Il viaggio di Montaguti, dal Giro alla sua Forlì inondata

26.05.2023
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Questa è la storia di Matteo, la storia di uno dei tanti che ha visto la sua vita sconvolta dall’alluvione. Sera del 17 maggio. Una sera come tante nella carovana del Giro d’Italia: i corridori vanno a riposare, gli staff preparano il necessario per il giorno dopo, chiunque faccia parte di quel grande carrozzone ha qualcosa da fare. Anche Matteo Montaguti, agente di commercio della Castelli, mette ordine fra le varie carte di lavoro pensando al mattino dopo. Ma il telefono comincia a squillare e sente che nelle stanze attigue avviene lo stesso.

Matteo è un ex professionista forlivese di 39 anni. Di giri da corridore ne ha fatti ben 9, è stato pro’ dal 2008 al 2019 togliendosi anche una soddisfazione personale al Tour of the Alps 2017. Nell’anno del Covid era in moto per la Rcs come ricognitore, poi ha trovato lavoro alla Castelli, restando nell’ambiente.

Matteo Montaguti ha 39 anni. Ha corso dal 2008 al 2019, per 8 stagioni è stato all’AG2R
Matteo Montaguti ha 39 anni. Ha corso dal 2008 al 2019, per 8 stagioni è stato all’AG2R

«Matteo, qui è una tragedia…»

Il telefono squilla, lui risponde. Bastano poche parole per fargli cadere il mondo addosso: «Forlì, la mia terra, era inondatata. Io abito nella zona nord – racconta a giorni di distanza – e per fortuna la mia casa non è stata invasa dall’acqua, siamo abbastanza in alto, ma tutta la parte sud era sommersa, le case di parenti, amici, conoscenti, chi ha perso tutto, chi ha rischiato la vita».

E’ una notte insonne quella che Matteo passa. La televisione racconta la catastrofe, già si discute se sia colpa del cambiamento climatico, delle mancate opere di prevenzione, ma dietro le polemiche ci sono vite in gioco. Si capisce subito che quell’ambiente così festante e indaffarato fino al giorno prima è diventato qualcosa di estraneo, Montaguti si sente un pesce fuor d’acqua.

«Non aveva senso restare – ricorda – ho chiesto che qualcuno in azienda mi sostituisse, dovevo tornare. La Castelli mi è stata vicino e l’ho apprezzato molto. Ho rimesso tutto in macchina alla meglio e sono partito».

La città è sommersa dall’acqua, dove ci si spostava in auto di colpo era necessario il gommone (foto Getty Images)
La città è sommersa dall’acqua, dove ci si spostava in auto di colpo era necessario il gommone (foto Getty Images)

Il miracolo dell’autostrada

Raggiungere Forlì non è cosa semplice: la pioggia continua incessante a cadere aggiungendo danno a danno. «Sapevo che non sarebbe stato semplice, ma dovevo tornare a casa – raccunta Montaguti – sono passato quando l’autostrada era stata appena riaperta, altrimenti non so come avrei fatto. Sono arrivato a casa di sera tardi, un viaggio lunghissimo partendo da Bra in Piemonte, dove pure stava piovendo e per ogni chilometro che passava sentivo un sussulto al cuore».

A casa danni non ce ne sono, il sollievo per vedere che in famiglia stanno tutti bene non porta però sorrisi. Basta guardarsi attorno, la Forlì che conosceva non c’è più. Neanche il tempo di riposare, un rapido cambio di abiti, si tirano fuori gli stivali di gomma e via, a dare una mano.

I capannoni quasi inondati. Un’immagine che dice tutto del dramma romagnolo (foto Getty Images)
I capannoni quasi inondati. Un’immagine che dice tutto del dramma romagnolo (foto Getty Images)

La forza della solidarietà

«Non ci sono parole per descrivere quello che ho visto. Amici che hanno perso tutto. Interi quartieri sotto l’acqua. Persone che per salvare quel poco che potevano rischiavano la vita in case pericolanti e anche chi non voleva lasciarle, nonostante tutto. Ma c’è anche qualcosa di buono in quello che ho visto.

«Ho visto gente arrivare da ogni parte d’Italia. Ragazzi che non si sono messi paura, che non hanno esitato a sporcarsi le mani. Dialetti di tutti i tipi intorno a me, come se fossimo diventati una sola, gigantesca famiglia. Italiana. E’ qualcosa che non dimenticherò».

Il lavoro procede giorno dopo giorno: «Qualche ora di sonno e si ritorna nell’acqua, ma la nostra sembra la fatica di Sisifo: svuotiamo una casa, la liberiamo dai fiumi d’acqua e il giorno dopo è di nuovo allagata. Le fogne hanno ceduto e finché questa valanga d’acqua e fango non defluisce verso il mare, ci troviamo sempre nella stessa situazione. La pioggia poi non aiuta, ma non molliamo».

La bici continua ad avere una sua funzione, anche in condizioni davvero estreme (foto Getty Images)
La bici continua ad avere una sua funzione, anche in condizioni davvero estreme (foto Getty Images)

Il Giro in Romagna

Il Giro sembra lontano anni luce, altro che qualche centinaio di chilometri. Ma tra una spalata e l’altra c’è tempo per riflettere: «Quando questa valanga d’acqua si è riversata eravamo a Camaiore, avevamo lasciato l’Emilia il giorno prima arrivando a Viareggio. Che cosa sarebbe successo se i tempi fossero coincisi? Non c’era possibilità di andare avanti. E’ vero che il Giro d’Italia ne ha affrontate tante nel corso della sua storia, ma qui? Magari saltava una tappa, due, ma come rimettevi insieme la carovana quando era praticamente impossibile anche solo uscire o entrare in Romagna?».

Quando si è saputo che Matteo aveva lasciato la corsa rosa per impugnare la pala, anche le telecamere di Rai 3 si sono mosse.

«Tutta questa notorietà non la volevo – si schermisce – si è parlato di me più adesso che nei lunghi anni di professionismo. Si dovrebbe parlare invece dei tantissimi che ogni giorno si aggiungono al nostro lavoro, ma non bastano mai, abbiamo ancora bisogno di gente. Ci sono garage ancora sommersi dall’acqua, scuole chiuse, aziende da rimettere in funzione. Noi però non ci arrendiamo, la razza romagnola è così, ci rimbocchiamo le maniche e lavoriamo, le polemiche le lasciamo ad altri. Anche se…».

I corridori per le strade di Scandiano. Era solo il giorno prima della grande alluvione
I corridori per le strade di Scandiano. Era solo il giorno prima della grande alluvione

Una conclusione amara

La voce di Montaguti si fa un po’ velata, perché queste giornate gli hanno lasciato anche un senso di amaro in bocca. E Matteo spiega il perché.

«Avrei voluto che il nostro ambiente – dice – fosse più pronto, sollecito, sensibile. Non dico che il Giro dovesse fermarsi, ma almeno un segnale… Tanti in quel mondo hanno legami con questa terra, diretti o meno. Capisco che sia un lavoro, ma ci sono valori che prescindono. Io comunque non smetterò mai di dire grazie alla Castelli per la sensibilità dimostrata e soprattutto a ogni persona che ha messo da parte la sua vita per venirci a dare una mano… Ma c’è ancora bisogno».