Tamponi ancora più salati se la squadra è piccola

16.11.2021
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Il Covid non molla ancora del tutto la sua presa, anzi… e in qualche modo non intralcia solo la vita dei normali cittadini, ma anche quella delle squadre. A cominciare dalla gestione delle trasferte, del personale e dei tamponi soprattutto.

E più la squadra è piccola e più tutto ciò incide, specie sui costi, non solo sulla logistica. Lo sa bene Stefano Giuliani direttore sportivo e team manager della Giotti Victoria- Savini Due, squadra continental composta da nove atleti e (mediamente) cinque persone dello staff. Mediamente perché il numero variava a seconda delle corse. Se si schieravano sei o sette atleti cambiava il numero di diesse e staff al seguito.

Stefano Giuliani, è manager e diesse della Giotti Victoria – Savini Due
Stefano Giuliani, è manager e diesse della Giotti Victoria – Savini Due

Tamponi salati…

Se per alcune WorldTour, che però hanno uno staff molto grande, si sono superati importi a sei cifre, per la Giotti la spesa, seppur inferiore, è anche più salata.

«In effetti – dice Giuliani – per noi è già una fatica andare avanti in situazioni normali, visto il budget ridotto, figuriamoci con i tamponi da fare. Questa è stata una spesa che ha inciso moltissimo. Parliamo di quasi 40.000 euro e oltre un migliaio di tamponi effettuati nel corso della stagione. Per molte gare di fatto servivano tre tamponi ad atleta: quello fatto 72 ore prima di arrivare alla gara o per il viaggio, quello a ridosso del via e quello per rientrare.

«E questo ha inciso ancora di più in considerazione del fatto, lo ammetto, che uno sponsor per esempio proprio a causa del Covid ad inizio stagione si è tirato indietro».

Mediamente un tampone rapido costa (adesso) 15 euro, un Pcr anche 70 euro. E spesso ai team era richiesto quest’ultimo
Mediamente un tampone rapido costa (adesso) 15 euro, un Pcr anche 70 euro. E spesso ai team era richiesto quest’ultimo

La macchina Covid

Il tecnico pescarese ha sempre cercato, riuscendoci, di far correre la sua squadra nelle gare più importanti possibili e alla portata del suo team. Pertanto si è trovato spesso a viaggiare per l’Europa: Turchia, Slovenia, Bulgaria, Ungheria, Portogallo… Ma anche in Italia, chiaramente.

«Una cosa stressante per esempio è che si faceva il tampone (il molecolare, ndr) e ci si metteva in viaggio verso la località dove gareggiare, non conoscendo le risposte chiaramente, ma avendo delle tempistiche da rispettare. Tu quindi affrontavi delle spese, programmavi tutto, poi magari quando eri arrivato ecco che ti chiamavano per dirti che c’era un positivo.

«E questo è quel che è successo al Trofeo Laigueglia – spiega Giuliani – Dall’Abruzzo alla Liguria. Siamo arrivati, abbiamo preso possesso dell’hotel, i ragazzi hanno fatto la sgambata, io avevo fatto la punzonatura e alle 18 mi è arrivata la telefonata: un corridore era risultato positivo.

«A quel punto abbiamo fatto una “macchina Covid” e siamo tornati a casa… alle tre di notte. Due ragazzi sono rimasti per due settimane a casa mia: uno al piano di sopra e uno al piano di sotto in attesa di tornare negativi. E anche al Giro di Ungheria abbiamo avuto il nostro bel da fare. In quel caso fu Gergely Szarka a prendere il virus».

Emil Dima ha vinto la terza frazione del Sibiu Tour
Emil Dima ha vinto la terza frazione del Sibiu Tour

Compartimenti stagni

Giuliani parla di un’organizzazione spesso ideata a “compartimenti stagni” tra personale e atleti. Niente ritiri, allenamenti separati… in questo modo se ci fosse stato un positivo non avrebbero fermato tutta la squadra.

«Noi abbiamo un laboratorio di riferimento, ma spesso i ragazzi facevano i tamponi per conto proprio a casa loro, anche per esigenze di tempistiche da rispettare in base a gare, aerei… Bisogna pensarle tutte, anche perché quando siamo stati fermi è stata una bella botta morale».

«Però tutto sommato – conclude Giuliani – siamo riusciti a portare a casa una buona stagione: quattro vittorie e potevano essere il doppio con qualche piccola attenzione in più. Quattro vittorie che per un team come il nostro non sono poche. Siamo sessantesimi nella classifica Uci, se penso che ci sono 19 WorldTour e più di 20 professional che hanno budget decine e decine di volte superiore al nostro… non è neanche male».