FORLI’ – Donne meravigliose quelle che hanno corso il Giro Women. D’altronde lo slogan della gara – wonderful women – inciso sulla copertina del road book della gara intendeva riunirle tutte assieme. Dalla prima all’ultima, letteralmente, perché per tante che vincono, ce ne sono sempre altrettante che chiudono le classifiche.
Per dare un riferimento ed entrare nello specifico, a Monte Nerone – traguardo della settima tappa che misurava 150 chilometri con 3.850 metri di dislivello – Sarah Gigante ha vinto in 4 ore e tre quarti. Le ultime invece sono arrivate con quasi 50 minuti di ritardo, ritrovandosi a pedalare per circa 6 ore contando i chilometri di trasferimento e lottando contro il limite del tempo massimo. Di questo passo quindi capita che alcune atlete, così come succede tra gli uomini, finiscano le grandi gare a tappe come se avessero corso una frazione in più.
C’è chi è più abituata e chi meno a queste situazioni, così assieme ad Alessia Zambelli della Top Girls Fassa Bortolo siamo ritornati a quel sabato di due settimane fa abbondanti. Lei ha diciannove anni, è bergamasca di Almenno San Bartolomeo (ai piedi della Roncola, come sottolinea) e quest’anno sta disputando la sua prima stagione da elite. Per lei la “Corsa Rosa” è stata un’avventura estremamente formativa di cui esserne orgogliose.


Innanzitutto com’è andato il Giro Women in generale?
Devo dire bene. L’ho finito e questo è un gran risultato per me considerando che ho saputo di correrlo solo al campionato italiano. Quindi non ho avuto modo di poterlo preparare a dovere, anche perché avevo la maturità (si è diplomata in amministrazione, finanza e marketing, ndr). L’obiettivo principale era quello di cercare di arrivare il più lontano possibile. Sono contenta di essere arrivata in fondo, se guardo anche il livello delle atlete in gara.
Quanto eri emozionata?
Tantissimo. Ero felice della convocazione, soprattutto perché sono al mio primo anno nella categoria. Poi considerando che la partenza è stata da Bergamo, casa mia, ero abbastanza tesa. Per la crono avevo molta ansia perché continuavo a pensare di essere alla gara italiana più importante con le migliori al mondo. Non volevo sfigurare del tutto, però è stata una bella sensazione.


La settima tappa del Giro Women è stata una delle più dure degli ultimi 10/15 anni e va fatto un plauso a chi l’ha portata a termine. Ma come si vivono certe giornate più lunghe?
Non avevo mai fatto così tanta salita in vita mia, è stata molto impegnativa. Lo scorso inverno avevamo fatto tanto fondo con la squadra, però in questo caso c’era molto dislivello. La cosa più importante è stato alimentarsi molto durante la tappa. A dire il vero verso il finale ero rimasta a secco di cibo (sorride, ndr), ma per fortuna c’era l’ammiraglia che mi ha dato un po’ di gel.
Cosa ti eri preparata da mangiare per quella tappa?
Vi anticipo già che devo migliorare tanto sull’alimentazione. Avevo borracce con acqua e maltodestrine, poi le classiche barrette, i gel e i “fruttini” (gelatine di frutta, ndr). Prendevo qualcosa ogni mezz’ora. Non avevo nessun paninetto o rice cake perché faccio fatica a mangiarli in gara, però so che sarebbero tornati utili. Vedo le mie compagne e anche amici U23 che calcolano tutti i grammi da prendere, mentre io vado ancora ad occhio. Ecco, ho capito che devo assolutamente curare questo aspetto che è fondamentale.



Oltre alla fatica fisica, è stato anche uno sforzo mentale?
Certo, di fatica mentale ne ho fatta tanta che quasi al mal di gambe non ci pensi più. Tuttavia sapevo che dovevo arrivare in cima al traguardo, quindi sono salita di inerzia. E’ stato un test molto complicato da superare, però anche quel giorno, sommato a quelli prima e al quello successivo, mi ha insegnato molto.
Ha imparato qualcosa di particolare Alessia Zambelli dal Giro Women?
Ho fatto tantissima esperienza. Ho capito tantissime cose, a non mollare di testa e che si può cercare di resistere fino all’ultimo. Salendo verso Monte Nerone pensavo di essere già fuori tempo massimo, invece dall’ammiraglia mi hanno detto che avevo ancora dieci minuti da gestire. Certo, erano solo dieci minuti, ma mi hanno dato una piccola iniezione di fiducia e ritrovi morale. Infatti come dice sempre Lucio Rigato (il team manager, ndr), vale più una settimana di Giro d’Italia che un anno o due di gare open.


Da juniores sei andata molto forte e le tue caratteristiche erano da scalatrice. Finora com’è andata la stagione?
La squadra mi ha tenuta calma finché ho avuto la scuola e la maturità da preparare. Prima del Giro, con le pro’ avevo corso solo il Trofeo Binda, Chambery e l’italiano, mentre le gare open le ho fatte quasi tutte le domeniche. Abbiamo ripreso a correre solo domenica scorsa a Tarzo dopo un buon periodo di recupero. Devo ancora capire che tipo di corridore sono. Da juniores andavo bene un po’ dappertutto, adesso cerco di concentrarmi bene sul ciclismo e vedere cosa posso provare a fare, poi vedremo. Da qui alla fine dell’annata ci sono ancora un po’ di gare importanti in cui imparare e crescere.