U23, le tante piccole squadre che in Italia servono eccome

26.01.2024
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Calzaturieri Montegranaro, Team Gragnano, Cablotech Biotraining, Lan Service, Uc Pregnana… Sono solo alcune delle tante piccole squadre che compongono il tessuto del movimento dilettantistico italiano degli under 23. Parliamo sempre delle migliori, delle più storiche, delle più grandi come Colpack-Ballan, Zalf o CTF che giustamente sfornano i campioncini del domani e pertanto hanno una determinata struttura e godono di una certa visibilità, ma anche queste squadre più piccole sono importanti per il movimento.

E lo sono soprattutto in Italia. Sono necessarie. Hanno ancora un senso. Il nostro ciclismo ha bisogno di loro, al netto della difficoltà storica e globale che sta vivendo la categoria U23. Ma questo è un altro discorso. Delle piccole squadre abbiamo parlato con il commissario tecnico U23 Marino Amadori. Ma già in passato avevamo toccato l’argomento, con Marco Toffali, diesse del Sissio-Team.

Il commissario tecnico Marino Amadori, qui con Milesi, dirige gli “azzurrini” U23 dal 2009 (foto FCI)
Il commissario tecnico Marino Amadori dirige gli “azzurrini” U23 dal 2009 (foto FCI)

In molti Paesi del Nord Europa, il ciclismo degli U23 è qualcosa di elitario. Pensiamo alla Norvegia per esempio. Ha pochissime corse, una trentina di atleti che sono portati avanti dalla Federazione o dalla Uno-X e corrono quasi solo all’estero. Sono i ragazzi che fanno parte di un progetto federale, come in Slovenia del resto. O in Danimarca fino a qualche anno fa.

Marino, dicevamo delle piccole squadre. Oggi per questi team forse è ancora più difficile che in passato tirare avanti…

Sicuramente il ciclismo è cambiato, lo abbiamo detto in tutte le salse. Ed è cambiato anche il dilettantismo, ma io credo che in Italia ci sia spazio anche per queste squadre più piccole. E c’è perché abbiamo ancora la fortuna di avere un calendario importante di gare regionali. In questo modo queste squadre hanno la possibilità di fare una buona attività. 

Parli del numero delle gare?

Del numero di gare, ma anche del fatto possono far correre ragazzi che chissà per quale motivo non sono ancora pronti del tutto, che hanno bisogno di più tempo per maturare. Possono prendere (e dare una speranza, ndr) a quegli juniores che non sono riusciti ad emergere. Danno a tutti loro la possibilità di correre 3-4 anni. Poi magari se alcuni di questi ragazzi vanno bene possono passare in una continental, in una squadra più grande under 23 o, perché no, al professionismo. Ci sono degli esempi.

In Italia le gare regionali per U23 sono state oltre 70 nella passata stagione
In Italia le gare regionali per U23 sono state oltre 70 nella passata stagione
Quali?

Senza andare troppo indietro penso a Nicolò Buratti, il quale prima di approdare al Cycling Team Friuli era in una squadra piccola. Ha fatto il primo anno al Pedale Scaligero e poi è andato al CTF. Questo vuol dire che la possibilità c’è. Poi è chiaro che queste squadre fanno fatica a mantenere i corridori più validi.

E forse neanche è il loro obiettivo… Come s’interfaccia il tuo lavoro di cittì con questi team più piccoli? 

Io guardo le loro gare. Vado spesso alle corse regionali. Non seguo solo le gare nazionali ed internazionali. Se individuo qualche ragazzo che ha delle buone attitudini, magari lo convoco per qualche rappresentativa, lo porto ai ritiri. Magari non lo porto al mondiale perché lì ci si ritrova con gente che corre nel WorldTour e la forbice è gigantesca, ma in qualche modo lo coinvolgo. L’esempio è Ludovico Crescioli (Mastromarco-Sensi passato alla Technipes-#InEmiliaRomagna, ndr): nella passata stagione l’ho portato alla Coppa delle Nazioni e in ritiro. Insomma, che si corra nella Garlaschese o nella Pregnana non si preclude nulla a nessuno.

Sono poi tanto diverse queste squadre più piccole rispetto alle più grandi di categoria?

Sì, parliamo di altri mezzi, altri budget, altri materiali, staff più all’avanguardia… Però al tempo stesso in quelle squadre c’è anche più “esasperazione” ed è normale. Alla fine hanno, tra virgolette, l’obbligo di vincere, di ottenere risultati. Cosa che nei piccoli team regionali non c’è. In team minori i ragazzi possono crescere e vivere le loro stagioni più tranquillamente. Poi è anche vero che per gli stessi ragazzi il confronto non è facile. Però se qualcuno di loro riesce a mettersi in mostra, se la squadra riesce a farlo crescere bene, allora tutto vale doppio.

I ragazzi della Cablotech Biotraining, piccola squadra bolognese che con Nicholas Tonioli ha ottenuto due vittorie (foto Facebook)
I ragazzi della Cablotech Biotraining, piccola squadra bolognese che con Nicholas Tonioli ha ottenuto due vittorie (foto Facebook)
All’estero forse questo tessuto di squadre non c’è. E’ da noi che per ragioni storiche, culturali, anche campaniliste se vogliamo, esiste e resiste.

Io credo che qualcosa ci sia anche all’estero. So per esempio che in Belgio, ci sono diverse gare molto piccole, delle kermesse in pratica, in cui i ragazzi corrono anche da individuali. Magari adesso le cose sono cambiate anche lì, ma chiaramente da noi questo sistema è più forte. Per i team continental c’è il limite di poter schierare nelle corse regionali solo gli atleti di primo e secondo anno. Io eliminerei anche questa possibilità, ma poi per questioni diverse come numero di partenti, impegni scolastici e altro questa regola resta e va bene così. Ma, come dicevo, abbiamo un certo quantitativo di organizzatori regionali che consentono a questi team piccoli di fare un calendario abbastanza corposo.

C’è qualche squadra di quelle più piccole con cui si lavora bene o che tu vedi lavorare bene?

Eviterei di fare nomi. Con tutti, chi più e chi meno, si lavora bene. I costi oggi sono molto elevati anche solo per andare a correre e quindi il loro margine di manovra e di organizzazione è molto ridotto. Però sono tutte squadre dirette da persone che hanno una grande passione e anche una grande esperienza. Credono nella loro attività, nel dare una possibilità ai ragazzi. Ci credono nonostante le limitate disponibilità finanziarie e per questo sono da elogiare. Alla fine parliamo di 30-35 squadre e non sono poche.