La squadra debuttò nel 1979 come Inoxpran e dal 1984 divenne Carrera. Andò avanti fino al 1996, vincendo tre Giri, un Tour e una Vuelta. Una Liegi, due Sanremo e un mondiale. Campioni come Visentini, Bontempi, Roche, Battaglin, Chiappucci e Pantani. Gregari come Ghirotto, Perini, Leali, Roscioli, Podenzana, Chiesa e Zaina, guidati da Boifava, Quintarelli e il giovane Martinelli.
E proprio quattro di loro il 25 ottobre si sono incontrati a Stallavena per un pranzo con Boifava e Quintarelli, a casa dei fratelli Tacchella, titolari di Carrera Jeans. Rivedere la foto di apertura ha risvegliato i ricordi dei primi anni (da sinistra, si riconoscono Boifava, in piedi c’è Eliseo Tacchella, poi Sandro Quintarelli, Imerio e Tito Tacchella, Perini, Leali e Bontempi). E così quel pranzo ce lo siamo fatto raccontare da Massimo Ghirotto, che dopo essere stato corridore è salito in ammiraglia, ha rivestito un incarico federale nel fuoristrada ed è ancora una delle voci più apprezzate di Radio Rai al Giro d’Italia.





Di chi è stata l’idea?
L’idea è venuta a Bontempi, Perini, Leali e a me. Poi è venuto fuori che anche i Tacchella avevano voglia di rivederci ed è saltata fuori quasi una riunione di famiglia, tanto che hanno già fissato la data della prossima volta. Ci sono sempre rimasti vicini, trattandoci come persone di famiglia. Oltre a essere grandi imprenditori, dimostrano qualcosa di particolare anche dal punto di vista umano, questo bisogna dirlo.
Chi c’era attorno a quel tavolo?
Boifava e Quintarelli. Quindi i tre fratelli Tacchella – Tito, Imerio e padre Eliseo, che è un missionario – e un loro amico. E ovviamente noi quattro. Ci frequentiamo ancora, siamo sempre stati amici, abbiamo condiviso tanti momenti oltre all’avventura ciclistica. Boifava è intervenuto successivamente. Avremmo potuto chiamare anche altri, ma abbiamo voluto farla con i più vicini.
Anche vicini di età…
Leali è un ’58 ed è stato il primo a entrare nella squadra di Boifava. Perini è un ’59, Bontempi è un ’60 e io sono del 1961. Sono rimasto con loro per otto anni. I primi due li ho fatti con Vannucci e Moser alla Gis Gelati, poi sono passato con Boifava e alla fine sono andato alla ZG Mobili. Ho voluto monetizzare il più possibile, perché sapevo che ormai ero in dirittura d’arrivo. Fu un discorso puramente economico.


Dove vi siete visti?
Prima in azienda a Villa Zenobio, a Caldiero, vicino Verona. Lì abbiamo trovato Tito Tacchella che ci ha regalato un libro molto bello che ha scritto sulla storia dell’azienda, la cui parte finale è dedicata all’avventura ciclistica (Il Bello del Jeans, La nostra Storia, ndr). Dopo aver scritto una dedica per ciascuno di noi, ci siamo trasferiti nella cascina di Imerio e lì abbiamo mangiato. Un podere bellissimo. Chiaramente abbiamo rivissuto i momenti più intensi del nostro passato, ma abbiamo parlato anche di come ci vada la vita, tanto che siamo venuti via quasi alle sei di sera. S’è parlato di Leali e la sua squadra di dilettanti, Perini e il negozio e le corse che organizza, Bontempi che guida la moto al Giro e io che adesso finalmente mi riposo. I Tacchella sono gente di spirito, abbiamo riso parecchio.
Non hai la sensazione che la Carrera sia stata una squadra in anticipo sui tempi?
Questo argomento l’hanno tirato fuori soprattutto i Tacchella e poi Boifava, perché Davide è stato il costruttore di quella squadra. La Carrera fu la prima a investire su corridori di tante nazioni. I Tacchella ce lo hanno confermato: volevano rendere il marchio più internazionale, quindi presero corridori nei Paesi in cui volevano espandersi. Francia, Belgio, Slovenia, Austria, Germania, Russia. Boifava prese anche Acacio Da Silva, che era portoghese. O Zimmermann, svizzero, che arrivò terzo al Giro e anche al Tour. La Carrera ha anticipato il ciclismo globale che è arrivato qualche anno dopo. Ed eravamo avanti anche per l’attività che facevamo.
In che senso?
Eravamo una squadra di 17-18 elementi, ma facevamo la Vuelta, il Giro e poi il Tour. Battaglin ha vinto Vuelta e Giro in 40 giorni, perché fino al 1994 in Spagna si andava ad aprile. Poi andavamo a tutte le classiche, si copriva tutto il calendario. Le altre italiane come l’Ariostea e la Del Tongo si adeguarono solo in un secondo momento. Fummo i primi a fare il ritiro a Denia o Albacete e nella zona di Valencia, in Spagna, dopo gli anni in Toscana. Adesso vanno tutti lì.






Che cosa fa Quintarelli?
“Quinta” ha 80 anni e fa il pensionato (Sandro Quintarelli, originario di Negrar, è stato il braccio destro di Boifava in ammiraglia, dopo essere stato a sua volta professionista dal 1969 al 1977, ndr). E’ in splendida forma, sempre il solito schiacciacciassi veneto con le sue battute in dialetto: ci ha fatto sganassare dal ridere. E’ venuto fuori un aneddoto del Tour de France 1992.
Che cosa accadde?
Si arrivava all’Alpe d’Huez e all’epoca non c’erano tante ammiraglie: la prima, la seconda e la terza che faceva rifornimento sul percorso. Al via facciamo la riunione. Boifava dispensa i compiti e dice a Perini e a me di stare vicini a Bontempi perché bisogna portarlo all’arrivo, dato che fino a Parigi ci saranno diverse volate. Partiamo e si forma il gruppetto.
Tutto nei piani?
No, perché Guido va in crisi di fame, una di quelle potenti che non perdonano, ma quando chiediamo aiuto, l’ammiraglia non c’è. Dato che davanti c’era Chiappucci ed era secondo in classifica, Quintarelli ci ha lasciati da soli per andare in testa. Quindi non avevamo più acqua e nessun tipo di rifornimento. Morale della favola: arriviamo all’Alpe d’Huez, raggiungiamo l’albergo e saliamo in camera, quando sentiamo bussare. Io apro e mi trovo davanti Quintarelli. Guidone aveva un’arancia o una mela sul comodino e l’ha tirata così forte che se Quintarelli non chiudeva la porta, lo avrebbe centrato in pieno. Sandro non l’abbiamo più visto per tre giorni. Guai far arrabbiare Guido! Quando è venuta fuori questa storia, ci siamo messi a ridere, mentre Quintarelli ripeteva che non era vero. E’ in forma. Ha ancora il bar che gestisce con sua moglie. Mi ha stupito una battuta…


Quale?
Boifava gli ha fatto i complimenti, dicendo che avesse una visione di gara superiore alla sua. E Davide è stato il miglior direttore sportivo che abbia mai avuto. Anche Martinelli aveva dei numeri, lo vedemmo subito, ma io da Boifava ho imparato davvero tanto.
Quindi è già tutto organizzato per la prossima volta?
Il giorno prima della Sanremo. Ci hanno detto di non portare niente, che pensano a tutto i Tacchella. Sono in grandissima forma. Credo che Tito abbia 83 anni e Imerio 78, ma è ancora una macchina da guerra. Poi c’è Gianluca, il figlio di Tito, che è l’amministratore delegato. Hanno la produzione e 1.500 dipendenti in Tagikistan. Coltivano il cotone e hanno tutta la filiera sino ai capi finiti. E’ stata una giornata emozionante. Ritornare indietro a quegli anni ti rinfresca la mente e il cuore. Abbiamo vissuto cose belle e anche altre meno belle, che magari ci hanno segnato, perché la vita di un corridore non è tutta rose e fiori. Però anche quello è stata una parte della nostra carriera e ritrovarci così ogni volta ci fa capire che ne siamo ugualmente fieri.