Conoscete Francesca Mannori? Guiderà la Giuria del Tour

02.05.2022
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Non solo corridori e direttori sportivi fanno carriera. Nel modo del ciclismo ci sono anche altre figure che crescono e volano in alto. Tra queste ci sono i giudici. E tra i giudici c’è anche Francesca Mannori (nella foto di apertura, Ferderciclismo).

E la Mannori, toscana Doc, è salita davvero in alto. Sarà lei infatti la presidente di giuria del prossimo Tour de France.

Francesca Mannori sarà la presidente di giuria al prossimo Tour de France (foto Federciclismo)
Francesca Mannori sarà la presidente di giuria al prossimo Tour de France (foto Federciclismo)
Francesca, prima di tutto complimenti. Partiamo proprio da questa nomina…

Chiaramente fa piacere. E’ un punto di arrivo per un commissario.

Quanti sarete al Tour?

Sedici in tutto: 15 giudici, più io. Comunicheremo tramite una radio interna.

Quando hai iniziato a fare la giudice?

Nel 1993. Ho iniziato come giudice regionale. Nel 1998 sono diventata giudice nazionale e nel 2010 internazionale. E’ stato mio “babbo” Antonio (giornalista toscano ben noto nell’ambiente del ciclismo, ndr) ad introdurmi nel mondo del ciclismo. Lui seguiva le gare, era appassionato. Poi stando con lui, non ricordo chi, mi disse di provare a fare il corso da giudice. Io lo feci e da lì nacque tutto. Avevo venti anni.

Quali sono le difficoltà maggiori incontrate lungo il percorso della carriera?

Credo quella di acquisire credibilità, di farsi rispettare dall’ambiente. Far capire le proprie competenze e ancora di più far accettare loro ciò che fai.

Che poi il ciclismo, all’epoca ancora di più, è un ambiente fortemente maschile e a volte anche maschilista, diciamolo pure…

In generale è così, però devo ammettere che in tal senso sono stata fortunata e non ho mai avuto discriminazioni in quanto donna. Ma so che ad altre è successo.

Quando ci sono pericoli lungo il percorso o delle “iniziative sindacali” dei corridori, si va a parlare col giudice di turno: qui Rossella Bonfanti
Per qualsiasi evenienza, i corridori vanno a parlare col giudice di turno: qui Rossella Bonfanti
Qual è il primo ricordo che hai in veste di giudice?

Sinceramente la prima gara non la ricordo! Però ho in mente la prima corsa internazionale, una di classe due in Francia. Ricordo che fu una grande emozione e al tempo stesso una grande tensione. Io fin lì avevo fatto il commissario sulla moto, quella volta invece mi trovavo in auto ed era più impegnativo avere tutto sotto controllo. Però andò bene.

C’è qualcuno che in tanti anni ti ha fatto “impazzire”?

Eh – sorride la Mannori – non posso dirlo, però posso dire che nei tapponi di montagna i velocisti che si staccavano, più di qualche volta ci hanno fatto dannare. 

Si facevano spingere, si attaccavano alle auto…

Eh sì. Sapete, con tanti gruppi e con la corsa allungata anche di 30′ non tutti i vari gruppetti avevano un commissario di controllo. In certe situazioni ci sono delle difficoltà.

A proposito di difficoltà c’è stata qualche gara che è risultata particolarmente complicata? Non so il mitico arrivo delle Tre Cime di Nibali sotto la neve?

No, direi di no. Poi in casi di meteo estremo c’è un protocollo che va applicato in accordo con gli organizzatori. Adesso è regolamentato da precisi dati ( principalmente le temperature, ndr) e c’è meno scampo.

Hai parlato di regolamento: quanto è vasto quello dell’UCI?

Parecchio! Adesso quante siano le pagine non lo ricordo, ma di fatto si compone di due parti principali: la uno e la due. La prima riguarda l’organizzazione della gara, le disposizioni delle infrastrutture, i materiali di bici e accessori, l’abbigliamento… La seconda, invece, è relativa alla corsa vera e propria: quindi l’assistenza, le regole di comportamento in gara…

I giudici iniziano il loro lavoro ben prima della corsa e finiscono dopo con il report da inviare all’Uci
I giudici iniziano il loro lavoro ben prima della corsa e finiscono dopo con il report da inviare all’Uci
Comportamento in gara e assistenza. A volte il giudice non deve solo multare ma anche collaborare con staff e atleti: il bravo giudice è quello che sa ascoltare?

Il bravo giudice è quello che ha le competenza e la conoscenza del regolamento tale da prendere le decisioni giuste. Che non ha dubbi nell’applicare le regole. Detto ciò, lo stesso regolamento va poi calato nella realtà e serve il giusto equilibrio per dialogare con tutti i componenti in gara. Ma di base il filo conduttore resta il regolamento. Senza di questo non ci può essere dialogo.

C’è una corsa più facile o più difficile di altre da seguire?

Più che la corsa vera e propria posso dire la tipologia. Le gare in pianura o a circuito che per il 90% dello svolgimento prevedono il gruppo compatto, sono più facili da controllare. Poi come si dice, la corsa la fanno i corridori, ma di base la tappa che parte e arriva in volata o con la sola fuga davanti è più facile.

Adesso Francesca quali sono i progetti futuri?

Ho le designazioni per tutto l’anno e intanto pensiamo a concludere bene la stagione, a cominciare dal Tour. Poi verso novembre aspettiamo le designazioni per il 2023. E’ l’Uci che decide chi deve andare dove, dalle corse WorldTour a quelle juniores, chiaramente di carattere internazionale.

E della scuola italiana dei giudici, cosa ci puoi dire?

Abbiamo una buona tradizione e adesso siamo una categoria giovane. Un categoria ricca di presenza femminile, specie negli ultimi anni. C’è un buon ricambio generazionale e questo è importante. Così come è importante che come categoria siamo uniti.