Il ciclismo è parte integrante del patrimonio culturale italiano e ha contraddistinto passaggi fondamentali della storia e del senso di comunità che oggi ci rende un’unica nazione. La mission del Museo Digitale Diffuso del Ciclismo parte proprio da qui. Con la volontà di salvaguardare il patrimonio narrativo e immateriale delle due ruote. Allo stesso tempo promuovere il territorio e le “micro zone” d’Italia (per il turismo di domani) utilizzando la narrazione della storia del ciclismo (il patrimonio di ieri).
Percorsi e storie che rappresentano stanze in cui passeggiare, prima scorrendo sullo schermo del proprio smartphone, per poi andare sul posto e assaporarne sensazioni e tradizioni. Museo Digitale Diffuso del Ciclismo è un’app dov’è possibile immergersi nella storia, attraverso archivi video, foto, altimetrie e planimetrie che racchiudono l’essenza del territorio che li ospita.
Lanciato alla fine del 2020 da ExtraGiro in joint venture con Len Soc. Coop. Onlus, oggi viene riportato al centro delle strategie di sviluppo con l’obiettivo di metterlo a disposizione dei territori a vocazione cicloturistica, per avere uno strumento comune di narrazione. Per questo 2022 infatti è previsto l’inserimento nel database di 15 nuovi segmenti e il collegamento diretto con i Tour Operator del mondo Bike distribuiti su tutto il territorio italiano.
La narrazione del ciclismo
Per approfondire questo progetto così originale ci siamo affidati a Marco Pavarini, direttore generale di ExtraGiro che ci ha accompagnato alla scoperta del Museo dalla sua creazione al presente.
«Il Museo è nato un paio di anni fa con l’obbiettivo di avere due livelli di narrazione intorno al ciclismo. Uno per il cicloturismo, raccontandone i territori, partendo da quanto è successo di importante in quel determinato luogo.
«Dall’altra parte, andando a recuperare qual patrimonio narrativo fatto da persone che hanno vissuto l’epica del ciclismo negli anni precedenti fino a recuperare archivi storici di foto, video e interviste. Consiste quindi nell’andare sul territorio a intervistare quelle persone che sono ancora tra di noi e ci possono raccontare quanto epico è stato il ciclismo in quegli anni e di come abbia parlato dell’Italia.
«Quella era l’idea, recuperare un patrimonio narrativo che era sparpagliato negli archivi personali, senza una casa vera e propria. Siamo partiti due anni fa in epoca Covid. Quest’anno lo abbiamo rilanciato e rinnovato».
Per il territorio
Attraverso la narrazione l’obiettivo del Museo è quello di creare un assist per il territorio che a sua volta deve tradurre in accoglienza e promozione di se stesso.
«Il ciclismo turistico – spiega Pavarini – è un asset su cui l’Italia sta puntando per il futuro. Noi vogliamo prenderlo e rilanciarlo per metterci dentro altri segmenti, quindi stanze, e recuperare altri materiali per legare sempre più quello che è il Museo ai singoli territori. Una trade union tra le singole stanze (una stanza del museo è un percorso, ndr).
«Dalle ricerche che abbiamo fatto, ad oggi ogni territorio promuove se stesso. Si crea quindi una battaglia impari con i grandi operatori. Questo progetto vuole essere un po’ la casa comune per aggregare più territori e non essere così, sciovinista di sé. Più è micro, più la battaglia è isolata. Noi crediamo invece che più territori si incontrino, più la storia del grande ciclismo unisce. Questo è quella che è l’anima di Museo Digitale Diffuso del Ciclismo».
Il rilancio del progetto
Nato alla fine del 2020, questo progetto ha riscosso sempre più successo tra gli addetti ai lavori e tra gli appassionati di ciclismo. ExtraGiro ha deciso di rilanciarlo per dare ancora più valore e spazio ai sani valori che questo sport è in grado di regalare a chi lo pratica. «Nei prossimi sei mesi – racconta Pavarini – l’obiettivo è andare sui territori a intervistare e conoscere i protagonisti del passato ma anche del presente.
«L’idea piace. Alcune città che ospitano arrivi di tappa del Giro d’Italia, ci hanno chiamato perché avevano voglia di fare mostre con i nostri contenuti storici. Noi quindi risultiamo per loro la fonte di approvvigionamento per i temi dei territori. Stiamo diventando un’estensione narrativa del ciclismo anche di altri eventi. Il pubblico pian piano sta arrivando.
«Un altro nostro obiettivo è mettere in connessione l’utente con il territorio. Sono poi le APT locali e le offerte delle strutture a cogliere l’occasione per ospitare e promuoversi. Quello che stiamo costruendo è questa relazione».
Non a scopo di lucro
Il Museo Digitale Diffuso del Ciclismo è un progetto che non ha scopo di lucro: le risorse raccolte e investite sono infatti destinate all’inserimento di lavoratori svantaggiati provenienti dal mondo del ciclismo.
«E’ una sorta di legacy – spiega Pavarini – della potenza narrativa del ciclismo, per questo non abbiamo scopo di lucro. Se riusciremo a costruire e raccogliere risorse, le investiremo per portare all’interno di questo progetto delle persone con disabilità che ci aiutino per lo sviluppo editoriale.
«Len Service è il nostro socio, ed è proprietario di alcuni asset e tecnologie digitali che in futuro implementeremo. Una di queste è la realtà aumentata, che permette di avere un’esperienza immersiva comodamente dal proprio divano. Abbiamo fin da subito trovato una mission comune che è quella dell’essenza del progetto».