Dogma F, buona la prima. Ma per Pinarello è solo l’inizio

24.07.2021
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Carapaz vince le Olimpiadi e si lascia dietro tutti i campioni più celebrati e attesi, togliendosi una bella rivincita rispetto a quelli che al Tour lo avevano preso a schiaffoni. Sulla sua bici, la nuovissima Dogma F, come su tutte quelle impegnate nelle prove su strada, Fausto Pinarello ha fatto aggiungere la bandiera della Nazione di appartenenza sulla forcella e quella del Sol Levante nella coda del carro posteriore per omaggiare il Paese in cui ammette di vendere un elevatissimo numero di biciclette. Per l’azienda veneta e per i colori italiani, Tokyo però è un momento molto importante. La vittoria dell’ecuadoriano forse non era prevedibile, ma ora che si va verso la crono e soprattutto la pista, l’asticella sale sempre più su. Prima Ganna e gli altri specialisti della Ineos. Poi i quartetti, la madison e l’omnium con gli azzurri. A ben vedere gli ultimi mesi sono stati belli pieni, fra la pista e la strada con il Team Ineos, che resta comunque l’impegno più oneroso: economicamente e tecnologicamente.

«In realtà è la seconda vittoria sulla Dogma F – dice Fausto Pinarello che è appena sceso in spiaggia dopo aver seguito la corsa – adesso si può dire. Al Giro di Svizzera tutta la squadra aveva la Dogma F mascherata da F12. Solo pochi se ne sono accorti. Quindi Carapaz aveva già vinto. Ha corso benissimo. Speravo che anche Kwiatkowski facesse la volata. E la prima cosa che ho fatto è stato mandare un messaggio a Ganna. Gli ho scritto: visto che il belga si può battere? E lui ha risposto: «Si deve battere». Certo che lasciarsi dietro Pogacar e Van Aert dopo il Tour, è proprio bello…».

Con Ineos hai vinto, quindi, ora tocca alla nazionale..

Economicamente e quantitativamente, Ineos è un grande impegno, ma è anche la base di tutto. Per la nazionale stiamo parlando di bici da pista, che sono obiettivamente meno. Però quest’anno per le Olimpiadi ci siamo impegnati di più e per ogni azzurro che è volato a Tokyo abbiamo realizzato un manubrio su misura. Li abbiamo scansionati tutti e il 100 per cento della squadra ha il suo manubrio sinterizzato in titanio, come Wiggins a suo tempo, Ganna e Viviani. Sulle bici da inseguimento, da madison e da omnium. Sono manubri che vanno in vendita sui 20 mila euro, un bell’impegno, ma sono contento di averlo fatto. E poi rimesso mano alla verniciatura.

La Bolide è alle ultime apparizioni: a Parigi avremo altri modelli
La Bolide è alle ultime apparizioni: a Parigi avremo altri modelli
Facendo cosa?

Tutte le bici azzurre sono blu e cromate, come per la Bolide da crono usata da Ganna al Giro. Si chiama Ego Blue, noi siamo azzurri e rimarremo azzurri tutta la vita.

La Bolide ha ormai la sua storia…

La Bolide discende da quella con cui Wiggins fece il record dell’Ora, con la variabile della forcella, larga o stretta in base alle ruote che usano. E poi c’è la Mate, il modello per le prove di gruppo, la cui aerodinamica discende ugualmente dalla Bolide. Ma sono bici arrivate al capolinea. Faranno ancora qualche gara nel 2022, ma l’obiettivo è cambiare tutto con nuovi modelli per Parigi. Hanno fatto la loro parte. Le novità arriveranno prima al Team Ineos e poi alla nazionale.

Il team resta grande fonte di sviluppo, insomma…

Oltre al fatto che hanno gli uomini capaci di vincere i grandi Giri, uno dei motivi per cui siamo rimasti solo con loro, lasciando la Movistar, è la possibilità di avere i feedback degli atleti e dei loro ingegneri da cui sviluppare le nostre biciclette. Va così da 6-7 anni e ci permette di poter fare le bici più performanti per la squadra e di conseguenza per il mercato.

La Bolide di Ganna deriva da quella usata da Wiggins per l’Ora. Una bici alle ultime uscite ufficiali
La Bolide di Ganna deriva da quella usata da Wiggins per l’Ora. Una bici alle ultime uscite ufficiali
Come si fa a rivoluzionare la gamma e tirar fuori modelli nuovi?

Certamente è più facile se parti da un modello già pronto, ma per la pista abbiamo una banca dati di trent’anni, per cui anche se è difficile, non sarà impossibile. Potendo anche contare sulla collaborazione di atleti come Ganna, Viviani e anche Paternoster per quanto riguarda i manubri.

Quante bici da pista sono volate a Tokyo?

Undici, più quelle di scorta, quindi direi che sono venti. Alcune nuove, alcune no. Non sono bici sottoposte a grande usura, che riguarda piuttosto tubolari e selle. Noi forniamo solo telai, forcelle, reggisella e manubri. Il resto, ruote e guarniture, fa parte della sponsorizzazione federale.

Quanto incide la pista sul mercato Pinarello?

Poco, è un mondo piccolo se non piccolissimo. Il 98 per cento della nostra produzione riguarda la strada, ma la pista è una mia passione sin da quando correvano ancora Villa e Martinello. Tecnicamente insegna tanto ed è spettacolare. La Fci è l’unica con cui abbiamo un contratto di sponsorizzazione, mentre alcune federazioni asiatiche hanno comprato qualche bici.

C’è tanta differenza di misure per Ganna fra la Bolide da crono e quella da pista?

Niente affatto, non deve esserci. Cambia leggermente l’inclinazione del piantone, ma il resto è identico.

Le bici del quartetto sono come bici da inseguimento individuale oppure cambia qualcosa?

Le bici sono quelle, a parte le ruote che usano. Hanno una serie di forcelle diverse: quelle per la madison e quelle per le prove di inseguimento. La Mate la facciamo in quattro misure, con cui copriamo tutti i corridori.

Torniamo per un secondo alla strada: Ineos comincerà a usare i freni a disco?

Cominceranno a provarli dopo le Olimpiadi, credo che i tempi siano maturi. Ma molto dipende dalla fornitura Shimano, perché hanno da dismettere un parco ruote incredibile che va rimpiazzato. Non a caso la Dogma F l’abbiamo fatta per la doppia versione. Dischi e freni tradizionali.

Se non ci fosse stato il Covid, saresti andato in Giappone a seguire i Giochi?

Probabilmente sì. Il Giappone mi piace molto e piace molto anche a mia moglie, potrei andare a viverci. Mi hanno sempre accolto bene. Per questo sulle bici da strada ho voluto anche la loro bandiera. Ma che bella mattinata, ragazzi. Mi dispiace per Gianni (Moscon, ndr) e anche per Bettiol, che forse non aveva corso abbastanza prima. Ma ripeto… che bella mattinata!