Samuele Zoccarato è uno di quei corridori alla “carta vetrata”: tosto, rude, che anche quando gli va bene, poi ha qualcosa che non gira del tutto nel verso giusto… ma lui non molla mai. Per esempio, qualche giorno fa ha vinto la sua prima corsa da pro’, e poco dopo ha avuto un problema al soprassella. Pensate che quando lo abbiamo raggiunto aveva appena terminato un allenamento. Ovvio direte voi… Sì, ma l’allenamento era di corsa a piedi. Per adesso, infatti, non può pedalare.
Però il fatto che abbia vinto quella corsa ci piace molto. E’ una bella storia. In una giornata fredda, di meteo inclemente, l’atleta della Polti-VisitMalta si porta a casa il Tour de Mirabelle, una piccola gara nel Nord-Est della Francia. Con Zoccarato dunque forse questo è il momento ideale per ragionare su ciò che è stato e soprattutto su ciò che sarà.


Samuele, partiamo dalla tua vittoria. Lo possiamo considerare un premio alla carriera? Almeno sin qui, perché ti auguriamo tante altre vittorie…
Sì dai! Sono contento perché comunque quando vai a fare quelle corse “.2” non è mai scontato vincere, perché soprattutto essendo professional vieni sempre tenuto d’occhio.
Il livello è alto pure là ormai…
Esatto, il livello è alto dappertutto perché ormai tutti riescono ad allenarsi bene, a mangiare bene, a fare tutto. E quindi praticamente io li considero professionisti che non hanno ancora avuto la possibilità di trovare un contratto. Alla fine comunque ho fatto i watt medi più alti della mia vita con la corsa. I watt medi di tutta la corsa più alti di sempre.
Rapidamente, ci racconti com’è andata la corsa?
Sin dal chilometro zero ho cominciato gli scatti e sono andato subito in fuga con una decina di corridori. Siamo stati per 30 chilometri in fuga a tutta, ma nonostante tutto siamo stati ripresi su uno strappo. A quel punto sono ripartito subito e poi siamo andati via in cinque. Siamo rimasti così fino ai 30 dall’arrivo con il gruppo che seguiva a scatti, quando sono rientrati un’altra decina di corridori. Nel finale ho deciso di anticipare prima delle ultime due salite. Mi ha seguito un ragazzo che ho staccato sull’ultimo strappo e sono andato all’arrivo…
Insomma una gran gamba in corsa. Di certo non ti sei risparmiato! Cosa ti è passato per la testa quando hai tagliato il traguardo?
Alla fine devo, essere sincero, ero tranquillo. Sarà perché reputavo che comunque la corsa così non mi cambia la carriera, però ero tranquillo. Ero contento ma fino a un certo punto, ero consapevole. Di certo non voglio dire: «Mi sono liberato». «Ho vinto finalmente», o cose così. Ho fatto una gran bella gara, sono arrivato primo e sono contento. Stop.


C’è qualche chiamata particolare che ti ha fatto piacere?
In tanti si sono congratulati. Mi ha chiamato Ivan Basso per farmi i complimenti e ringraziarmi per l’apporto dato alla squadra.
Ma andiamo avanti e parliamo del presente. Come mai stavi correndo a piedi?
Purtroppo ho dovuto chiudere in modo anticipato la stagione per via di un problema al soprassella. Ho deciso di correre a piedi per non fermarmi subito, altrimenti il mio stacco sarebbe troppo lungo. La stagione era programmata fino al 19 ottobre. Dovevo fare tutte le corse italiane. Pertanto adesso cerco di tenere duro il più possibile e arrivare almeno a fine ottobre, anche perché poi vado in vacanza due settimane quest’anno.
Chiaro…
Fermarmi adesso sarebbe stato troppo tempo. Non posso “allungare” questa fase in bici, quindi sto cercando altro come palestra e corsa. Proprio stamattina (ieri, ndr) sono andato a comprare un paio di scarpe buone per la corsa. Mi piacerebbe arrivare a fare allenamenti abbastanza duri.
Hai chiesto consiglio a qualcuno o lo stai facendo da solo?
Conosco un coach che segue alcuni podisti e gli ho chiesto di darmi qualche consiglio sulla tecnica, perché non è scontato correre bene per chi come me viene da anni e anni di sola bici.


Samuele, guardiamo un po’ avanti. Cosa si prospetta per la prossima stagione visto che il tuo contratto è in scadenza?
Vedremo se resterò in Polti, ma potrebbe non essere cosa scontata. Sul piatto c’è anche un’altra occasione. Vediamo… al momento di più non so. Ma certo questi giorni saranno decisivi.
Comunque da parte tua vuoi continuare? Giusto?
Ci ho riflettuto abbastanza e posso dire che mi piacerebbe continuare a correre. Sono ancora molto motivato. In questa riflessione però ho anche capito quello che mi frena un po’: ed è la questione dei rischi che si corrono. E sono sempre di più per un ciclista professionista. E non intendo solo in allenamento sulle strade, ma in corsa. La corsa è pericolosa: questo è l’unico “contro” se faccio la conta dei pro e dei contro.
A cosa ti riferisci nello specifico?
Con le velocità che si fanno adesso, con i percorsi che ci sono non dico ad ogni gara, ma quasi, i momenti pericolosi sono sempre di più. E c’è anche meno rispetto in gruppo. Le situazioni sono più caotiche e messo tutto insieme il rischio è più elevato.


La sensazione, Samuele, è che alla fine, sentendo negli anni anche chi ti ha allenato e diretto, tu abbia raccolto un po’ meno di quello che è il tuo motore. E’ così?
Ci sta. Il mio problema è che ho caratteristiche che si sposano molto bene per essere un gregario. Però le professional tendono a cercare qualcuno che faccia risultato: per quanto poco, anche una top 10 o una top 20 possono andare bene. Cercano qualcuno che faccia punti e appunto risultato… e questa non è propriamente una mia caratteristica. Anche perché cambia il modo di correre.
Spiegati meglio…
Io posso fare risultato nelle gare in cui emerge la corsa di fondo, la corsa dura… allora emergono le mie qualità di resistenza. Tornando a prima: posso dire di aver raccolto un po’ meno di quello che si aspettavano gli altri, perché poi sbagliavo anche io. Ero troppo generoso… in tutti i sensi.
Per assurdo, potresti quasi più essere adatto ad una WorldTour che ad una professional, magari al servizio di un leader importante. Ci viene in mente Dillier: uno che tira i primi 200 chilometri della Sanremo per Van der Poel…
Ma anche le WorldTour, almeno la maggior parte, guardano i risultati… come le professional. E non si riesce a passare. Spesso chi fa risultato in una professional passa in una WorldTour ma lì si ferma. Se trovi uno che è “mezzo e mezzo” e quindi non riesce né a lavorare come dovrebbe fare un vero gregario, né vincere come un leader, poi dura poco.