Il secondo campionato del mondo gravel, corso il fine settimana scorso, ha chiuso la breve parentesi su questa disciplina. Aperta in occasione del primo campionato europeo, disputato in Belgio il primo ottobre. Il gravel cresce, accoglie sempre più appassionati, sia tra i ciclisti quanto tra i tifosi. La provincia di Treviso, tra sabato e domenica, ha potuto godere di nomi illustri del panorama del ciclismo mondiale e di un pubblico da classiche.
Ma dove potrà arrivare questa disciplina? Piace a tanti atleti, grazie a percorsi sempre nuovi e diversi tra di loro. La differenza tra il campionato europeo e quello del mondo era estremamente profonda. Scelte tecniche che portano anche ai vari cittì a dover fare delle selezioni, così da portare in gara la miglior squadra possibile. La stessa Italia di Pontoni tra uomini e donne è variata tanto, costruendo quattro squadre (due per gara tra europeo e mondiale) tanto diverse tra di loro.
I due percorsi tra europeo e mondiale ci hanno detto che il gravel cresce e cambia nei percorsi, questo comporta scelte diverse per la selezione dei corridori?
Assolutamente, devi schierare il miglior atleta possibile in base alle caratteristiche del percorso. Quello degli europei mi ha spinto a scegliere atleti molto più veloci e a puntare quindi su di loro. Per esempio nelle donne ho portato Elena Cecchini in tutte e due le prove, ma all’europeo era l’atleta di punta, mentre al mondiale ha dato supporto alle altre.
Cittì, tra europeo e mondiale hai cambiato tanto, soprattutto nella corsa delle donne.
Avevo più scelta, anzi ora posso dirlo: avremmo dovuto avere anche la Longo-Borghini, ma a causa dell’infortunio non è stato possibile. Con gli uomini ho lasciato più spazio agli under 23 all’europeo ma al mondiale non me la sono sentita, anche perché è venuta fuori una gara da cinque ore.
Il livello degli atleti si è alzato, lo si è visto sia tra le donne che tra gli uomini…
Si è alzato e molto. Sia come nomi che come qualità dello sforzo da parte degli atleti. Troviamo team professionisti, che fanno di mestiere questa specialità. Credo che nel giro di 2-3 anni avremo squadre dedicate a questa disciplina con professionisti del settore sempre più competitivi. Soprattutto nel campo femminile abbiamo visto il meglio, mancava la Ferrand-Prevot e qualche atleta della mtb, però se si guarda alla strada c’erano tutte.
Il Lombardia il giorno prima della prova maschile ha un po’ precluso le scelte?
Alessandro De Marchi e Simone Velasco hanno comunque partecipato, certo la loro presenza va di pari passo con le esigenze dei team. Forse slittando la prova avanti di una settimana rispetto al Lombardia avremmo avuto differenti atleti, ma non scordiamo chi ha vinto (Mohoric, ndr) e il fatto che ci fosse un corridore come Van Aert.
Com’è il rapporto con le squadre dei vari corridori?
Non è semplice, siamo una specialità emergente, però già dall’anno scorso ad oggi si nota una voglia maggiore di partecipare. Una voglia che è anche delle aziende. Gli atleti, fosse per loro, ne avremmo tanti di più a disposizione. Credo che questi due mondiali e il prossimo, che si svolgerà nelle Fiandre, daranno il “la” definitivo a questa specialità.
Ci si riesce a coordinare in maniera costruttiva?
Molte squadre in questi due giorni post mondiale mi hanno contattato mostrando un grande interesse, così come i costruttori. Basta pensare a quali tipologie di bici vengono vendute maggiormente ora: le gravel occupano una buona fetta di mercato.
Che crescita si immagina per il gravel in futuro?
Quella che c’è stata per la mountain bike negli anni ‘90. Pensiamo che le Olimpiadi del 2028 si svolgeranno negli Stati Uniti e questa è una specialità che nasce lì. Il gravel si afferma come terza disciplina del fuoristrada, considerando che hanno assegnato i mondiali fino al 2028. Si è partiti con due edizioni in Italia, poi ci sposteremo in Belgio, Australia, Francia, ancora Belgio e poi Emirati Arabi ad AlUla. Ripeto, non mi stupirei se questa specialità potesse avere un futuro sempre più radioso.
Arrivare dal fuoristrada aiuta, ma le distanze poi diventano molto impegnative…
Chi ha già corso nel ciclocross o nella mtb a livello di guida è estremamente avvantaggiato. Già solo fare le curve in maniera corretta dà una grande mano, però poi entra in gioco la distanza. Entrambe le gare sono state sulle 5 ore, è chiaro dunque che la resistenza conta eccome. E quella la alleni solamente su strada. Pensiamo per esempio alla Cecchini che non ha mai fatto nulla in fuoristrada e si è comportata alla grande.
Il pubblico poi ha risposto in maniera incredibile, sia sabato che domenica…
Ho visto tantissima passione e secondo me chi era a bordo strada torna a casa con uno stupore negli occhi non indifferente. Il gravel è tanto entusiasmante, non si ha assistenza e il corridore ci mette tanto del suo, è un tornare indietro nel tempo. Bisogna saper sfruttare i piccoli momenti e noi cittì dobbiamo riuscire a far sentire il nostro appoggio in ogni istante.
A lei che è rimasto di questa esperienza?
Mi ha lasciato un’altra medaglia oltre a quella della Persico, le persone e lo staff ci hanno davvero messo il cuore e questo per me è un premio enorme. Devo ringraziare tutti per questa seconda esperienza fantastica.