Giro d'Italia 2016, Michele Scarponi

Michele Scarponi, profondo come una salita. Che libro…

20.11.2025
7 min
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Michele Scarponi rivive in uno splendido libro scritto da Alessandra Giardini che sembra nata per trasferire le emozioni nelle parole. “Michele Scarponi, profondo come una salita” è una storia di storie, voluta dalla Fondazione che ne porta il nome e si impegna per l’educazione al comportamento stradale, alla cultura del rispetto delle regole e dell’altro. «La strada è di tutti – questo il suo slogan – a partire dal più fragile». Noi abbiamo estrapolato 6 passaggi per invogliarvi alla lettura.

A casa di nonno Marino

Cantalupo è un bar, una balera, una scuola d’infanzia, una fabbrica tessile, una ventina di case, tanti tanti campi. Un po’ di fossi, qualche albero e tanto ciclo. Michele scorrazzava dappertutto, senza fermarsi un attimo. Era nato trascinatore. Quando la sera finalmente lo mettevano a letto, si spegneva di colpo, stremato. Gli altri cugini erano quasi tutti più grandi di lui. Simone aveva la sua età ma era più alto e grosso. Soltanto con Juri, l’ultimo nato di quella tribù di maschi – Silvia, Serenella e Sara sarebbero venute dopo – Michele poteva fare la parte del grande. Soltanto a Juri un giorno di maggio confidò il suo sogno.

Avevano pranzato nella cucina del garage come facevano sempre nella bella stagione, e poi nonno Marino aveva acceso la radio per seguire la tappa. A casa Scarponi il ciclismo scandiva la vita come le stagioni della terra, ma era il Giro d’Italia l’unica corsa che contava davvero. La Tirreno-Adriatico passava fin troppo vicino, le classiche erano troppo a nord – chissà se esistevano davvero – e del Tour Marino e i suoi figli se ne fregavano. II Giro invece era reale, lo potevi toccare, sentire, qualche volta passava addirittura sotto casa. Le salite le conoscevano tutti, magari soltanto per sentito dire.

E’ il 2004, terzo anno da professionista: vittoria di tappa alla Coppi e Bartali prima del 4° posto alla Liegi
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Vincerò il Giro d’Italia

Michele non vinceva, non ancora: erano corse al massacro, tutte volate e spallate, e lui era troppo più leggero degli altri. Ma gli era bastata la prima pedalata per capire che quella sarebbe stata la sua vita. «Da grande voglio correre il Giro d’Italia, e vincerò io».

A casa Scarponi nessuno aveva mai immaginato di correre in bicicletta: erano appassionati, non corridori. Ma Flavia e Giacomo erano sempre stati convinti che uno sport bisognasse farlo, soltanto questo chiesero ai loro figli. Marco scelse il calcio e anche Silvia anni dopo avrebbe giocato a pallone fino alla Serie A.

Era stato un carabiniere, Mario Accorroni, a dare a Giacomo il consiglio giusto. Erano a Santa Maria Nuova, in piazza, Michele non era ancora stato fermo un secondo. «Mettilo in bicicletta, ‘sto monello».

Giro d’Italia 2011: Contador chiude in maglia rosa, ma con una squalifica pendente. La vittoria finale va quindi a Scarponi
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La profezia di Bartali

Michele era sempre il più piccolo di tutti, fecero fatica a trovare una bici della sua taglia, eppure con quelle gambette pedalava come nessuno. Aveva talento, a dispetto di un fisico che lo svantaggiava rispetto ai suoi coetanei.

Il primo successo arrivò il giorno in cui Michele compiva nove anni, domenica 25 settembre 1988, a Tolentino. (…). Era un’epoca in cui ancora le gare si correvano nel cuore dei paesi, non come adesso nelle zone industriali, con il traguardo sotto il centro commerciale. Era un mondo antico, e Michele sembrava un corridore di una volta, venuto fuori dalle parole del nonno Marino. Ci sarebbe stato bene anche con Bartali, uno così (…).

Anche nella smorfia di Michele in salita non era difficile rivedere la tigna di nonno Armando. Se nonno Armando era la parte istintiva, nonno Marino era quella razionale (…). Una volta da giovanissimo, Michele andò a correre in Toscana e nonno Marino non perse l’occasione di presentarlo a Gino Bartali. Che lo guardò e non ebbe dubbi: «Ma questo ha le gambette da corridore!».

Giro 2016: Michele, fermato da Slongo, attende Nibali. L’emblema del grande cuore di Scarponi
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Il Giro 2011 e i gemelli

«Michele, il Giro l’hai vinto tu».

«Ma no che non l’ho vinto. Sul podio c’è andato lui (Alberto Contador, ndr), e in maglia rosa c’era lui».

«ll Giro l’hai vinto tu, Michele. Fattene una ragione».

Quando cominciarono a telefonargli Michele era al settimo cielo, ma la decisione del Tas non c’entrava affatto. Da qualche settimana lui e Anna avevano saputo che sarebbero diventati genitori, e adesso sapevano anche che avrebbero avuto due gemelli. Era un sentimento strano, che toglieva importanza a tutto il resto, e al contrario faceva sembrare tutto quanto amplificato. Ogni cosa era improvvisamente più forte, più veloce, più colorata.

A Michele continuavano a dire tutti di godersi questi mesi, ché poi con due bambini in casa la pace sarebbe finita, ma lui si sentiva come da piccolo alla vigilia della sagra delle noci di Storaco, quando faceva fatica ad addormentarsi per l’eccitazione di quello che lo aspettava il giorno dopo. Non vedeva l’ora che quei due nascessero, voleva toccarli, annusarli, vedere le loro facce, tenerli in braccio. E allontanarsi da Anna era diventato improvvisamente difficilissimo.

Cinque giorni prima dell’incidente in cui sarà ucciso, Scarponi conquista la tappa di Innsbruck al Tour of the Alps
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Giro 2016, cuore da gregario

«Ho capito Paolo, aspettiamo lo Squalo».
Lo disse con un sorriso. Era convinto che sarebbe bastato rallentare e aspettare il capitano. Ma Slongo fu più drastico. L’eventuale vantaggio di Nibali si sarebbe ampliato nel falsopiano che portava all’ultima salita. «Fermati. Prendi da mangiare e da bere per te e Vincenzo e riparti quando saranno vicini».

Michele non obiettò. Mise il piede a terra. Passarono alcuni corridori che Michele aveva staccato in salita prima, guardavano e non capivano. Scarpa fece l’occhiolino a Slongo: «Tra poco li riprendiamo».

Quando vide Nibali arrivare da lontano, Michele urlò: «Squalooooooo».

E riparti davanti al capitano. Lo guidò sul falsopiano e poi tirò ancora sull’ultima salita, fino a nove chilometri dal traguardo: uno sguardo d’intesa, poi toccò a Nibali. Quando arrivò al traguardo di Risoul, 6 minuti dopo il suo capitano, Michele sapeva che il Giro era riaperto. Guardò il tabellone con la classifica: Vincenzo era secondo a 44″ da Chaves. E le montagne non erano finite.

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22 aprile 2017, l’ultima uscita

Martino lo chiamò quando era appena arrivato a casa, l’Operazione Giro d’Italia era partita e non bisognava trascurare niente.

«Martino, abbiamo fatto un clamoroso sbaglio».

«Quale sbaglio?».

«Non ho preso la bici da crono».

«Come faccio adesso a farti arrivare la bici da crono sull’Etna?».

«Sono sicuro che tu puoi».

E poi si buttò sul tappeto a giocare, i gemelli addosso a lui, con le maglie di leader del Tour of the Alps. Finalmente avevano visto il loro babbo vincere. Improvvisamente tutta la stanchezza passò,  suoi figli riuscivano a trasmettergli quell’energia che in loro sembrava inesauribile. Crollarono tardi, ridendo. Prima di addormentarsi disse ad Anna che la mattina sarebbe uscito presto, per fare un’ultima sgambata, poi sarebbe stato tutto loro.

Appena sveglio andò in garage, prese la bici appoggiata alla parete che Giacomo e Tommaso avevano decorato per lui con le loro impronte colorate. Uscì prima che loro si svegliassero senza far rumore.

Il libro è disponibile contattando la Fondazione Michele Scarponi: tel. 347 5929666 – mail info@fondazionemichelescarponi.com

Per informazioni e prezzi:

Fondazione Michele Scarponi