Fiandre e Roubaix: quanto conta la squadra? L’opinione di Tafi

28.02.2025
5 min
Salva

In una recente intervista rilasciata alla testata belga Het Nieuwsblad, Tiesj Benoot ha parlato dei piani della Visma-Lease a Bike per le prossime classiche di primavera. Tra le altre cose Benoot ha espresso la convinzione che la sua squadra sia la più attrezzata ad affrontare le gare del Nord, soprattutto il Fiandre e la Roubaix.

A partire ci siamo posti una domanda: ma quanto conta la squadra al Giro delle Fiandre e alla Parigi-Roubaix? Conta più in una rispetto che in un altra? Per provare a rispondere abbiamo raggiunto al telefono Andrea Tafi, l’unico corridore italiano ad aver vinto queste due classiche monumento, la Roubaix nel 1999 e il Fiandre nel 2002.

Andrea Tafi è stato un grande uomo da classiche: qui il suo allungo alla Roubaix del 1999
Andrea Tafi è stato un grande uomo da classiche: qui il suo allungo alla Roubaix del 1999
Andrea, andiamo dritto al sodo. Quanto conta la squadra sulle pietre?

Tantissimo, in entrambe le gare. Si tratta di competizioni molto diverse naturalmente, ma alla fine la difficoltà è quasi uguale, cioè molto alta. E quando le gare si fanno dure essere in una grande squadra fa la differenza.

Quindi non vedi differenza tra le due per quanto riguarda l’importanza del lavoro tra compagni?

Il pavè della Roubaix tende a fare selezione naturale, o sei portato o no. Mentre il Fiandre è più una gara normale, passami il termine, devi essere forte ma anche intelligente nel dosare le forze e arrivare ancora fresco nei momenti decisivi. In entrambi i casi la squadra è fondamentale e senza non si va da nessuna parte. Per esempio io l’anno in cui ho vinto il Fiandre ho avuto un grande Daniele Nardello che mi ha protetto quando sono scattato nel finale. Ma lo stesso l’anno della Roubaix, la differenza l’hanno fatta i compagni che erano dietro di me.

Parigi-Roubaix 2024, Mathieu Van der Poel a ruota di Gianni Vermeersch
Parigi-Roubaix 2024, Mathieu Van der Poel a ruota di Gianni Vermeersch
Quasi più un aiuto passivo che attivo…

Ma non si tratta di un aiuto passivo, anzi. Quando alla Roubaix sono scattato a 46 km dall’arrivo l’ho fatto sapendo che alle mie spalle avevo corridori che mi avrebbero protetto in tutti i modi, e così è andata. In quelle corse sono aspetti davvero fondamentali. Faccio un altro esempio. Durante la Parigi-Bruxelles del ‘96 un certo Johan Museeuw è venuto da me e mi ha detto: «Vai, qui ci penso io». L’ho ascoltato e lui ha fatto di tutto per tamponare gli attacchi e poi infatti è arrivata la mia vittoria.

Un po’ quello che ha fatto Philipsen con Van Der Poel alle ultime due Roubaix. La vostra Mapei era davvero una corazzata, rimane leggendario il podio monocolore del 1996. Come si gestiva tutta quella qualità?

Eravamo un mix molto ben equilibrato e dentro la squadra c’era molta voglia di fare, è quella che ci ha portato ai successi. Partivamo in diversi che se la potevano giocare, poi faceva il capitano chi era più in condizione.

Tra gli anni ’90 e i primi 2000 la Mapei dominava nelle classiche: qui il famoso arrivo in parata alla Roubaix del ’96: 1° Museeuw, 2° Bortolami, 3° Tafi
Tra gli anni ’90 e i primi 2000 la Mapei dominava nelle classiche: qui il famoso arrivo in parata alla Roubaix del ’96: 1° Museeuw, 2° Bortolami, 3° Tafi
Quindi si decideva anche durante la corsa?

Certo, appunto perché eravamo una squadra fortissima era difficile fare una previsione prima di partire. Non potevi dire a Museeuw, a Ballerini e forse neanche a me di lavorare per un altro. Si davano le indicazioni sul bus e poi si vedeva, decideva la strada. Ma sempre con grande spirito di squadra. Per esempio l’anno in cui ho vinto il Fiandre non dovevo essere io il capitano, ma le situazioni di corsa ci hanno portato a cambiare strategia. E’ anche vero che forse ce lo potevamo permettere.

Torniamo ai tempi d’oggi. Sei d’accordo con Benoot sul fatto che la Visma sia la squadra più attrezzata per le pietre?

Sicuramente sono forti, ma non sono i soli. In generale le squadre belghe e olandesi, come la Alpecin-Deceuninck di Van Der Poel, sono le più forti perché quella è casa loro, conoscono le strade, molti corridori abitano lì, e in generale ci tengono moltissimo. Secondo me però ci saranno anche altre formazioni da tenere d’occhio, delle outsider, come la Tudor di Cancellara, uno che da quelle parti ha fatto grandi cose.

Secondo Tafi una delle sorprese di questa primavera potrebbe essere la Tudor Pro Cycling, magari con Alaphilippe al Fiandre
Secondo Tafi una delle sorprese di questa primavera potrebbe essere la Tudor Pro Cycling, magari con Alaphilippe al Fiandre
Magari con Alaphilippe al Fiandre?

Perché no. Lui certamente ha voglia di riscatto, di rifarsi dopo gli ultimi anni sfortunati. La Tudor sta facendo i giusti step, un passo alla volta, sono convinto che possano fare bene. Poi come si sa, le gare le fanno i corridori e non si può mai sapere. Anche perché le corse importanti iniziano adesso, da ora in poi si vedrà un po’ alla volta la condizione con cui i vari protagonisti arriveranno ai grandi appuntamenti.

Quindi non ci dai un pronostico per le due classiche monumento sulle pietre? 

Secondo me adesso è ancora troppo presto, non si può dire. Ma la Milano-Sanremo potrà già darci delle indicazioni e allora ne sapremo qualcosa di più.