pensare se candidarmi o meno. Preferisco per ora un basso profilo e riconoscere che in questa situazione siamo stati bravi anche ad anticipare le situazioni. A maggio in tutta fretta trasformammo le gare regionali in nazionali e quando subito dopo il Dpcm stabilì che si potessero fare le gare da nazionali in poi, eravamo a posto. Qualcosa l’avevamo capita. Qualche corsa è saltata, altre si sono fatte. Eppure per i tamponi e il resto abbiamo sostenuto costi importanti. E anche il Giro d’Italia ha dimostrato che il protocollo italiano è vincente».

Silenzio sul Sud

II Sud sta male, anche nel ciclismo. Su questo c’è poco da dipingere, ma Di Rocco inquadra il discorso da un’altra ottica.

«In rapporto ai numeri – dice – è vero. Ma una volta, tanti anni fa, era tutto più bello perché c’erano i contributi regionali. La Sicilia si sta riprendendo, non solo su strada. Ormai il 47 per cento dei nostri tesserati viene dal fuoristrada e tanti sono nella Bmx. Stiamo cercando di far crescere le società, con la sicurezza stradale come fronte più caldo. Verso i ciclisti si respira esasperazione, che ora se non altro condividiamo con i monopattini. Le bici vanno a ruba, non si sta dietro alle consegne».

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Ganna e Ciccone

Sul tema dei ciclismo giovanile in crisi, l’approccio è morbido e al momento giusto bisognerà riparlarne.

«Non si è esaltato abbastanza Ganna – dice – che ha vinto tre crono, una tappa di montagna e pochi giorni prima il mondiale e potrebbe vincere due ori olimpici. Ci è mancato Ciccone, che sarebbe stato una garanzia. Ci sono Ballerini e Battistella. Abbiamo 700 ragazzi, mentre all’estero ne hanno 70 e li gestiscono nei centri federali. Ci sono Paesi emergenti con scuole dello sport governative…».

Come era da noi ai tempi della Scuola dello Sport del Coni, che Di Rocco ben conosce essendo per giunta un Maestro dello Sport. Come prima chiacchierata va bene così. Sul farsi del tempo, inizieremo a tirare i fili giusti, capitolo dopo capitolo. Per ora ci godiamo le elezioni americane, gli sgoccioli della stagione su strada e l’avvio (speriamo) di quella invernale.