Una parola tira l’altra. Così quando qualche giorno fa abbiamo parlato con Laura Martinelli del bicarbonato, l’attenzione è caduta su un altro termine di cui negli ultimi tempi si parla parecchio in gruppo: i nitrati. Le squadre più grandi, che hanno alle spalle delle equipe di ricerca, aprono spesso la strada per le altre, creando delle mode e dei miti che gli anni poi collocano nella giusta dimensione.
Così, allo stesso modo in cui qualche tempo fa si parlava diffusamente dei chetoni, oggi l’attenzione si è spostata sui nitrati. Pare siano un modo naturale per andare più forte e di conseguenza se ne fa un gran parlare. Di cosa si tratta? Lo abbiamo chiesto nuovamente alla nutrizionista del Team Jayco-AlUla, riprendendo il discorso interrotto l’ultima volta.
Che cosa sono i nitrati?
I nitrati sono dei precursori dell’ossido nitrico, che il nostro corpo produce in maniera autonoma. L’ossido nitrico è fondamentalmente un vasodilatatore di base, che quindi favorisce il flusso di ossigeno. Così da un lato migliora l’ossigenazione a livello muscolare, dall’altro riduce la pressione sanguigna, perché appunto vasodilata. I capillari si ampliano e indirettamente si riduce il consumo di ossigeno durante l’esercizio.
Che cosa vuol dire?
Vuol dire che praticamente per fare la stessa strada o produrre lo stesso lavoro, consumo di meno. Il corpo diventa più efficiente e quindi i vantaggi in uno sport di endurance come il ciclismo sono notevoli. Non sono pratiche antiche come il bicarbonato, però mi sono laureata ormai 15 anni fa e si studiava già il nitrato, ritenuto in classe di evidenza B. Tutti gli integratori sono classificati per classe di evidenza. La A è quella con più evidenza e attualmente sia il bicarbonato sia il nitrato sono in classe di evidenza A: ce ne sono solo sei in quella categoria. Quando studiavo io, il nitrato era in classe evidenza B, per dire che negli ultimi 15 anni si è guadagnato la pole position fra le evidenze. Quindi non è più un… giovanotto neanche il nitrato, tutto sommato.
La ricerca ha avuto degli avanzamenti di recente oppure siamo fermi alle conoscenze di 15 anni fa?
Siamo fermi a 15 anni fa, perché si somministra sotto forma di estratto o succo concentrato di barbabietola (foto Salus, in apertura). Perché costa meno rispetto ad altre verdure che contengono nitrato e quindi l’industria ha scelto fondamentalmente la barbabietola o il rabarbaro, perché sono due verdure particolarmente economiche. Però non ci sono stati, come nel caso del bicarbonato, tentativi o reali miglioramenti a livello tecnologico. Cioè gli “shottini” di barbabietola c’erano 15 anni fa e sono gli stessi che ci sono adesso.
Quando nel 2010 arrivò il Team Sky e fece ridere tutti con i suoi succhi, fra cui la barbabietola, in realtà puntavano già a questi vantaggi?
Sì, perché appunto 13 anni fa il Team Sky fu il primo ad avere accesso diretto alla letteratura scientifica, avendo capito i vantaggi dell’innovazione in questo ambito. I primi studi risalgono a una ventina d’anni fa e loro ci sono arrivati subito.
I nitrati danno vantaggi durante la quotidianità o vi si fa ricorso anche in gara?
Anche in gara, infatti come dicevo ci sono gli “shottini”, per quanto magari per alcuni siano un po’ scomodi perché sono rigidi. Comunque vengono utilizzati anche in gara, perché anche in questo caso l’effetto dura 2-3 ore, quindi anche se li prendo prima, soprattutto nelle gare maschili, devo prenderli anche a metà.
Funzionano allo stesso modo per tutti?
Dipende, perché bisogna valutare la risposta individuale. Si prendono prima e durante per le gare più importanti. Si fanno anche cicli di 2-3 giorni di carico nel periodo precedente la gara.
Nell’ambito delle tre settimane di un grande Giro, il vantaggio è sensibile? In cosa consiste?
Secondo me, niente fa la differenza da solo. Invece queste piccole cose, se messe assieme, possono dare un reale vantaggio. Quindi mentre il bicarbonato va sicuramente preso nelle tappe chiave, perché ha un effetto in acuto sulla performance, nel caso del nitrato va preso per dare un sostegno quando si è particolarmente stanchi. Quindi magari non nelle tappe cui si punta, ma al contrario nei giorni di maggiore affaticamento, in modo da aumentare il supporto. Premettendo che secondo me tutto va periodizzato, perché se lo prendo tutti i giorni, il corpo si impigrisce e si perde efficacia.
Queste sono prassi adottate ormai in tutte le squadre?
Secondo me, chi prima chi dopo, ci si arriva tutti. Anche se la squadra ha medici e nutrizionisti preparati, ogni volta che un corridore cambia squadra, diffonde le competenze del team da cui proviene. Lui racconta, il nuovo team si informa e alla fine tutti fanno le stesse cose.
Nella tua dimensione di ricercatrice c’è questa voglia di andare a scovare questo tipo di supplementi?
Sicuramente sì, tuttavia serve un contatto col mondo scientifico, nel senso che l’intuizione può arrivare dal campo, perché spesso la pratica arriva prima della teoria, però per comprovare l’intuizione serve il mondo accademico. Un aspetto che secondo me manca tanto nel ciclismo attuale, che invece alcune squadre hanno. L’appoggio del mondo accademico potrebbe essere lo step che ti fa fare il salto di qualità e di farlo prima degli altri.
La differenza fra chi innova e chi si allinea, insomma…
Quando 13 anni fa Sky ha iniziato a usare i nitrati, aveva un vantaggio che gli altri ancora non avevano. Poi ci sono arrivati anche gli altri. Noi abbiamo alle spalle l’Università australiana e stiamo lavorando a una collaborazione che ci permetta di avere vantaggi nei prossimi anni. Stiamo cercando di creare una sinergia che al momento è ancora parziale, perché gli australiani sono più concentrati sul ciclismo su pista che sulla strada. Ma questo è un fronte cui Brent Copeland (team manager della Jayco-AlUla, ndr) tiene moltissimo, perché ne ha capito proprio l’importanza.