Alla fine ce l’ha fatta. Joao Almeida ha vinto il Tour de Suisse. Con tenacia, con costanza, come una formichina, il portoghese della UAE Emirates si è messo sotto dopo il pasticcio della tappa iniziale e, negli ultimi 10 chilometri contro il tempo della corsa elvetica, ha ribaltato la situazione.
Kevin Vauquelin però è stato un avversario fiero. Inaspettato, ma altrettanto tenace. Finché ha potuto, ha lottato e, diciamolo pure, ha anche fatto tremare Almeida… e non solo lui. «Alla fine sì, sono deluso, ma la UAE ha mezzi più potenti dei nostri», ha sentenziato il giovane francese.


Non mollare mai
Chi invece è stato davvero uno squalo – e lui stesso ci aveva detto di essere venuto qui per vincere – è stato proprio Almeida.
Ha iniziato la rimonta quasi senza pensarci, ma con l’intento di riscattarsi conquistando le tappe. E così eccolo: l’assolo dello Spluga, la volata di Santa Maria in Calanca e la vittoria di Emmetten prima dell’epilogo di ieri. Ogni giorno tra distacchi e abbuoni rosicchiava qualcosa al leader. Tanto da presentarsi con 33″ di ritardo da Vauquelin. Non male per come si era messa: 3’22” di ritardo dopo la prima frazione.
«E’ stata una lunga strada, nella quale un errore poteva costarci caro – racconta Almeida – Per fortuna non ne abbiamo fatti più dopo l’inizio e siamo riusciti ad arrivare fino in fondo. Ma anche quando ho perso tre minuti, non credo che avessimo sbagliato tanto.
«La squadra è stata incredibile, abbiamo fatto un lavoro perfetto, abbiamo lottato per la vittoria, non ci siamo mai arresi, ci abbiamo sempre creduto. Alla fine è stata una vera lezione: non bisogna mai arrendersi. A volte le cose vanno male, niente è mai perfetto. Bisogna solo continuare a provare. Noi abbiamo continuato a farlo e ci siamo riusciti.
«E adesso? Mi godrò questa vittoria al massimo. E poi sarò pronto per il Tour de France e per supportare Tadej Pogacar. Spero che avremo altri successi».


Pedrazzini racconta
Tra i fautori di questa bella rimonta c’è Simone Pedrazzini, il direttore sportivo della UAE Team Emirates in questo Tour de Suisse.
«L’abbiamo ripresa per i capelli – racconta Simone – Siamo partiti così, con quella tappa in cui abbiamo perso terreno. Può succedere. Il problema è che non eravamo sicuri di recuperare, il percorso non era particolarmente selettivo. Di arrivi con salite lunghe, esclusa la crono di oggi (ieri per chi legge, ndr), non ce n’erano. E invece Joao, un giorno qua e uno là, è riuscito a recuperare tutto».
Eppure Pedrazzini ammette che loro ci hanno sempre creduto, Almeida soprattutto. Ma rimontare oltre tre minuti e passa non era affatto scontato. Anche prima della cronoscalata la certezza non era assoluta.
«Sì, ci credevamo, ma non eravamo sicuri al 100 per cento. Vauquelin è un buon cronoman, basta vedere i suoi risultati. Ma si trattava di una cronoscalata e questo ci poteva favorire. Ipotizzavamo di potergli rifilare un minuto, alla fine è stato 1’40”».


Niente recon
L’approccio di Almeida alla crono è stato quantomeno insolito. In un ciclismo in cui si studia tutto, Pedrazzini racconta che il portoghese non ha fatto la ricognizione. E anche per il pacing si è scelta un’altra strada.
«E’ stata una mattina abbastanza tranquilla – dice il tecnico – Joao non ha voluto neanche vedere il percorso. Ha preferito riposare. I primi 4,6 chilometri li aveva già visti con l’arrivo di ieri. Per quanto riguarda il pacing e l’impostazione della crono, noi abbiamo David Herrero. E’ lui l’addetto che analizza tutto, che dà le indicazioni ai corridori anche sui materiali, che spiega il percorso…».
E proprio riguardo alla gestione dello sforzo e al passo sono curiose le parole di Almeida: «Non ho regolato bene il mio sforzo all’inizio e alla fine, non avevo più benzina per dare il massimo nell’ultimo chilometro ma è stato sufficiente. Ho fatto una salita davvero bella, mi sentivo davvero bene. In alcuni punti, ho pensato che il mio misuratore di potenza fosse mal calibrato, perché mostrava valori più alti del solito. Quindi sì, sono davvero super contento».
«Joao – riprende Pedrazzini – ci ha messo del suo. Il mix delle due cose, le indicazioni di Herrero e le sue gambe, ha portato alla crono che abbiamo visto. Sapete, nel ciclismo moderno non è più tanto il diesse che influisce sulla crono, ma altri. Il diesse gestisce la giornata, fa sì che tutto funzioni bene».


Quei due intermedi…
Una giornata ben organizzata parte anche da dettagli apparentemente banali: come il bus parcheggiato correttamente per esempio, viste le difficoltà logistiche, e tutto predisposto nel modo giusto. La riunione con Herrero è stata fondamentale, ma anche il supporto degli altri ragazzi della squadra.
«Un altro aspetto da non sottovalutare – continua Pedrazzini – è che una crono così, a fine giro, in pochi la fanno a tutta. Per noi era importante motivare tutti. Saper fare bene una crono è qualcosa che serve anche in futuro e devo dire che i ragazzi sono stati bravi nonostante il giorno prima avessero preso aria per 160 chilometri. E comunque averla fatta con impegno ha permesso che nei primi chilometri ci fossero piccole indicazioni utili per Joao, tipo una doppia curva, il ciglio del marciapiede più alto nei primi 700 metri che erano veloci. E questo è uno stimolo. Sanno che possono aiutare il capitano».
La UAE Emirates non ha lasciato nulla al caso. La corazzata ha predisposto tutto al meglio lungo il percorso.
«Per radio – conclude Pedrazzini – parlava Herrero. Come detto, è lui che fa i calcoli ed è giusto che fosse lui a dare le indicazioni. Indicazioni che servono a non arrivare in croce nei momenti topici. Almeida sapeva sempre i distacchi, non solo all’intermedio ufficiale. Avevamo organizzato per conto nostro altri due punti di cronometraggio: uno ai due chilometri e uno ai sette, oltre a quello dei 4,6 chilometri. Ecco, questo fa parte delle mansioni del diesse.
«Tornando ai distacchi, già dopo due chilometri – i più favorevoli a Vauquelin – Almeida aveva 11″ di vantaggio. Questo ha significato molto. Così come l’aver preso Alaphilippe… per carità, lui non è uno specialista, ma in una cronoscalata averlo a vista per oltre un chilometro è stato un riferimento in più. Anche per il morale».