Quello che è successo al Giro d’Italia, ma a parti inverse. Filippo Conca, si ritrova al via della Vuelta. Il corridore della Lotto Soudal sta per affrontare il suo primo grande Giro.
Lo ha saputo così, a sorpresa, prima del via di una corsa. Talmente a sorpresa che per raggiungere la squadra in Olanda in pratica si è dovuto sciroppare un “interrail” per mezza Europa.
«Ero – racconta Conca – alla Polynormande (corsa tra Bretagna e Normandia, ndr), da lì ho preso un treno per Parigi, viaggio di 4 ore e mezzo. Poi un altro treno per Bruxelles. Da Bruxelles ancora in treno fino ad Herentals dove abbiamo la logistica della squadra e da lì con loro sono arrivato ad Utrecht».
Come mai non hai viaggiato in aereo?
Perché di questi tempi con i voli è sempre un bel problema, come si è visto. Io avevo la bici al seguito e molte volte i bagagli non stanno arrivando. All’italiano per esempio mi hanno annullato il volo. Alla fine ne ho dovuti prendere due: Milano-Roma, Roma-Bari. Sono partito alle 7 e sono arrivato in hotel alle 21,30. Niente massaggi, sgambata… e infatti nel finale di corsa il giorno dopo non ero brillante.
Filippo, questa Vuelta dunque è stata davvero una sorpresa…
Ero riserva per la gara spagnola. L’altroieri mi hanno avvertito per dirmi che sarei stato della partita. Un altro ragazzo appena uscito dal Covid non dava garanzie e così hanno chiamato me. In pratica è accaduto, a parti inverse, quel che è successo a me al Giro.
Però Filippo qualcosa è mancato in questa stagione…
Direi che in generale sono mancati questi due anni. Non tanto le corse o gli allenamenti, ma non sono mai riuscito a trovare la condizione giusta. Un mese correvo e poi per un motivo o per un altro mi fermavo. In questo modo non prendi continuità e non trovi mai la giusta forma.
E adesso come stai?
Dopo il Covid di aprile non ho avuto più problemi. Lo sento e lo vedo dalle prestazioni in bici. La ruota sta iniziando a girare per il verso giusto. L’avevo preso ai Baschi. Sono stato fermo per nove giorni, ho ripreso ma poco dopo avevo una stanchezza tremenda. Mi sono ripreso solo a fine maggio e solo da quel momento ho iniziato ad allenarmi con intensità.
Come arrivi allora a questa Vuelta?
Ho le sensazioni migliori da due anni a questa parte.
Ma i risultati non sono ancora arrivati, speriamo possano arrivare alla Vuelta…
Vero e non è facile tra la condizione che non c’era e il fatto che debba lavorare per la squadra. Con il discorso che servono punti si lavora soprattutto per i primi dieci. Se avessi avuto più spazio, magari avrei fatto meglio.
Che poi sei scadenza di contratto, giusto?
Esatto. E non è facile. Al Tour de l’Ain nonostante mi sia messo a disposizione, non ho mollato una volta finito il mio lavoro. Sono arrivato 14° ma serve a poco. Magari una top 10 mi avrebbe aiutato un po’.
E sarai a disposizione anche in Spagna?
In Spagna andiamo per le fughe e tutti abbiamo carta bianca. Giusto Cras (Steff Cras, belga di 26 anni, ndr) proverà a tenere per la classifica, ma senza pressione.
Te lo auguriamo! Filippo, passiamo alla preparazione. Hai detto che finalmente vedi la prestazione. Come ti sei preparato a questo tuo primo grande Giro… senza saperlo?
Tutto sommato è stata una preparazione adatta ad un grande Giro, anche perché ci speravo: questa Vuelta volevo farla a tutti i costi. Alla fine sono stato in altura a Livigno ben 25 giorni: i primi dieci con la squadra a Trepalle (quota 2.300 metri, ndr) e poi in appartamento a Livigno (1.800 metri, ndr). Non avevo mai fatto un’altura così. Ho parlato con la squadra, avrei dovuto fare delle gare, ma volevo restare lassù per fare un grande volume. Se fossi sceso prima, magari sarei andato più forte all’Ain, ma non sarei stato “giusto” per la Vuelta. Ho fatto qualità proprio con il Tour de l’Ain e la Polynormande.
Cosa hai fatto dunque in altura?
Come detto, quantità. Ho fatto dei blocchi da due e tre giorni, intervallati da un giorno di scarico: un’uscita facile con pausa bar! Ho lavorato senza tirarmi il collo, solo nell’ultima settimana ho aumentato un po’ l’intensità, ma senza ancora fare dei fuori soglia. Se avessi tirato, sarei entrato in forma subito, ma mi sarei bruciato presto, vanificando i benefici della montagna. Quindi facevo delle uscite tra le 4 ore e mezzo e le 5 ore e mezzo e un paio da sei ore, ma sempre con molto dislivello: 3.500 e anche oltre i 4.000 metri. Ho inserito la palestra, una volta a settimana, per il sistema neuromuscolare.
Palestra: pesi o corpo libero?
Pesi, ma senza esagerare, anche perché io tendo a mettere su muscolo e non voglio appesantirmi. Sono a 75 chili che per la mia statura (190 centimetri) vanno bene. Magari potrei essere un filo più magro per andare più forte in salita, ma poi perderei forza. Per quel che mi riguarda, meglio cercare di aumentare i watt che dimagrire.
Prima hai parlato d’intensità, ma facevi anche dei lavori?
La forza l’ho sempre curata in bici. Facevo delle SFR di 2′-3′ ma con i watt alla soglia. Poi lavori al medio in salita con i 2′ finali a soglia.
Hai lavorato anche con la bici da crono? Visto che ci sarà persino una cronosquadre. A proposito, ne hai mai fatte?
Da pro’ no, ma da under 23 sì, all’Avenir del 2019. Giusto l’altro ieri abbiamo fatto delle prove con il team nell’autodromo di Zolder. Non tanto perché puntiamo sulla crono, ma per cercare di non combinare guai e prendere rischi inutili. E poi ci sono team che sui materiali sono più avanti di noi.
Cioè?
Su strada siamo messi molto bene con ruote, bici e il resto. Siamo molto competitivi. A crono invece siamo un po’ indietro e stiamo aspettando la nuova bici per il prossimo anno.
E in altura ti sei allenato a crono?
Poco, anche perché come detto neanche conviene investirci troppo. Anche se sei al 100%, sei in svantaggio con i materiali.
E ci lavorerai?
Mi piacerebbe farlo. Magari fra due-tre anni succederà che sono lì a giocarmi una breve corsa a tappe e dovrò fare la crono a tutta. Se non ci lavori dal puntare ad una top 5 ti ritrovi fuori dalla top 10.
Alla luce di quanto ci siamo detti, qual è la tappa ideale di Filippo Conca?
Una tappa non semplice, ma neanche durissima. Mi piacerebbe ci fossero salite lunghe, anche lunghissime, ma pedalabili. Per me non c’è una tipologia di corsa preferita. Su una salita secca ci sono 30 corridori più forti di me, quindi devo anticipare, devo puntare sulle fughe. Io poi ho notato che a inizio gara ci sono tanti corridori più forti di me, mentre nei finali vado meglio. Il divario diminuisce
Ti appresti ad affrontare il tuo primo grande Giro: cosa ti aspetti dunque?
Considerando quanto appena detto spero che possa emergere questo aspetto e fare bene man mano che si va avanti. Sono curioso di vedere come reagirà il mio fisico nella terza settimana. Sin qui la corsa a tappe più lunga che ho fatto è stata di 10 giorni: due volte il Giro da dilettante e due volte sono arrivato quinto nella generale. Sul piano delle prestazioni spero di andare forte perché sento di stare bene, so che con la preparazione fatta posso crescere e fare qualcosa di bello.
Hai già visto qualche tappa?
Non sapendo di andare in Spagna, no. Gli ultimi giorni sono stati super intensi, ma da stasera mi metterò a studiare quale può essere quella più adatta a me. Di certo non le prime tappe in Olanda. Lì i velocisti avendo poche possibilità non vorranno lasciarsi scappare le occasioni di volata.