Non c’è niente da fare Matteo Fabbro è un falco. Appena iniziamo a parlare del suo Giro d’Italia va subito al punto: «Non partivo come leader – dice il friulano – non so perché, ma molti se l’aspettavano. Purtroppo non è così. Sono qui per aiutare Buchmann».


Gambe buone
Ed è proprio questo il “nocciolo” dell’intervista: in molti si aspettavano di più da Fabbro dopo le belle prestazioni mostrate alla Tirreno e al Tour of the Alps, ma i programmi della Bora-Hansgrohe quelli erano e quelli sono rimasti. E questo spiega subito il perché, dopo metà Giro, Matteo si ritrovi con oltre un quarto d’ora di ritardo. Non è una questione di condizione, ma di ordini di scuderia. Basti pensare che 12′ li ha persi solo nella tappa di Sestola: una volta terminato il suo lavoro, si è messo di passo per raggiungere il traguardo spendendo il meno possibile. E lo stesso ha fatto a Campo Felice, ripreso ai 2 chilometri, ha tagliato il traguardo a 2’13” da Bernal.
Però il fatto che tanti tifosi si aspettavano un altro suo ruolo alla fine è una bella cosa per un corridore.
«Ho visto, ho visto… ed è veramente è bello. Questo mi fa sentire apprezzato da un lato, ma mi dispiace dall’altro perché vorrei avere più libertà. Però se vieni al Giro con dei capitani così forti è giusto mettersi al servizio e fare la propria parte come un buon gregario».


La squadra prima di tutto
«Penso che come team stiamo andando bene – riprende Fabbro – E’ un bel Giro per noi della Bora. Siamo riusciti a vincere una tappa finalmente con Sagan, dopo un gran lavoro di squadra, abbiamo la maglia ciclamino e il nostro leader, Buchmann, è con i primi».
Ma quindi non ci sarà spazio per il Fabbro attaccante?
«Magari i prossimi giorni avrò carta libera, come è successo qualche giorno fa verso Campo Felice. Proverò sicuramente a giocarmi le mie carte con degli attacchi da lontano, come del resto ho fatto quando ho avuto le mie possibilità. Si è visto alla Tirreno-Adriatico. Ma penso che con tutte le salite che ci sono da fare da oggi per me inizia un altro Giro e dovrò tirare tanto, ma tanto…».


Un anno di attesa
Verso l’arrivo di Guardia Sanframondi, Matteo era anche finito a terra nel chilometro finale.
«Sì, siamo caduti in salita – spiega Fabbro – e per fortuna non mi sono fatto niente. Mi hanno preso da dietro, ma quella scivolata non ha influito». E infatti il giorno dopo era in fuga verso Campo Felice.
Matteo sta bene. E lo dice chiaramente. Se avrà le possibilità ci proverà, sapendo però che quando c’è da lavorare per obiettivi concreti deve “stare a rapporto”, come ha fatto verso Foligno. Lui ed Aleotti hanno scandito il passo in salita, ma il loro ritmo è stato determinante per la vittoria di Sagan.
I tifosi sono avverti perciò, per vedere Fabbro capitano al Giro dovremmo attendere un altro anno. Intanto… confidiamo nelle sue buone gambe.